



Era contentissimo di potersi raccontare, di conoscermi, mi ha offerto anche del vino, ha cominciato a sparlare, abbiamo parlato delle meraviglie del fascismo italiano e spagnolo, dei dittatori, Argentina e quant’altro, è un parente lontanissimo, una ramificazione complessa, originariamente non aveva quel nome, lo cambiò qualche tempo fa, da Rossi, a Mussolini, per poi usare un altro nome per lavorare, mi ha detto che inizialmente non aveva quelle idee, gli sono venute dopo, quando la vita gli era passata davanti già per molti anni.
“La fine dell’amore” di Tamara Tenenbaum (Fandango, 2022) è l’esempio perfetto di come le derive neoliberiste stiano distruggendo l’idea di amore romantico
È con l’EP Storia della RAPubblica 1943-1953. I veri anni di piombo che Stefano Mularoni, in arte Zona MC, torna nella forma disco dopo ben 8 anni che non è corretto definire “di inattività”, ma semplicemente di mutazione, già mappata in una vecchia intervista qui su Odile. Molte e poliedriche sono state infatti le sue produzioni dal suo ultimo album, Porconomia, del 2014: dalle sue apparizioni come frate rappista nelle puntate del Goth Talent di MusicaPerBambini alla pubblicazione del suo saggio Le origini del sovranismo, dalla realizzazione di un mashup-album tributo ai due linguaggi musicali a lui più affini, il rap e la breakcore, fino al suo sbarcare nel mondo dell’insegnamento scolastico, universo che probabilmente ha fatto scaturire l’urgenza di questa sua nuova avventura. Presenta lui stesso questo EP dicendo che “Chiunque sia stato a scuola sa che la storia della Repubblica italiana viene spiegata raramente, spesso in modo frettoloso e per di più in quella fase di sovraccarico di studio che precede l’esame di Stato. Intanto nell’editoria e nei social network si diffondono sempre più narrazioni revisioniste della storia d’Italia, con derive antikeynesiane, anticomuniste o addirittura antipartigiane”. Trovata quindi l’urgenza di spiegarle, l’opera di Zona MC si inoltra nell’esplorazione di quegli anni con l’avvalersi del supporto della storica Lidia Celli e di una abbondantissima bibliografia della quale presenta alcuni elementi in un video dedicato.
Occupatosi anche delle strumentali dell’EP, Mularoni decide di proseguire la sua attenta ricerca storiografica scegliendo per i suoi beat tutti campionamenti da registrazioni di quell’epoca riuscendo, fra le altre cose, nell’ardua impresa di non fare suonare come kitsch l’aria di Fischia il vento all’interno di un brano dedicato alla Resistenza e alle sue implicazioni. La ricerca è in più corredata da estratti da film e discorsi pubblici sempre d’epoca, con l’intenzione di tracciare un quadro il più fedele e chiarificatore possibile.
Per le orecchie più affezionate alle imprese audio di Zona, il nuovo EP suonerà molto come un ritorno a casa, sia dal punto di vista delle sopracitate strumentali che, lungi dai potenti abissi sonori di dischi come Caosmo dai suoni affidati ad altri produttori, ricordano molto di più le strumentali autoprodotte dei suoi primi lavori, con molte intelligenti scelte mascherate all’interno di una forma-beat più tipizzata, sia dal punto di vista dell’approccio didattico e narrativo alla scrittura che potrà fare ricordare ai molti Ananke ed altre opere simili. “Ma almeno stavolta voglio sorvolare sull’attuale/Tornando al passato non per nostalgia o rimpianto materiale/Si stava peggio ma quel clima intellettuale/Lasciava speranze a chi voleva rovesciare il Capitale” spiega Mularoni nella traccia dedicata alla scrittura della Costituzione, mettendo l’accento sul desiderio di una narrazione che si discosti da quelle più personali, sperimentali, critiche o fantastiche che negli anni aveva messo in campo nei suoi dischi, per poter osservare con chiarezza un periodo che osserva come cardine per comprendere il contemporaneo, in dialogo con le decadi future. Certamente la penna di Zona MC non maschera le sue opinioni, ma descrive con obiettività la concitatezza dei fatti di quegli anni, col suo sapiente utilizzo di una narrazione esplosa, accelerata, vivida di giochi e di immagini.
