Essere trentenni in provincia è uno stato mentale

“Have mercy, now, save poor Bob if you please”
(Crossroad – Robert Johnson)

Cosa succede quando un millenial si cimenta nella letteratura di genere?
Cosa succede quando quella fascia di persone che è nata e cresciuta a cavallo fra il secondo e il terzo millennio, in larga parte nell’opulenza della società occidentale, persone che erano adolescenti quando hanno visto il suo crollo, persone la cui caratteristica è la disillusione verso il mondo, l’abitudine alla delusione, scrivono un romanzo?
Perché era inevitabile che chi si era abbeverato alle fonti di ogni nuova tendenza letteraria, dal pulp dei “cannibali” alla “new italian epic” fino al “new weird”, dopo anni di rodaggio fra Vice Italia e il textposting sulle loro pagine facebook, prima o poi si cimentasse anche nelle lettere nel loro significato più classico.

Frame dalla miniserie anni ‘90 di It

Una prova assolutamente riuscita è Crocevia di punti morti di Matteo Grilli, edito da Effequ, che può essere letto sia come romanzo horror che come romanzo generazionale.
Per prima cosa – e qui si scorge quella retromania di cui parlava Simon Reynolds e di cui i millenials sono pregni – esso è in parte una riscrittura di It, il noto libro di Stephen King: una cittadina della provincia profonda (Derry per King, il Pozzo per Grilli), tre ragazzi che ritornano dopo un’infanzia traumatica per combattere una misteriosa e crudele entità (il clown Pennywise per King e K. Per Grilli).
Il nesso con lo scrittore americano è solo un aspetto – seppure affatto secondario – del libro, ma il lato interessante è che viene esplicitato più volte all’interno della trama grazie a uno dei protagonisti, Leonardo, ossessionato da It e con la profonda convinzione che egli viva nel pozzo: quella che poteva essere una palese ispirazione diventa esperimento metaletterario che da una parte crea la struttura della trama e dall’altra ne è allegoria, per un romanzo che – come vedremo – fa del rapporto con il passato un tema centrale.
I tre protagonisti umani del romanzo sono una sorta di simulacro del millennials medio: Celeste è una studentessa universitaria fuoricorso che usa le persone con cui ha legami sentimentali per nutrire un ego fragile; Massimo, scrittore di sceneggiature per serie tv e “uomo vuoto”, è un giovane che non riesce a tirar fuori le emozioni; e infine Leonardo, nerd fissato con Lovecraft e King e schiavo delle sue molteplici ossessioni.
Tutte e tre persone che hanno vissuto l’infanzia nel Pozzo, profondamente segnate da questo aspetto, tutte e tre persone con un presente infelice e privo di vie d’uscita che in questa serie di vite arrivate a un punto morto provano a intraprendere un “ritorno al passato”, di cui il pozzo è il simulacro e la figura di K. il crocevia.

I tre protagonisti del romanzo sono una sorta di simulacro del millennials medio: Celeste è una studentessa universitaria fuoricorso che usa le persone con cui ha legami sentimentali per nutrire un ego fragile; Massimo, scrittore di sceneggiature per serie tv e “uomo vuoto”, è un giovane che non riesce a tirar fuori le emozioni; e infine Leonardo, nerd fissato con Lovecraft e King e schiavo delle sue molteplici ossessioni.

Una premessa doverosa per chi non è avvezzo al mondo di facebook: Matteo Grilli è conosciuto soprattutto per la sua pagina pagliare hhhhpostjing, uno dei migliori esempi di shitposting/textposting in Italia, e non è un caso che il personaggio cardine del suo romanzo si esprima in maniera assolutamente sovrapponibile a questo stile; un flusso di coscienza moderno, dove alla mancanza di punteggiatura si sopperisce con un’esagerazione di interiezioni come “tipo” o “praticamente” o bestemmie, dove il contenuto è sì un discorso semi-coerente, ma destrutturato da una serie di voli pindarici che si avvicinano quasi agli esercizi di scrittura automatica dei surrealisti.

Un flusso di coscienza moderno, dove alla mancanza di punteggiatura si sopperisce con un’esagerazione di interiezioni come “tipo” o “praticamente” o bestemmie, dove il contenuto è sì un discorso semi-coerente, ma destrutturato da una serie di voli pindarici che si avvicinano quasi agli esercizi di scrittura automatica dei surrealisti.


K., colui che vive nel sottosuolo, nato da un drago, omologo del clown Pennywise e nemesi dei protagonisti, nei lunghi capitoli a lui dedicati ci regala dei grandi momenti di shitposting mentre racconta le atrocità sue e degli abitanti del pozzo, un po’ come se shitpostare non fosse altro che il vizio segreto, l’istinto nascosto e i frammenti d’inconscio che dominano presenti/assenti la vita quotidiana.
Anche gli altri protagonisti, pur ricoprendo ruoli abbastanza stereotipici, sono ben caratterizzati e ognuno di loro ha un linguaggio specifico, così come ognuno di loro rappresenta il miserabilia dei trentenni odierni.
E qui sta la differenza fra Grilli e altri scrittori che hanno mescolato l’horror al la narrazione della provincia italiana: rappresentando le vite dei suoi protagonisti, traccia un sottotesto realmente sociale, ricordando più un Vanni Santoni che un Ammaniti o un Eraldo Baldini.
Ovviamente la scrittura risente di alcuni errori tipici dei romanzi d’esordio, come ad esempio qualche calo di tono nella trama e qualche dialogo poco convincente, ma tutto è ben compensato dalla forza della narrazione e dal fatto che un altro autore della generazione a cavallo dei due millenni, che viene dal web, sta imponendo la sua voce.
I millennials saranno pure dei cinici vanesi disillusi pazzinculo scemidimmerda imbecilli cretini [1] e la loro una vita di illusioni continuamente negate, ma stanno trovando una voce.

