




in vetri spogliano paura di questa digestione colomba
di rompere etichette nelle case vuote
dare al tremore anatomia maschile negli specchi
La pioggia si è da poco interrotta. Il vento filtra ancora dagli infissi e muove, in corridoio, il vecchio lampadario. La ragazza sul letto se ne accorge dalle ombre, incostanti; stringe al petto le ginocchia, riprende il libro. Mamma e papà sono usciti, pensa, ma dicono che sono grande abbastanza, che posso restare da sola, che non serve chiamare la zia.
Quando si realizza un libro collettivo, afferma Francesco Terzago nel primo capitolo di Con le parole ovunque, fresco di stampa per Agenzia X, casa editrice milanese che da sempre indaga il sottobosco della controcultura italiana, la paura è di storicizzare, stilare cioè un elenco di nomi illustri, oppure di suggerire in anticipo la via da percorrere, vivisezionando qualcosa che fino a quel momento era vivo. “Quando arriva il significato”, come scriveva qualcuno, “vuol dire che fuori non c’è più nulla.” Proprio per evitare questo rischio, Terzago si è fatto aiutare da chi la poesia di strada la pratica ogni giorno, fra tutti MisterCaos – aka Dario Pruonto – qui nella veste di novello “Virgilio”, che ha compilato una vera e propria “mappatura” dei vari artisti e movimenti che compongono questa branca dell’arte contemporanea urbana, per osservare la poesia di strada nel suo ecosistema.
Ben lontani dal voler costituire un prontuario del genere, i poeti di strada qui si auto-presentano, creando una cartina precisa di quell’asse viario che fra Milano, Torino e La Spezia ha rappresentato per entrambi gli autori l’habitat ideale dove sperimentare la loro arte e il loro studio sul territorio, in costante comunicazione con il tessuto che l’ha creato, frutto di una sensibilità collettiva e di un sentire comune che appartiene alle città stesse. Non di meno, i festival che lo hanno reso possibile – Mitilanza a La Spezia, il Festival di poesia di strada a Milano e a Genova, Poetrification a Torino – che da sempre hanno la funzione di mescolare i linguaggi, dando una rappresentazione delle molte applicazioni concrete della poesia contemporanea.
Come i poeti di strada non si stancano di ripetere, il loro gesto – parente del graffitismo, ma differente nell’intenzione – non vuole “marcare” un territorio ma dare voce sui muri alle istanze represse dal realismo capitalista, attraverso una sovversione dello spazio urbano, dando una manifestazione di ingiustizie e descriminazioni a volte sistemiche, che proprio per questo non vanno dimenticate ma diventano una testimonianza.
La poesia di strada nasce gettando parole tra le vie, pugni di semi nel vento.
(ivan)
Grazie alla sua lente caleidoscopica maturata in anni e anni di pratica sul campo, MisterCaos riesce a fornire un riassunto esaustivo della scena della poesia di strada italiana, mettendo in evidenza stili, influenze e luoghi di interesse. Questa particolarità fornisce al testo una forte credibilità per chiunque voglia addentrarsi in questo mondo fatto di rulli, pennelli e bombolette in anfratti di periferia, con azioni (a volte illegali) che resituiscono l’urgenza comunicativa della nostra epoca, dove non sempre quello che viviamo finisce nei libri e ancor meno sui muri delle città, nella distopia del “decoro” che impedisce qualunque forma di creatività spontanea.
Come riporta Valentina Di Cataldo nell’introduzione al libro, la poesia di strada in Italia nella sua forma attuale comincia a manifestarsi nei primi anni 2000, grazie al milanese Ivan Tresoldi, per poi diffondersi in tutta la Penisola nelle sue varie diramazioni: la poesia di strada “è una crepa nello spazio urbano, un’azione che rompe la prevedibilità della visione e al contempo mette in relazione chi scrive e chi legge con un luogo, un angolo, un isolato. Come ogni pratica espressiva, è caratterizzata da forme peculiari che la rendono unica e irriducibile agli altri linguaggi dell’arte urbana, ma la sua identità non è né cristallizzata né immutabile, bensì liquida, o meglio fluida e non del tutto riassorbibile, proprio come la società in cui viviamo: una macchia d’olio che scivola sulla superficie dell’acqua.” Oltre ai già citati Mister Caos e ivan, si ricordano i Poeti der Trullo e Decle a Roma, le varie sezioni del MeP a Firenze e a Torino, Davide DPA a Lecce, Francesca Pels a Milano.
Oggi la poesia di strada coinvolge centinaia di autori che da nord a sud riversano parole nello spazio urbano per riappropriarsene e innescare un dialogo con i luoghi e i suoi abitanti.
La lettura prosegue poi con con una poesia inedita di ivan, gli estratti esilaranti tratti dal processo kafkiano che ha subito, una sua biofollegrafia realizzata con Marco Philopat in stile sperimentale e dedicata al poeta Nanni Balestrini, e si conclude con un glossario e un inserto fotografico sulle poesie murali contemporanee. Una tappa obbligata per tutti coloro scrivono versi perché “provocati dal pensiero” e non sanno esprimersi “a parole.”
