Come distruggere gli angeli (che però non esistono)

NIGREDO

Listen to them, the children of the night. What music they make!
Bram Stoker, Dracula

Uno spettro si aggira per l’Italia: è lo spettro della volontà di nuove spinte critiche dopo anni di stagnazione del mondo del pensiero, legati ormai quasi soltanto all’accademismo reazionario o alle nostalgie dei residuati post-sessantottini.
È salutare invece che dalle esperienze della CCRU di Fisher e Land e da tutte le variabili del cosiddetto accelerazionismo, proprio in Italia sia nato un brodo di coltura che segnala un’evidente volontà di superare l’empasse della critica italiana per esplorare questo nostro brave new world.

Fra guerre dei meme, classe disagiata, sinistralibri, futurabilità e xenofemminismi, i più accorti non avranno potuto fare a meno di notare un paio di anni fa emergere un soggetto quantomeno affascinante: il Gruppo di Nun, che appariva nell’ormai lontano 2018 sulle pagine di Not con l’interessante testo Manifesto di demonologia rivoluzionaria, per una sinistra della mano sinistra che si proponeva di opporre alla Via della Mano Destra, quella tradizionalmente legata alla magia bianca e vista da autori e autrici del testo come paradigma del dominio liberista e patriarcale, una negromanzia insurrezionale.
A questo erano seguiti altri due testi, l’apocalittico-divulgativo Astrologia Catastrofica e il Klossowskiano Buon dies natalis solis invicti, che – insieme alla presentazione di Dalle Ceneri di questo pianeta di Eugene Thacker, dove il Gruppo Di Nun si era presentato mascherato – non avevano fatto altro che aumentare quell’alone di sintomatico mistero che permeava questa nuova (?) disciplina.

Ed ecco che nel novembre 2020 esce, per Nero, Demonologia Rivoluzionaria, una raccolta di brevi saggi che, partendo dai proclami del Gruppo Di Nun, cercano di approfondire la possibilità di forzare la mano sinistra del caso per scatenare l’insurrezione gotica.

Da una prima lettura risulta praticamente impossibile riuscire a fare una recensione su una serie di testi così fitti, che scandagliano in maniera caotica magia, alchimia, scienza, movimenti subculturali e tensioni apocalittiche.

È impossibile anche riuscire a presagire un’uniformità stilistica nel difforme e deforme avvicendarsi degli autori e autrici, dato che passiamo dal linguaggio mutuato dal Crowley del Liber AL vel legis del Gruppo di Nun allo scientismo alchemico di un testo come “Materialismo spettrale” di Laura Tripaldi fino alla critica sociomusicale di Kulesko, dal simbolismo di Mattioli alla sociologia di Monacelli, in un libro che ha echi di Reynolds, Land, Bifo, Thacker, Euronymous, Austin Osman Spare, Genesis P-Orridge (periodo “Message from thee temple”) e chi più ne ha più ne metta per quello che pare essere più un grimorio che una raccolta di saggi.

Pertanto, dove è impossibile criticare – positivamente o negativamente – un testo di tale complessità, mi accingerò a porre all’attenzione del lettore/lettrice i lati positivi e negativi del mondo che porta con sè, e lo farò presumendo il portato letterario e quello politico di questo testo che, come andremo a vedere, sono assolutamente in antitesi.

ALBEDO

This day when it had light mother call me retch. You’re retch she said  
Richard Matheson, Born of man and woman

Barbari, Sol Sigillum, nuovi pianeti, traphouse dove tossici depressi scrivono canzoni disperate… Tutto Demonologia Rivoluzionaria è un pastiche che gioca fra il pop (anche nelle sue forme più underground, vedasi il largo spazio che viene dato al black metal) e i saperi esoterici. Potrebbe essere, a conti fatti, il più grande libro new weird ad oggi mai scritto in Italia: il sincretismo fra vari generi letterari, la negazione del distinguo fra cultura alta e bassa, il portato politico e la mancanza di una linea temporale definita sono le costanti dei vari testi e dell’avvicendarsi dell’uno con l’altro, così densi di nozioni e così schizofrenici nelle proposte da confondere chi legge ma da incuriosirlo nell’espandere la propria coscienza con riti e letture, lo identificano come opera letteraria vera e propria.