Questo, se non è molto, non è neppure poco.   


 [1]Questo è un classico meme

Crocevia di punti morti. Quattro anime nel Pozzo
di Matteo Grilli (Effequ)
288 pagine, Collana Rondini

Diossido Di Cromo | Karma

L’equilibrio che Matteo Di Genova e Marco Crivelli sfidano, nel loro progetto performativo Diossido di Cromo, è di una esattezza micidiale, netta, minacciosa e sorprendente: voce nuda e percussioni, parole dirette che tradiscono un’attitudine che pesca energia e tecniche anche dal rap e colpi, pulsazioni e suoni senza elaborazione elettronica, crudi.

Il percorso è volto a svelare fino allo scheletro il rapporto tra poesia orale e ritmo, non solo legato ad elementi come metrica e sonorità, ma ancora più profondamente radicato in quei ritmi di interpretazione, spesso compresenti ed allacciati in poliritmie che già Stanislavskij presentava nel suo “Il lavoro dell’attore su sè stesso” come una delle chiavi per arrivare a comporre un tessuto emozionale su cui far maturare il significato emotivo del testo.

Non casualmente, è proprio con un tema presentato come netto, esatto, preciso e diretto che il duo si confronta nel loro singolo, Karma, che si concentra proprio sul causa-effetto intercorrelato delle proprie azioni, dipinto nel testo di Di Genova come “così evidente” da stupire, spaventare e far pensare di essere protagonisti di una candid camera. Così prosegue il brano, in una partitura in cui persino i silenzi hanno un definito ruolo ritmico, fino all’immagine chiarificata di una festa di fine anno, ballando sotto acidi o accucciandosi sui divani, come cornice per la grande ricapitolazione delle azioni compiute e di come il karma – di cui l’ultimo verso ci svela la sua natura secondo lautore – le abbia con precisione ripagate.

Il progetto, nella natura che propone, ha una chiara impronta live (live nei quali già da molto tempo Karma compariva in scaletta), sia per la forma poetica proposta da Matteo Di Genova, forte di una teatralità travolgente e di testi che gli permettono di aprire un dialogo diretto col pubblico, sia per le scelte sonore di Marco Crivelli, che con un lavoro di una equilibrata semplicità (nonostante l’impiego massivo di strumentazione) propone un controcanto, spesso semplicemente a sottolineare specifici punti del testo ma che più volte si apre in ambientazione vera e propria, giungla di timbri che prende il sopravvento nella parte finale del brano, e che in ogni caso gioca come punto più forte la carta della performatività.

La difficilissima arte di andare a tempo, nei due, è affinata al punto da farli mutare nelle orecchie in un corpo unico, e per apprezzare un equilibrio di questo genere è necessario poter osservare questo processo mentre accade, senza che le mille possibilità di editing in studio possano mediare lo stupore della precisione di esecuzione dal vivo di questi brani. Sotto questa luce, è buffo pensare alla genesi del nome del duo, il cui nome è quello del materiale con cui si realizzavano i nastri delle audiocassette, riferendosi quindi al tessuto che è alla base dell’esperienza d’ascolto: ritmo e messaggio, le molecole fondamentali.

(Isidoro Concas)

Karma

Il karma è così evidente

che si potrebbe tagliare
con una spada
di Damocle.

Il karma è così evidente
che ti spaventi
e cerchi le telecamere

“ok,
va bene.
venite fuori

dove siete
me l’avete proprio fatta
me l’avete proprio data a bere”

ma non c’è nessuno
dietro le tende.

Il karma è così evidente

che lo potresti invitare a cena
dagli da bere
offrirgli una media
e fargli pena
tutta la sera
come fosse niente
e non servirebbe
fare i vaghi se si pesta un piede
fare i pirla
fare il vento

se c’è ancora due pilsner
essendo al verde
non serve

nascondersi sotto il tavolo
e non abbiamo favole per dormire
per quello c’è il Tavor

e per restare svegli abbiamo
tutti i “no ma me lo merito, me lo merito tutto” che vogliamo

tutti i “mi merito tutto questo capitolare di fine anno”

mentre ci ricapitoliamo e ci raggomitoliamo sui divani
accanto al focolare e lontano dai focolai
lontano

dall’ordine del discorso foucaultiano
sfuggiamo
rispolveriamo vecchie leggende esoteriche
sfoggiamo tutte le parole esotiche del caso

mangiamo l’acido
balliamo scalzi
per non dimenticarci del fatto
che soffriamo

perché siamo lo specchio degli altri

Testo e voce: Matteo Di Genova
Musica: Marco Crivelli

I segni particolari | Belisario Laveneziana

Dopo qualche minuto, a lei sembra che lui stia già dormendo e si sente finalmente in pace, chiusa in quell’abbraccio che li unisce. Diego Frederico Ramos si muove e con una mano le fruga tra i capelli, lei si gira per catturarlo. Lui riesce a trattenerla e le lascia un lieve bacio tra le pieghe del collo, in corrispondenza di un neo piccolo e scuro che le calca la nuca. Non puoi, lei dice, le regole.