My baby shot me down

«Ma tu che sei intelligente, secondo te il Big Bang c’è stato veramente o è un complotto?».
Ma io che sono intelligente, come ci sono finita a cena con questo coglione? Mi guarda con gli occhi strabici del bisogno, di quello che vorrebbe una brava donna da sposare oppure una brava puttana da scopare. Un piccolo silenzioso buco si scava la strada nel mio cervello, sorrido dolceamaramente sperando che si asciughi in fretta questa cascata di idiozie. Volevo andare a vedere le Victoria’s Falls, sognavo l’Africa con Kuki Gallmann, volevo baciare la terra sotto i piedi di Nelson Mandela. Sono finita a farmi baciare da uno che pensa che con meno di 2000 euro al mese non si possa campare; solo per dimenticare chi se n’è andato. I’m so fucking happy, me lo scrivo sulla fronte con un coltello Miracle Blade, così mentre mi cola il sangue negli occhi diventa più vero.
Il bacio non si chiede, dice, nemmeno un calcio sui denti, dico. Ma lui non si accorge di niente, ho il sangue simpatico, che per vederlo bisogna bruciarmi la faccia con una candela. Sento un pezzo di guancia sciogliersi piano, un grammo al giorno, cola sul collo, sul collo che lui mi toccava. Che schifo le storie di amori finiti. Ognuno ha la sua e chissenefrega di quelle degli altri. Eppure tutto si concentra lì, tutto il purulento centro del mondo è Il giorno di dolore che uno ha. Che poi tutti finiamo ad ascoltare canzoni arrabbiate di artisti mediocri.
Una leggenda cinese dice che le anime gemelle sono legate da sempre con un filo rosso e che prima o dopo i loro destini si incroceranno. Dicono anche che parlarne fa bene, che bisogna mangiare tanto pesce e niente carne, cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, 2 litri d’acqua e nessun gin tonic, che poi se il gin è cattivo finisci abbracciata al cesso e ti addormenti appoggiata alla vasca. E adesso ho la testa che scoppia. BIG BANG. Ho un ascesso che pulsa dietro il terzo occhio. BIG BANG. Ho il cervello bacato di chi non dimentica, delle donne stupide che un giorno si sono fatte abbracciare. BIG BANG, è partito e mi ha strappato il ventricolo destro. Vado in giro senza ossigeno, i polmoni mummificati. Il figlio marcio della mia nostalgia pulsa ancora nella carezza ad un serval, il gattopardo africano. Ho il mal d’Africa e non ci sono mai stata. Ho mal d’amore e forse non lo sai ma pure questo è amore. BANG BANG, già vedo gli schizzi del capolavoro “Cervello su muro”. Materiale misto. Pezzi di osso volano dappertutto, mosaico bizantino impazzito di una mente ferita. Può esserci niente di più bello, niente di più vero? BIG BANG. Il mio cervello sul muro. Materiale misto (sangue, materia cerebrale, osso). He shot me down, BANG BANG.
Collage di Elisa C. G. Camurati

Il potere delle cose

Continuava a far scorrere la cordicella fra le dita, come se fosse animata da un’illogica vitalità. Il fremito che provava al tatto era difficile da descrivere.
«È così che nascono le ossessioni», pensò.
Di certo aveva tenuto legato qualcosa, un manoscritto, un papiro o quantomeno lo aveva legato a qualcuno.
La vista e il tatto di alcunché avesse per lui significato li sentiva a primo acchito: lo differenziavano, sostanzialmente, da un qualsiasi altro oggetto per cui non nutrisse il benché minimo interesse. Perché, altrimenti, continuare a conservare vestiti logori e carte sgualcite, invece che destinarle all’immondizia?

Continua a leggere…

Sulla questione del poetry slam

L’avvicinamento al mondo del poetry slam rappresenta una piccola, traumatica sconfitta personale. Spesso mi capita di rivedere, nelle facce stranite e un po’ deluse sparse per il pubblico allenato alle serate di poesia, la stessa faccia che avevo io quando, appena uscito dal tropico dell’aula studio per una meritata birra, mi trovavo per le prime volte di fronte all’orgiastica ed esplosiva miscela di due tra le cose da cui mi sento più umanamente ed esteticamente distante dell’universo tutto: la rap battle e il talent show. Tutto questo applicato alla cosa che è stata la più tenace e coriacea tra tutte le mie testarde passioni e ricerche: nemmeno a dirlo, la poesia.
Più che un agone, un gran magone. Un minestrone riscaldato e indigeribile. Dopo la fine del piacere del testo e la ricerca del fastidio letterario, il vettore torna indietro raggiante, si fa scherzoso, trendy, gradevolissimo sottofondo di chiacchiera da votare in decimale.
Crolla tutto. Anche qui. Eppure la Storia, per quanto sbriciolata nella modernità e amalgamata ed emulsionata dalla manona capitalistica, qualche sostegno ce lo dà, oh noi delusi.
Continua a leggere…