Del resto, l’ultima parte del tomo, “Nigredo”, vede librarsi in momenti quasi narrativi come il profondamente toccante “Mater Dolorosa” e le interessantissime derive di “Solarizzazione” e de “La più alta forma di gnosi”.

Non letterari, ma pregni di suggestioni ancestrali e narrative sono anche i testi di Kulesko nella seconda parte del libro, che rivaleggiano con il Fisher più ispirato, e nell’insieme tutto il libro dà l’idea che autori e autrici sarebbero molto a proprio agio nel confrontarsi con la narrativa.

Proprio per questo, per l’eleganza formale dei testi e per l’intenso spirito divulgativo con cui sono stati scritti questo libro merita di non essere letto solo sull’onda dell’hype che intelligentemente Nero riesce a costruire, ma come vera e propria prima mattonella di quella Weird Italian Theory che potrebbe promettere molto bene non tanto nell’ambito della critica allo stato di cose presente quanto in quello della letteratura.
Sembra infatti essere stata finalmente nobilitata anche qui la letteratura di genere, e questo grimorio va ancora più in là: non solo la letteratura horror e sci-fi è qualcosa di più che l’infantilismo regressivo con cui era stata bollata dall’ottusa critica italiana, ma anche il pensiero esoterico, le teoria del complotto e la musica estrema possono essere chiavi importanti per capire il mondo in cui, volenti o soprattutto nolenti, viviamo.

RUBEDO

I don’t think you’re anyone!” Raymond Andrew Joubert pipes up in that childish, wavering voice. It cuts through the stale, overheated air of the courtroom like a bright blade. “You’re only made of moonlight!”
Stephen King, Gerald’s game

“Noi siamo ferocemente religiosi” scriveva Bataille in uno degli ultimi articoli della rivista da lui fondata insieme agli altri membri della “Congiura Sacra”, l’Acephale.
Essi intendevano, nella prima metà degli anni 30, contrastare la potenza religiosa della mistica nazifascista con un misticismo caotico e negatore.

Non è l’unico esempio, del resto, di un tentativo di piegare suggestioni religiose e/o esoteriche alla volontà dettasi “rivoluzionaria”: Bibdei, anarchico e terrorista bezmotivniky (“senza motivo”) della tumultuosa Byalistok del 1905, scriveva: «Non uno scherzo innocente di “rivoluzionisti”, ma la Walpurgisnacht della rivoluzione, quando all’appello di Lucifero (sic) gli Spartachi, i Razin e gli eroi dello stivale insanguinato planeranno sulla terra. L’insurrezione di Lucifero in persona!» (O Liutsifere, velikom dunkhe vozmuschceniia, nesoznatel’nosti’, anarkhii i beznachalie) mentre novant’anni dopo Hakim Bey tentava di coniugare anarchismo post-leftist americano e Chaos Magick.

Anche Burroughs, facendo suo il motto degli Hashishins e di Nietzsche “niente è vero, tutto è lecito”, univa in alcuni dei suoi libri più belli tumultuose rivolte e divinità Maya come Ah-Pook, poi citato in dischi di gruppi anarchopunk e in fanzine anarco-nichiliste, per non tacere del poeta individualista Renzo Novatore che nei suoi goffi inni alla rivolta si perdeva in visioni misticheggianti e rievocative del mito prometeico.

Demonologia Rivoluzionaria segue questa tradizione (o Tradizione?), e la approfondisce cercando di costruire un apparato interpretativo del mondo, sensibile e non, che sia foriero di un metodo prossimo a venire.

Tutto molto affascinante, ma quanto è effettivamente rivoluzionario?

Una volta un valentuomo si immaginò che gli uomini annegassero nell’acqua soltanto perché ossessionati dal pensiero della gravità. Se si fossero tolti di mente questa idea, dimostrando per esempio che era un’idea superstiziosa, un’idea religiosa, si sarebbero liberati dal pericolo di annegare. Per tutta la vita costui combatté l’illusione della gravità, delle cui dannose conseguenze ogni statistica gli offriva nuove e abbondanti prove.

