Compendio di Groenlandia | Un Kosmonavt sulla Terra

Pubblicato in diverse puntate, nelle scorse settimane, sul profilo Soundcloud dell’artista, Compendio di Groenlandia è l’ultimo lavoro di Cristian Zinfolino, in arte Kosmonavt. Si tratta di un concept album attorno ai cambiamenti che il pianeta Terra sta attraversando e su come l’umano ne sia partecipe, nel doppio ruolo di inquilino e di causa di alcuni di essi. Sono storie e quadri, voci, dialoghi: i corpi, vivi, canali diretti per la comunicazione, antenne per frequenze interspecie che si appoggiano sulla vita in comune, sull’essere vivi, sul sentirla addosso, questa vita, ed interrogarsi sulla sua prospettiva.

Su questo fil rouge si appoggiano le costruzioni di Zinfolino, che costruisce un album in cui la compresenza e la varietà di approcci e linguaggi suggerisce la coralità di queste voci, una istanza più che personale, estesa, plurale.

Si parte infatti con un brano come Tìam, tìam, tìam, nel quale già molti degli elementi che appariranno lungo tutto il disco, prendendosi lo spazio per fiorire come elemento a sé stante, compaiono: c’è la chitarra di Kosmonavt, filtrata da una catena di effetti che la rendono tremendamente espressiva, fuori dall’estetica del chitarrismo in sé e lanciata in un universo che la porterà poi, dopo i primi due brani scanditi dalla presenza di beat elettronici, a raggiungere lo spazio intero della figura sonora, in una sezione centrale di solo chitarra e voce. C’è anche la voce, infatti, in più registri e con più tecniche: compare il cantato, compaiono anche qui gli effetti utilizzati come vero e proprio strumento che agisce sulla timbrica, sulla forma del suono di partenza: distorsioni sature, sbuffi di delay. Il discorso del segno effettistico sui brani di Kosmonavt è di matrice espressionista, essi vengono visti come mezzi per creare controcanti, per comunicare la propria idea quasi più performativa che musicale, per scavare sul fondo del possibile. La penna di Zinfolino, in questo, aiuta: fiorisce in una quantità di approcci, dai versi ad una prosa quasi naturalistica, dagli slogan a quasi una forma-canzone in bilico tra grunge ed indie, il tutto gestito da una teatralità non artefatta, personale, narrativa.

Sta appunto in questa tendenza alla consegna e al narrare la liricità del lavoro, il prendere parte a più voci, la ricerca di un ascolto dedicato, le scelte stilistiche volte all’espressione più chiara, non straniante ma, comunque, dichiaratamente personale. È suo, squisitamente, il modo che ha scelto e di cui si è preso cura, nel cesello, e questo vale sia per la voce che per le scelte di suono, entrambe padrone di un linguaggio chiaramente frutto di scavi e ricerche, domande e scelte.

ERODROME

“Heron stands”, reclame di viaggi all’Erodrome,
“in your fancied journey.”
Apronsi le porte dello scalo
E la folla si dimena
come l’acqua di un secchio
in mano a un bambino.
Attendono vanità sentimentali
dai tabelloni dei voli low love.
Occhi di rosoni cangianti
all’ennesimo Check In
per sconsacrare il ritmo cadenzato
dei baci rubati dai poliziotti
al controllo passaporti.

“Get to the gate
Get to the game
Get to the gaze
Boarding your zest
for your affection”
Arrotanosi gli occhi a guardar le eliche
Una vertigine ed è già amore ad alta quota
nella propulsione del decollo “in Rocket”
Arrivati in stratosfera un coito soffocato.
E giù atterrando “as a Comet”
consumati e bruciati.
“Ti prego, urla forte che te andrai
Così che possa trattenerti, dissuaderti.
Don’t fall dumb.”

Lacrime seriali,
Parole sdolcinate,
Disperazioni squilibrate:
Sconti folli al Duty free.
“In this public display of emotions
follow the share of delayed people.”
In sala d’attesa, fanno a gara
a far tesoro di sguardi da serbare
nelle cappelliere, in segreto dagli Stuart.
“Mi ricordi quella volta,
con il fumo tra le ciglia,
come siam sopravvissuti
al boato erotico?”

Corse maratoniche
sui marciapiedi mobili
Sonico è andare
Sonico è tornare
“One time in your life
the love must be knew”
E poi ci sono schianti
che sprigionano cavalloni
da stendere bolge intere.
Sembran risvegliarsi gli atterrati
ma guardano i detonanti
con l’invidia delle gazze:
“What I have done?
My mind wanders.
And now, how to seize the days?”

Lenti, per mano
lasciano la calca
al personale di terra.
Si apron le uscite
anche solo per un attimo
nell’illuminazione artificiale
della notte all’Erodrome:
“Heron stands but just a stone
make them fly.”

Voce testo e musica di Kosmonavt

Bisque | Giorgia Giuliano

Un corpo adesso viscido. Pare che abbia dato al diavolo gambe e braccia per un po’ di colore, in realtà l’ho ingannato, con il bianco dappertutto sembravo già amputata. Adesso nuoto in un banco di pesci rossi nella mia città sommersa; nuotare è darsi una raffica di spinte, abbiamo gli occhi sbarrati, sembra che abbiamo paura, Loris potrebbe essere uno di questi, paura perché siamo tutti uguali. Sembriamo un pugno, un muscolo contratto, cerchiamo una superficie dura da sfondare.