Francesco Terzago è membro del centro studi universitario Inopinatum e dell’osservatorio Inward, che si occupano entrambi di creatività urbana. Ha trascorso due anni in Cina a Guangzhou, studiando la street art. È tra i fondatori del collettivo Mitilanti.
MisterCaos è una figura di riferimento della poesia di strada italiana, la sua è una pratica artistica originale supportata da una ricerca estetica e storiografica.
L’ultima uscita di Radiobluenote Records, Cornici di Sofia_, ritorna nel solco già tracciato dagli altri progetti a più voci a cui l’etichetta ci ha abituato coi precedenti Poesie Per La Dora, Vouyerismo e Fiori Per Una Visita, stavolta però proponendo una variazione prima di tutto dal punto di vista musicale, che conseguentemente imprime all’opera una evoluzione dal punto di vista stilistico.
Per quanto si sveli in prima persona come liricista e voce nel primo singolo estratto dall’EP, Ho Visto, quello di Sofia Spampinato, catanese classe ’97 trapiantata a Torino, è prima di tutto l’album di una produttrice. Le strumentali, pur conservando stilemi dei generi dai quali le influenze appaiono chiare (house, hip-hop e trap in primis) sono elaborate in maniera molto personale e, soprattutto, sembrano calzare perfettamente sulle spalle degli ospiti, come vestiti su misura.
Si parte con Tito Sherpa, ospite ormai di casa nelle produzioni Radiobluenote, sotto cui a fine 2020 ha anche fatto uscire il suo album d’esordio, Serotoninja, che nella traccia d’apertura si concede una esplorazione più delicata delle potenzialità della sua penna, complice non solo la morbidezza della strumentale, ma anche la scelta delle immagini. Tra queste, l’accenno agli “amici andati” si ricollega a stretto filo con l’ultimo brano, Vicini, un titolo che è un tributo. All’ascolto si tratta di una strumentale sulla quale vengono ospitati diversi maestri dello scratch che Sofia_ ha conosciuto in prima persona, ma appena superato il primo pensiero, quello del poter riunirsi sulo stesso beat in un momento storico in cui è impossibile fare altrimenti, è la profondità della traccia che lascia risuonare qualcos’altro, una mancanza per cui stringersi assieme, qualcosa che se n’è andato lasciando come tracce catene e nastri, come l’immagine che la piccola poesia che si forma unendo i titoli dell’EP suggerisce. I nastri che ancora custodiscono musica, la catena di trazione di un giradischi ferma, mossa come tributo da altre mani.
Le tracce proseguono, e tanta è l’abilità di Sofia_ di plasmarsi sull’essenza dei suoi ospiti senza snaturarsi che quasi sembra che anche in Ho Visto la voce sia di un’altra persona. Si passa dalla meditativa penna di Parsione al fuoco interiore di Matyta Negra in un batter d’occhi, con una naturalezza che è raro trovare in progetti simili, che fanno degli ospiti il fulcro centrale della narrazione: il piccolo EP di Sofia_ ha l’equilibrio spontaneo di un qualcosa che, accomunando più parti, non cancella la presenza di una radice comune, presente e nutriente. Non è la ricorsività di temi come la natura, il silenzio, gli angeli o la luce, nè la presenza di una sola prodruttrice, a dare forma a quest’impasto. Come nei lavori di Davide Bava, fondatore dell’etichetta, il legame più profondo che lega Cornici agli altri progetti di Radiobluenote è quello di una regia unitaria che riesca a suggerire a monte un mood, un processo, un immaginario, e questo compito è questa volta (auto)affidato a Sofia_, perfettamente immersa in questo ruolo, ancora prima che in quello della produzione, della scrittura o della voce. Come nella copertina di Controsenso, quello che appare non sono solo i quadri dei brani col beat a fare da cornice: la protagonista è la stanza vuota, l’ambiente, ciò in cui ogni cosa è accolta e contestualizzata.
(Isidoro Concas)
“Non l’ho dimenticato, era ieri!”
Ieri eravamo ciascuno nella propria bollicina
e ci telefonavamo o ci tenevamo compagnia
con messaggini in privato
Non l’ho dimenticato, era ieri
Fuori era come l’eruzione invisibile
di un vulcano silente
Ballavano al vento morbidi vetri delle finestre
scaldati dal sole cocente
macchiati di magma fosforescente
Magma innocuo, peraltro
e proprio per questo
terribile.
I dati del meteo avevano previsto tutt’altro
“‘sti metereologi non capiscono un cazzo”, pensammo
perché i sogni ingannano se tenuti troppo in conto
e gli incubi si avverano se ignorati troppo a lungo
Parlavo al mio angelo
da un buco in un albero
radici che immagino partano
dal mio esofago
Sembrava come quando
il freddo e il caldo danzano
e le correnti si dipanano
e mille semi che si spargono
Pollini di amici andati
nei liberi arbitri tra
rispetto e respiri, poi
crescono fiori nei vasi sanguigni, poi
sono luce che si propaga nei nostri pensieri, ma
è nuovo questo tuo mondo
o era un altro giorno?
But you don’t forget it
era solo ieri