Per gli adepti di Nun tutta la vita delle società moderne in cui predominano le condizioni attuali di produzione immaginifica volta al realismo capitalista si presenta come l’emanazione della magia della mano destra a cui deve rispondere una mano sinistra caotica e disgregante portatrice dell’insurrezione gotica.

Non si va molto in là: poiché secondo la loro fantasia le relazioni fra gli uomini, ogni loro fare e agire, i loro vincoli e i loro impedimenti sono prodotto di una sorta di mondo delle idee corrotto che spinge il singolo a deificarsi, i Demonologi coerentemente chiedono agli uomini, come postulato morale, di sostituire ad esso la Volontà (thelemiticamente parlando) e di sbarazzarsi così dei loro impedimenti. Questa richiesta, di modificare la coscienza, conduce all’altra richiesta, di interpretare diversamente ciò che esiste, ossia di riconoscerlo mediante una diversa interpretazione. I demonologi così rischiano di non fare altro che parlare la lingua che contestano solo con un altro accento, dimenticando che alle suggestioni del dominio essi stessi non oppongono altro che altre suggestioni, e che non combattono il mondo realmente esistente quando combattono soltanto le suggestioni di questo mondo.

Intendiamoci: tutto ciò che sta venendo fuori dalla nuova theory internazionale è profondamente interessante perché annusa il presente molto più che gli ormai vetusti recuperi formali delle ideologie della prima internazionale, ormai pallide ombre degli ultimi – fallimentari – tantativi di assalto al cielo.

Ma leggere le fantasie del presente non significa cambiarlo e, per dieci accel che ci dicono che il loro è solo prankismo per smuovere il sonnacchioso mondo di sinistra avremo duecento gregari/e che credono che un meme, un rituale o un taglio di capelli irriverente e sbarazzino siano realmente utili per abolire lo stato di cose presente, ed è qui che la novità del magmatico mondo della Theory diventa tale solo formalmente, mentre informalmente ricalca il tentativo idealistico mutuato da Gramsci di costruire un’egemonia sulla sovrastruttura, come se la vita non fosse altro che sogno.

Quando abbiamo davanti Demonologia Rivoluzionaria possiamo fare due cose quindi: o prenderlo per un ottimo testo divulgativo scritto da persone preparatissime con ottime potenzialità letterarie o raccontarci che il mondo può cambiare solo se usiamo la nostra immaginazione.

Purtroppo per il Gruppo di Nun, l’unico processo che genera se stesso è il capitale, mentre l’Amore, sia pur sola Legge, è una cosa meravigliosa come quella polverina che si scorge nelle notti estive alla luce di una luna funeraria, ma come tale non lascia nulla su un mondo che per essere cambiato non andrebbe interpretato, ma distrutto.

(Luca Gringeri)

Gruppo di Nun, Demonologia Rivoluzionaria (Nero Edizioni)
270 pagine
Novembre 2020


Hit mania spoken word 2020

Tra Natale e zone rosse, qui a Odile immaginiamo molto bene il livello di noia che si possa raggiungere tra qualche nostro lettore/ascoltatore. Ma con le giornate corte e la voglia di stare al calduccio, cosa c’è di meglio di prendersi il tempo per dedicare l’ascolto a qualcosa? Ecco, quindi, dieci proposte di ascolti, tra grandi nomi e chicche nascoste, per passarsi un godurioso spoken word christmas.

BALDANDERS

Cominciamo con Baldanders, un raro progetto del 2004 che vede alla voce e ai testi, pescati dalla sua sterminata produzione, Stefano Benni. Musicato da grandi nomi del jazz italiano come Umberto Petrin e Paolo Fresu, è un comodo viaggio per scoprire la musicalità nascosta in molti testi di Benni.

COR:UNEDO

Progetto a cavallo tra noise ed elettronica attivo dal 2014, dietro al progetto Cor:unedo si nasconde la penna e la voce di Guido Celli, poeta, performer e sperimentatore di linguaggi, e le sperimentazioni di Alessandro Grasso ed Emanuele Poki, che danno vita ad uno scenario dove il testo, narrativo, nuota.