Isidoro Concas
“Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico che mi fa considerare come imputato”
Nato nel Tirolo italiano sotto il dominio asburgico da subito vicino all’ambiente liturgico
Da giovane partecipa a proteste studentesche
Della minoranza italofona che lo investe
Segretario del Partito Popolare Trentino
Eletto nel parlamento austriaco in cui rimane sino all’annessione della regione all’Italia è il ’19
Quando segue don Luigi Sturzo il “prete sinistro” che muove critiche al fascismo ma è fuori dal tempo perché il suo partito vota la fiducia a Benito seguendo il Vaticano
E ciò spinge Sturzo a dimettersi diviene segretario Alcide
Ma poi nemmeno lui vuole flettersi alle leggi fascistissime
E nel ’27 è arrestato, incarcerato e graziato restando sorvegliato
Ed è così che durante il conflitto armato
Riunisce la politica cristiana sotto lo scudo crociato
Il resto l’abbiam visto, Ministro
E poi capo del Governo che abbandona le sinistre e mantiene alleanze atlantiste mentre all’interno
Ha già capito
Che i voti non sono tutto, conta il Capitale ossia il “quarto partito”
In breve negli anni della ricostruzione
Al nord prosegue l’industrializzazione
E al contrario nel meridione una stagione
Di riforme come quella agraria
Insieme alla Cassa del Mezzogiorno in parte varia
Il volto dell’Italia
Finiva l’agricoltura estensiva
Espropriati fondi a grandi proprietari
Li si offriva a aziende familiari
Ma l’azione non era propulsiva
Era solo sull’agricoltura, infrastrutture civili e stradali mancavano investimenti industriali
Solo più tardi in quel deserto sorgeranno le note cattedrali
Come quella aperta da Nitti nel 1904
Poi chiusa in ossequio all’UE nel ’94
Il sud doveva esportare solo il lavoro e col suo poco capitale comprare più merci al nord e non prodursele da solo
Un modello di espansione
Guidato in gran parte dall’esportazione del settentrione che può competere con l’estero perché dispone di una disoccupazione
Che abbassa i salari con l’emigrazione interna e il sindacato in accordo col padronato licenziamenti politici e il proletariato schedato
Più tecnologie avanzate
Per produrre beni di consumo per le economie europee più agiate
Tutto ciò fornisce il quadro indegno
Che solo rese possibile il boom economico a fine decennio
Per fare una sintesi del lustro
In cui ha governato De Gasperi ha restaurato più di quanto ha riformato
Solo dopo aspri dibattiti avviò riforme sociali ma insufficienti per le ricadute occupazionali
In parte eserciti industriali si assorbivan
Con il piano keynesiano di Fanfani di edilizia abitativa
Mentre Vanoni aumentava le entrate
Imponendo le dichiarazioni dei redditi prima mai compilate
E la compagnia del petrolio fu affidata per essere liquidata a Mattei
Ma egli si oppose all’oligopolio delle sette sorelle fondando l’ENI
Ma i suoi piani caddero con il suo aereo in uno dei tanti misteri
È quasi certo che furon mani mafiose
Come per Mauro De Mauro giornalista che sapeva troppe cose (nostre)
Di certo dopo Mattei scompare la sua visione
Ma rimangono i mezzi: la corruzione
E nel marzo ‘53: temendo l’elezione imminente
De Gasperi vara la “legge truffa” ossia un largo premio di maggioranza per la coalizione vincente
Scelba è scelto come proponente
Si dice che persino lui si oppose ma niente
Il presidente del Senato si dimise ma niente
Al suo posto venne Ruini che alla fine ultimò gli scrutini ma è evidente
Che nemmeno l’ex Presidente della Commissione per la Costituzione poteva arginare lo sdegno crescente
E come il Po nel ’51 è esondato con l’alluvione
Parri lasciava i Repubblicani e con Calamandrei fondava un partito da micropercentuale
Ma sufficiente a bloccare
Il premio truffaldino per la coalizione
Tutto ciò va ricordato per mettere anche le ombre nel quadro che a De Gasperi viene troppe volte dedicato del cristiano deluso dal Papa
Che contro i comunisti voleva allearsi con i monarchici e i neofascisti nell’elezione romana:
“proprio a me, un povero cattolico della Valsugana, è toccato dire no al Papa.”
O deluso dalla questione triestina a lui vicina ma che importa? Conta che sia ricordato chi poi ha lottato come i 6 che nel ’53 son morti sotto i colpi del Governo Militare Alleato
O europeista deluso dal fallimento della CED
Ma gli equilibri internazionali cambiano dopo che il 5 marzo del ’53
Muore Stalin e il timore della guerra in Corea
Che aveva oliato l’integrazione militare europea d’altronde il primo trattato firmato nel dopoguerra aveva scopi militari:
Tutti contro Stalin
Nei suoi discorsi De Gasperi ha una visione
Il perno dell’integrazione deve esser la partecipazione
Senza la democratizzazione
L’Europa diventerebbe fonte di – cito – “imbarazzo e oppressione”
Ma intanto tornando a ciò che abbiam lasciato
Il piombo colpiva chi si ribellava dal contado al sindacato
Come a Modena l’eccidio delle fonderie riunite la polizia uccide 6 operai e duecento persone ferite poi Ravenna, Venosa, Ragusa anni di repressioni
Fino all’apice: ’60, Governo Tambroni
Io per tutto questo e non solo li chiamo “anni di piombo” e i settanta invece “anni del tritolo” in quanto la nota tensione
Iniziò con un’esplosione
Mentre il piombo è sullo sfondo già dalla ricostruzione
«… mò c’hanno pure il radiogrammofono.»
«E te, teg l’è no la casa?»
«E la chiami casa questa? Du camere e cucina, eccole lì.»
«E non mangi tutti i giorni?»
«Come no? Patate, patate la mattina e patate la sera me so ingrassata che paro ‘na botte, fra un po’ me devo fà allargà tutto, non lo so io!»
«Ma ti te’l set che Gaetan i fa la borsa nera?»
«Fossi bono tu a falla!»
«Io mi contento di quello che guadagno.»
«Ecco e noi seguitiamo a magnà patate che ce fanno tanto bene!»
«Si mangia patate, si fa economia.»
«Ecco… se magnamo pure l’economia pe’ companatico!»
Saperti contesa
tra le terre del Messico e occhiali piccoli a goccia
che ti inseguono
per usanza, forza di cose.