Le finestre sul cortile: voyeurismi in clausura

La poesia è poesia quando porta in sé un segreto.

— Giuseppe Ungaretti

L’epopea di Radiobluenote, l’organismo che da nove anni evolve e si trasforma tra le mani di Davide Bava, verso la sua nuova forma di etichetta partoriente progetti tra poesia e musica, prosegue con un’altra opera collettiva, Voyeurismo, realizzata interamente durante la quarantena da Covid in meno di un mese. Ed è proprio quello il fil rouge che collega i quadri di questa galleria privata: più o meno sotterraneamente, il virus sta – come nella copertina, minimale – emergendo dal titolo con piccoli numerini. L’opera è dichiaratamente pensata per una fruizione privata, in casa. Al chiuso, soli, come le immagini intime proposte: nel momento in cui il privato è imposto, il virus è l’osservatore e noi diventiamo osservati, ed il mostrarsi diventa consapevole, come pubblicarsi in un progetto. Ecco il voyeurismo.

Lo spogliarsi consapevoli dell’altrui sguardo viene poi declinato dalle diverse voci, come in un varietà, in stili e declinazioni diverse – l’unico denominatore comune è quel “segreto” a cui viene affidata l’intro del disco, quella parte non svelata tanto importante sia nella poesia che nella scopofilia. Quella fiamma che rende l’esposto eccitante ma non gratuito, il filtro del vivido che fa superare il bias della volgarità per aprirsi al realismo, provocatorio e crudo, che impatta. Dallo scambio di sguardi alla finestra col vicino al sesso telefonico, dagli omicidi per la convivenza forzata alle camminate avvolti nel nero della notte, da cui emergono i sogni, le paure. Resistenza forzata.

Le voci radunate nel disco sono un accordo di note che corrono in direzioni diverse: l’ironia degli scratch di Gibbo su Autoerotismo e la pesantezza che dipinge Tito Sherpa quando canta “Bava mi trascina nel suo inferno da distante, vai a ‘fanculo, stavo meglio senza farmi più domande”, il grottesco monologo di Jorge Casih e la dolcezza della voce di Brownie nel descrivere “la voluttà che esonda dentro la cornetta” in una chiamata sporca, la penna realista di Brattini e quella sognante di Loredana Iannizzi fino alla voce di Luca Atzori, che nelle sue pieghe calde e liriche nasconde polle di ironia acida, a quella di Flesha San col suo spaccato acido di intimità, e a quella di Bava stesso, motore generatore dell’opera, suo regista non nascosto che, a sua volta, prende il suo spazio in due camminate offrendo il suo sguardo – come uno specchio rotto nella spazzatura – e lo riunisce agli altri sul bordone inconfondibile delle sue produzioni dal sapore definibile, su cui la coralità delle voci assume un colore comune, per raggiungere qualcosa che un solo punto di vista non può dare. ‘Na pianola an’ suna da sula la partitura.

E quando si parla di “sapore definibile”, che si intende? Il lavoro di Davide Bava non sta solo nel produrre strumentali che sudano ad ogni kick l’odore di Porta Palazzo, e neanche nella scelta degli ospiti, nell’orchestrare i loro interventi, nell’unirli in una sola opera con sprazzi di sonorizzazioni di Marzio Zorio gentilmente estrapolate dalla sua Diaries from a Jar, che quasi sembrano parlare proprio del testo che sta per essere ascoltato, e di affidare il tutto ai visual urbani, geometrici e sospesi di Marco Giambra. Quello che unisce queste cose, quello che risuona da un disco come Voyeurismo ma, a ritroso, in tutto quel che è parte di Radiobluenote, è il compito principale di Bava, la parte più importante e densa: la consegna di una poetica, di un’attitudine, di uno stato mentale su cui queste varietà si accordano, un diapason sul quale poi diversi temi vengono rielaborati da diverse voci, rimanendo autonome e riconoscibili dentro un coro unico.

Sotto questa luce può essere letto Voyeurismo: sotto quella di una raccolta di racconti in cui ogni testo, vivo a sé stante, svela una vita più profonda, odorosa ed interconnessa alle altre, nel momento in cui si allarga lo sguardo su tutta l’opera. Opera di flash, scritti spiati, brani brevissimi che regalano qualcosa di intimo, mai completo, lontano eppure chiarissimo: un nudo dietro alle tende.

(Isidoro Concas)

Coprifuoco

Settimane di rivolte nella testa
non bastano le armi e le risorse
per comprenderla.

Il cuore ha la sua indipendenza
lascio a lui l’incarico
per combattere la guerra.

Isolamento contro me stesso
spengo il fuoco con la mano
per vederci meglio

Ma non trovo pace ed il silenzio
il suono delle sparatorie
dietro l’angolo spaventano.

Catturato verso sera in attesa di manovre
portavoce di uno stato assurdo delle cose
devi aiutarmi a trovare altre parole
sei già il fantasma di un soldato
della rivoluzione

E non aspetto fino a nuovo ordine
continuo a passeggiare nelle mie zone rosse
ultimi spari avvertimenti e nuove tombe
se mi ricorderò un domani saprò andare oltre.

Cortei mascherati fuori dai supermercati
proprio come prima, non è che siamo cambiati
che l’aria sia pulita forse è solo un’impressione
gli stimoli ottenuti dai canali di tensione.

Io vedo dagli occhi di chi guarda dal balcone
vedo dieci su uno come insetti su chi non si muove
sono Cenerentola incastrata nella zucca
se l’attesa si fa troppa il buio mi avviluppa.

Che sollievo l’egoismo che ancora mi fa pensare
che sto bene perché non sono l’unico a stare male
Bava mi trascina nel suo inferno da distante
vai a ‘fanculo, stavo meglio senza pormi più domande!

Si è confusa la pigrizia con il senso di giustizia
posso veder gli spettri, nulla più mi scandalizza
la regola diventa gigantesca, l’ombra su me rinfresca
mi gelano le ossa mentre essa mi accarezza.

 

Testo e voci: Davide Bava, Tito Sherpa
Musica:
Davide Bava
Sound effects: Marzio Zorio
Produzione e sound engineering: Radiobluenote Records
Video: Marco Giambra

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