WU MING CONTINGENT

Legata a stretto filo con la parola scritta è anche l’esperienza del Wu Ming Contingent, progetto di spoken word di alcuni dei componenti dei Wu Ming che, dopo aver da molti anni avuto esperienze singole tra musica e parola recitata, si sono riuniti in un progetto corale. Legarsi alla cultura dello spoken word è un intento chiaro come nel brano proposto, primo estratto dal loro primo album, che cita esplicitamente uno dei brani più celebri di Gil Scott Heron.

ROBERTO SANESI

L’anno seguente a quello dell’uscita di The Revolution will not be Televised di Heron, nel 1972, in Italia uscì invece Viaggio verso il Nord di Roberto Sanesi, poeta e sperimentatore, che diede alla luce questo progetto con le preziose sonorizzazioni di due dei componenti de Il Balletto di Bronzo, storica formazione prog italiana.

SALVATION ARMY, PT.1

Guardando alla storia più recente, un ritorno alle sperimentazioni sulle combinazioni tra testo e musica è arrivato con l’arrivo della cultura hip-hop in Italia. Tra i gruppi rimasti nel mito ci sono le Sacre Scuole, che raccoglievano in nuce delle penne destinate poi a strade diverse, come quelle di Guè Pequeno e di Dargen D’amico. Dargen, all’epoca Corvo d’Argento, aveva già dall’inizio espresso un istinto lirico che spezzava le gabbie stilistiche del rap: esempio di questo è la traccia che, nell’unico album delle Sacre Scuole, è interamente affidata alla sua voce.

MIIKE TAKESHI

L’eredità di Dargen scorre forte nall’approccio di Miike Takeshi al testo. Se già nei primi brani e nel primo disco, Geremiadi, l’elemento rap veniva mescolato con forti dosi di eclettismo nella scrittura e momenti recitativi, man mano Miike ha saputo sviluppare uno stile estremamente personale e fiorito.

CARLO CORALLO

Di approccio simile a Takeshi, ma con direzioni molto diverse, sono le liriche di Carlo Corallo, giovanissimo ragazzo siciliano che, con le sue prime fatiche liriche, ha saputo convincere Murubutu a portarlo con sé come opening act di diversi suoi concerti. La sua formula va addensandosi di anno in anno in un crossover tra spoken word, rap e cantautorato.

WAITING FOR GODZILLA

I Waiting for Godzilla, invece, puntano la loro produzione (per ora ferma al secondo EP, uscito nel 2017) su uno stretto dialogo tra le parole di Nicolò Gugliuzza, più ricercatore della teatralità che delle metriche, e le sonorizzazioni elettroniche molto eclettiche di Tab Palmieri.

IL TEATRO DEGLI ORRORI

Parlando di teatralità applicata al testo non si può non proporre un ascolto di uno dei colossi dell’alternative rock italiano, etichetta molto stretta per la produzione multiforme e tentacolare del Teatro degli Orrori, gruppo attivo dal 2005 e che ha fatto della presenza scenica ed intellettuale di Pierpaolo Capovilla, il loro frontman, la forza attorno a cui girano le loro produzioni ad alto impatto.

LOCK DAWN OVERSESSUALE

Restando sui nomi più classici dello spoken word, chiudiamo con una chicca di fresca uscita: è di pochi giorni fa Lock Dawn Oversessuale di Napo, voce e penna (sia scrivente che disegnante) degli Uochi Toki, duo attivo dai primi duemila e con ormai una produzione così diversificata da aver abbattuto ogni possibile definizione.

Illustrazione di Beppe Giacobbe

Carpe diem

Poesia su ordinazione è ordigno.
Il costruttore di ordigni può produrne molti
(nient’altro procurandosi che stanchezza per il lavoro manuale).
L’oggetto può essere, talvolta, ironico:
l’ordigno lo è sempre.

