Nuit Bleue è un progetto hardcore/postpunk con base a Toulouse, in Francia, che vede un assetto scarno ma estremamente compatto formato da basso, batteria e sassofono sostenere due voci, Damien e Cicuta, il primo caratterizzato da uno scream viscerale, profondamente scavato nella ricerca più espressionista e coraggiosa delle esplorazioni vocali, e il secondo da un approccio che oscilla tra rap ed uno spoken word che può ricordare un po’ le imprese punk emiliane e un po’ il primo Teatro degli Orrori, concedendosi anche al canto o al recitativo laddove le atmosfere dei brani glielo concedono. Quello che appare infatti chiarissimo, fin dal primo ascolto del loro omonimo demotape live, è proprio l’ampiezza di varietà d’ambienti che la formazione decide di sondare con un’attitudine squisitamente narrativa e spontanea, costruendo la propria musicalità sulla solida base della direzione del proprio discorso e del sentire sottostante, svelandolo fino alla nuda carne. Così quindi l’orecchio si ritrova all’interno di racconti in cui, nel suo dipanarsi, la forma-canzone, già esplorata in massima libertà dalla formazione, si permette di spostarsi da violente staffilate di chiara scuola hardcore ad aperture sonore che possono ricordare i The Comet is Coming tanto quanto gli Zu, i Marnero quanto gli Sleep, spaziando tra jazz, stoner, postrock e rap, mentre al microfono suggestioni bilingue si alternano in massima libertà, concedendo ad ogni brano la sua forma più sincera.
Ed è così che la penna di Damien, estremamente teatrale e cruda, compare tanto in esplosioni brevi quanto in tirati monologhi dove forse più che negli altri brani l’intero muro di suono sembra agire, espressionista, come cassa di risonanza della parola, mentre quella di Cicuta può prendersi più spazio, scegliendo di accostare ad una semplicità di scrittura che suona come necessaria, nello sporgersi di ciò che dice, vezzi di forma e sprazzi d’immagini che arrotondano il discorso per farlo sposare con la musica in un’ottica più ampia dove il ruolo di trascinatore e trascinato si fondono. Nella formazione è infatti davvero centrale la danza tra i desideri espressivi dei due poli, la parola agìta ed il suono degli strumenti, che nella musica dei Nuit Bleue più che essere corpo unico sembrano costantemente lasciarsi spazio e venirsi addosso in un pogo di necessità che si sostengono a vicenda fino alla prossima, vicinissima, ondata. Questa chimica versatile si svela in un’altra forma ancora quando, in Feu Bleu, il microfono viene passato al rapper Kaio Dayo del collettivo Zook’ook, sempre con base a Tolosa, dimostrando ancora una volta con quanta attenzione i mondi sonori della band mutino forma in maniera sincera e radicale riconoscendo le differenti energie portate dal polo parlante. Sotto questo punto di vista il ruolo della batteria spesso stupisce nella tremenda aderenza con cui risolve il dialogo con la voce, imbastendo una sottile trama di accenti e dinamiche legatissima al verso, con un’aderenza simile a quella di Michele Koukoussis nel Bhutan Clan.
Già attivo dal 2019 sotto forma di duo e con una notevole esperienza di palco maturata principalmente nella scena punk d’oltralpe, il gruppo già mostra nella sua demo una solidità ragguardevole e una fantasia molto spiccata, soprattutto in una ricerca volta alla performance del verso in dialogo con un immaginario, quello punk, che concede veramente tanta libertà quanta se ne desidera prendere. Nella crudezza dei loro arrangiamenti si nasconde moltissimo potenziale, che talvolta brilla. Nella ricerca vocale una volontà unitaria che punta a rispettare quello che dal foglio emerge con la fedeltà più dolorosa e bambina, senza compromessi. Questo potenziale ha già scaturito fiammate esplosive, nulla ci rimane che augurarci che tutto questo prenda sempre più fuoco.
(Isidoro Concas)
Terroristes (Nemmeno Le Lacrime)
Aaaahhhh!
Quanto è bello l’amore!
Quella mano che ti scava nello stomaco e ti strizza l’interiora com’uno straccio!
Neanche le montagne russe reggono il confronto!
Ed io!
Non sono mai stato così felice di morire un’altra volta tra le tua braccia!
Oh sì!
Lieto m’è il vomitar su questo foglio! Sto ‘na bomba!
Ma dove cazzo sei finita?
Oramai ricordo a malapena
La tua faccia si confonde
Ve ne son quarantamila tutte uguali
La tua voce s’è già persa
Come un jingle che ho sentito da bambino
Un motivetto sciocco che non riesci più a capire se hai inventato
Ogni momento ogni sorriso ogni parola sussurrata con dolcezza
Pensavamo l’uno senza l’altro di non poterci stare
Invece hai visto che bel sole, mia cara,
Hai visto che bel sole?
A chi importa di noi?
Forse ad un dio stanco e ormai attempato, le tempie calve, che ci guarda dai cieli?
Ho sentito dire ch’egli ama tutti, nessuno escluso
Ma a parer mio è già lungo tempo che non ci degna d’uno sguardo
A chi importa allora?
Allo Stato? Quale dei tanti?
Il signor Stato che per noi ha pensieri, prego, si faccia avanti
No, invero per esso siam vari / tra i molti
Com’a seguito d’una battaglia i nomi che si susseguono dei soldati morti
Chi si cura di noi?
I nostri parenti?
Tra chi è morto, tra chi è matto, chi lontano e chi nemmeno sa che esistiamo?
Chi si cura di noi?
I nostri fratelli? Troppo impegnati a guardarsi la punta delle scarpe?
Chi vuoi ch’abbia la mole di prendersi una tale responsabilità?
Puoi chiederlo forse alla città, per la quale non siamo mai stati più anonimi?
Chiedilo allora a una montagna
Ch’indifferente svetta alle nostre gioie e alle nostre pene
Inamovibile e codarda, per noi non alzerebbe mai un dito
Volgiti al vento se ti va
Ti lascero’ fare
E t’accorgerai che per risposta otterrai soltanto il suono della tua voce
A chi importa di noi?
Ad una qualche azienda? Un sito internet?
Puo’ darsi, ma giusto per venderci cianfrusaglie, al pari d’un truffatore
Per chi contiamo?
Per i nostri amici?
Per i quali a dir molto un mese siam pettegolezzo e un minuto dopo una seccatura?
E chi allora?
I giornalisti? No, che idea sciocca
E’ ovvio che noi non siam persone da prima pagina o che fan notizia
Quindi a chi chiediamo?
Alle stelle? Al sole? Alla Luna?
A venere? Marte? Mercurio? Giove?
Ai pianeti più lontani? O forse all’universo stesso?
Si, come se gliene fregasse qualcosa
Mi credi forse così sbadato?
Certo che ho chiesto alla gioia, e sai che mi ha risposto?
Che sono un avido bastardo
All’amore dunque?
Ohhh, ci ho sperato
Ma sai quanto fosse volubile quel maledetto cane
Dimmi una cosa
A chi importa di noi
Se non è importato a noi?
Chi si prenderà cura di noi
Se non ci siamo presi cura di noi?
Ed in fondo il peggio non è certo l’odio
Ma sapere che il nulla si fa strada come un verme
Sul cadavere della nostra felicità
Non sai che gioia è fingere
Che la prossima volta sarà diverso
Mia cara, hai visto che bello?
Non ci restano manco le lacrime
Oh si!
Non ci restano manco le lacrime