— P. P. P., Ricerca di lavoro 

Gentile Paride,
È stato un anno difficile e ci teniamo a ringraziarti per aver deciso di effettuare le consegne con noi.
In vista delle prossime festività, ti informiamo che il servizio di delivery per i ristoranti della tua città non sarà attivo il giorno 25 dicembre dalle ore 11:00 alle ore 17:00. Negli altri giorni potrai regolarmente cogliere le opportunità di consegna compatibili con le tue disponibilità compreso il 31 Dicembre e il 1 Gennaio.

Ti auguriamo Buone Feste!

Il nostro Team.

Regolarmente cogliere le opportunità significava mettere in moto una pantomima di dita e di piedi. Pronto a partire, scorri col pollice, spingi i pedali, Parcheggiato al ristorante, scorri col pollice, estrai la chiave, lega la bici, fai uno, due, tre passi, porta scorrevole, igienizza le mani, Ritira l’ordine, urlalo a squarciagola: cinquesettenovedue, ritira la busta, apri il cassone, infila il sacchetto, chiudi il cassone, slega la bici. Pronto a partire, scorri col pollice, spingi i pedali, Parcheggiato dal cliente, scorri col pollice, lega la bici, fai uno, due, tre passi, indice sul citofono, ottimizza i tempi, quindi, scorri col dito, Ordine consegnato, spera che il cliente scenda, scende, apri il cassone, sfila il sacchetto, tendi le mani di un metro, spera nella mancia.

Niente mancia → Usa il tuo algoritmo personale: Quartiere alto + Condizioni meteorologiche sfavorevoli – Mancia = Sputare sul campanello. Occhio alle telecamere, Untore. Pronto a partire…?

Ricevette la mail la mattina di Natale mentre, seduto sul cesso, scorreva il pollice sul viso di una brunetta rachitica con gli occhi sporgenti, nope, di solito non alzava il culo finché non otteneva un match. Sulla bio del profilo aveva scritto “Traveller”. Dopo tutto era vero, non faceva che viaggiare su rotte tracciate tra il calcestruzzo e digitalizzate sullo schermo del suo cellulare. Like. Se gli levaste lo zaino e la divisa sembrerebbe occupato in una deriva psicogeografica perpetua; sì, era proprio un viaggiatore, e poi era sicuro che se avesse scritto “Rider” non avrebbe quagliato. Nope. A dire il vero l’anno non era stato così difficile, almeno rispetto al precedente, il numero di ordini era salito, inversamente proporzionale a quello delle auto in movimento, pertanto era calata la possibilità di essere investito da un vecchio mentre pedalava contromano, nonché il numero di volte in cui doveva sollevare il dito medio in direzione di un cruscotto. Like, Match! Buttò la sigaretta nel cesso e tiro giù l’acqua. Mentre guardava il proprio deposito organico inghiottito in un vortice antiorario fece un bilancio del suo anno difficile: 983 consegne, 143 match. Scoppiò a ridere.

I rider si potrebbero dividere in due macrocategorie, c’è chi si accontenta di svolgere a malavoglia i turni assegnatigli settimanalmente e chi, invece, sta tutto il giorno con gli occhi incollati all’app, nella speranza di ottenere uno “slot” extra. Refresh. I secondi riescono a pagarsi un affitto. Entrambi temono i tempi morti. Lui, per una serie di sfortunati eventi, era entrato a gamba tesa nella seconda categoria. Erano le dieci e un quarto, si accese una sigaretta e cominciò ad osservare con sguardo ebete l’orrendo albero di Natale piazzato nel corridoio. Refresh.

Niente lavoro per le prossime quattro ore. Locali chiusi. Vietati gli assembramenti e gli spostamenti. Fuori fa un freddo cane. Paride sbloccò di nuovo lo schermo del suo smartphone. Contatti. Ettore.
– Ue, Ettore – disse non appena l’amico lo salutò dall’altra parte – Che fai oggi? Vuoi venire a pranzo da me?
– Eh, non posso. Ho le consegne da fare.
– Ma non hai letto la mail? Il servizio è sospeso fino alle 17.00.
– Ah, sì! No, ho letto. Ma c’è un negozio che comunque ha bisogno e mi ha chiesto se posso dare una mano.
– Che negozio? Ti serve aiuto? Io non ho nulla da fare per tutto il pomeriggio.
– Ma no, no. Grazie lo stesso!
– Ector, e che cazzo! Non volevo essere gentile! Ho bisogno di soldi. Dimmi che negozio è, ti prego.
– Eh, ma il fatto è che ho quasi finito!
– Allora vieni a pranzo dopo, no?
– Va bene. Senti, non sto consegnando cibo, ok? È un altro tipo di delivery e non posso includerti.
– Perché?
– Perché è una questione della massima segretezza.
– Addirittura?
– Sfotti, sfotti! Ma tu non hai idea di cosa si sta muovendo in città.
– Sei diventato fattorino per il dark-web?
– Meglio. Sei da solo?
– Sì.
– Sicuro?
– Ettore, che cazzo! Ti ho detto che non mi sente nessuno! Dai, dimmi che fai.
– Poesia.
Paride scoppiò in una risata. – Poesia? – chiese.
Ssst! Sta’ zitto, coglione! Qualcuno potrebbe sentirti!
– Non ti preoccupare, mi sono nascosto nell’armadio per essere più sicuro – disse Paride abbassando la voce.
– Sfotti pure! Ma la cosa si è trasformata in una questione di vita o di morte.
– Sì, vabbè.
– Non dovrei dirti nulla, sto rischiando grosso.
– Immagino…
– Vieni in via Montanaro 16 tra 20 minuti.
– Dai, Ettore. Bastava dirmi che non hai voglia di venire a pranzo.
– Venti minuti.

Alle 11.40 Paride si trovò da solo davanti alla Scimmia in tasca, di Ettore nessuna traccia. Provò a ricontattarlo, prima con qualche messaggio, poi con chiamate insistenti. Nulla.

Al terzo tentativo, Paride abbandonò ogni speranza, e maledicendosi per aver dato ascolto a un deficiente, fece per incamminarsi verso casa, quando un’auto gli si accostò di fianco. Cassandra aveva abbassato il finestrino del passeggero e si era già chinata per poter vedere Paride in faccia e gridargli:
– Sali!
– Ma Ettore?
– L’hanno preso! Non c’è tempo, sbrigati!
Paride era confuso, ma seguì subito le istruzioni.
– Metti questi – gli disse Cassandra e gli passò un paio di occhiali da sole che – Paride capì – non servivano a proteggere gli occhi, ma a completare, insieme alla mascherina che già indossava, un camuffamento più o meno valido.
– Oggi Ettore, ieri Criseide. Che bastardi! – disse Cassandra svoltando a sinistra.
– Chi? E cosa è successo a Ettore? Che dice Criseide? – chiese Paride.
– Ah Ettore non lo so perché non è ancora rispuntato. Ma Criseide è tornata a casa ieri notte, un labbro spaccato, gli occhi neri e la maglia zuppa del sangue che ancora le usciva dal naso. L’hanno massacrata di botte.
Cassandra raccontava senza togliere gli occhi dalla strada, ogni tanto scrutava i passanti sui marciapiedi o buttava uno sguardo nello specchietto retrovisore.
– Elena mi ha chiamato alle 3.00 in lacrime – continuò. – Mi ha detto che lascia. Ha paura e non la biasimo. Solo gli dèi sanno che cosa faranno ad Achille oggi visto che il primo avvertimento non ha funzionato.
– Cassi, aspetta. Di cosa stai parlando? – chiese Paride.
– Non vogliono che distribuiamo poesie, Paride! Stanno tentando di sabotarci in tutti i modi!
– Ma chi?
– Loro, Paride. Loro.
– Quei grandissimi figli di Troia!
– Achei, si dice achei.

Cassandra accostò sul selciato. – Ora ti devo salutare. Ti lascio qui. – Poi aprì la portiera dal lato passeggero. – Abbi cura di te.
Paride scese e si specchiò nel finestrino dell’auto mentre partiva: più che un rider, somigliava a Rorschach di Watchmen
Si voltò verso un grande televisore acceso che trasmetteva una pubblicità dalla vetrina di un negozio di elettrodomestici in Corso Giulio Cesare. Lo spot di una nota marca di giocattoli non faceva altro che ripetere sempre la stessa frase: CARPE DIEM. Paride si stupì di quanto quel dettaglio sembrasse messo lì apposta per proseguire la storia. Quando si dice “i casi della vita.” 

La notizia era presto trapelata tra gli addetti ai lavori e l’azienda aveva dato l’allarme: “Qualcuno in città sta distribuendo pacchi bomba. Ripristineremo quanto prima il servizio di consegna. Nel frattempo, non aprite a nessuno. Ci scusiamo per il disagio”. Non si sapeva se dietro ci fosse un’organizzazione criminale o se questo fosse solo il piano malato di qualche cane sciolto. Paride si tirò la mascherina sopra il naso e si incamminò verso casa: voleva andare fino in fondo e scoprire il colpevole.

Quando fu davanti al portone sentì un fruscio nella tasca della felpa; vi infilò una mano e, sorpreso, ne trasse fuori un pezzo di carta irregolare, piegato a forma di cavallo e strappato lungo i lati. La calligrafia lasciata sul foglio, poi, era frastagliata come i bordi: un gran numero di lettere che componevano parole scritte di fretta e disposte in sette righe. Paride varcò il portone e sperò che il buio dell’androne, accogliendolo, cancellasse tutto, parole comprese. Ma non avvenne; anche in quell’oscurità esse splendevano sulla carta, irregolari eppure decise. Fari nella notte, questo gli sembravano, e continuarono a illuminargli il volto sulle scale e poi in casa, dove si chiuse la porta alle spalle e restò in piedi nel corridoio vuoto. Tentò di alzare lo sguardo, ma quando i suoi occhi divagarono sulle pareti si accorse che non avrebbe voluto guardare altro che il pezzo di carta che Cassandra gli aveva messo in tasca.

D’improvviso sentì che le parole della poesia, isole di lettere ma arcipelaghi di senso, gli avevano fatto penetrare sottopelle un vago senso di euforia, e con questo anche il terrore che quel sentimento fosse sbagliato.

Si vergognò, Paride, ma non della propria incapacità di osservare altro che non fosse la poesia, ma di quel che era stato fino a quella mattina, con i suoi match e la foia di frullare qua e là per accumulare un misero capitale da spendere in modo altrettanto misero.
Caracollò in cucina, assecondando il desiderio di stendersi sul divano e portarsi le gambe al petto e di riempirsi i polmoni di tabacco. Lo fece, ma non abbandonò mai la poesia, a cui il suo sguardo tornava ogni pochi secondi. Ne percepiva il pericolo, come se il tremolio della grafia fosse al contempo bellissimo e dilaniante. Accese la tv. Mise sul canale che mandava un telegiornale ininterrotto; ma non appena la voce del presentatore e degli invitati iniziò a diffondersi nella stanza Paride ebbe un sussulto di terrore.
Quella prosa ininterrotta, fluente ma al contempo monolitica, dove non erano permesse interruzioni né silenzi, dove tutta la realtà veniva avviluppata come in un incendio, avrebbe raggiunto anche lui. Anzi, era già lì. E allora sarebbe finito come Criseide, come Elena ed Ettore, divorato dalla fiamme inarrestabili e costanti, lontano dall’isola di carta che stringeva fra le dita e che, seppur per poco, aveva desiderato di raggiungere concependo quell’impulso come il proprio destino.
Ma nulla muta se è già segnato. Un’isola può non salvare, può non essere mai scoperta. E allora le città bruciano, Troia all’orizzonte prende fuoco dai tetti, e Paride si rannicchiò aspettando l’incendio e pregando che in mezzo alle fiamme, stringendola nel pugno, la poesia si salvasse e rimanesse l’isola che, seppur per poco, lo salvò.

Testo di Simone Kaev, Marta Zanierato, Riccardo Meozzi
Interpolazioni di Davide Galipò
Editing di Leandra Verrilli
Origami di Komatsu Hideo