Quest’anno ho preso parte al festival di poesia di strada che si è svolto a San Donato Milanese. Una costellazione di palazzi eretti dall’Eni, Metanopoli, le cui architetture hanno registrato, decade dopo decade, la percezione che la classe dirigente ha del suo stesso futuro, della sua stessa identità; identità che, in questi luoghi, è dunque impressa nelle superfici di vetro, nel calcestruzzo, che ridefinisce lo spazio pubblico e le sue relazioni.

Il mio contributo si è riassunto nel trascorrere una mattinata chiacchierando con alcune quarte e quinte liceo classico e scientifico: considerare con loro che esistono discipline come la linguistica, riflettere sul fatto che il fine della scuola è dare a ognuno lo stesso sostrato, omologare. L’italiano, lingua nazionale, non è qualcosa di monolitico, e qualcuno stabilisce se sia opportuno insegnare un autore a discapito di altri.
Dunque non avevo assegnato alcuna superficie di intervento, ovvero un muro sul quale imprimere dei segni, e diversamente non sarebbe potuto essere: in questo momento non sono un poeta di strada.

Poesia di strada è tuttavia un’espressione a me cara, e non solo per una forma di sano campanilismo: oltre a essere un’espressione del tutto italiana, come spesso ricorda Ivan[1], essa infatti indica un permeabile confine entro il quale si cerca di far convergere pratiche tra loro molto dissimili, la maggior parte delle quali accomunate da una cifra spontaneistica. Ad altre latitudini alcuni di questi interventi sarebbero accolti nell’alveo della site specific art[2], qui, nella penisola, si è sentita l’urgenza di tracciare una cornice.
Se questo accade è per dare appunto ragione, nella lingua, a una necessità che riguarda un gruppo di persone. Una coscienza – pure dove non si riscontra un manifesto né un programma – definisce la natura di un organismo le cui cellule, insistendo su questa metafora, sono gli individui, il quale può mutare le sue sembianze nel tempo e pure morire.
Una coscienza – pure dove non si riscontra un manifesto né un programma – definisce la natura di un organismo le cui cellule sono gli individui.
Ora credo che goda di buona salute perché è impossibile individuarne gli elementi storici. Certo, se ci si riferisce solo alle sue recenti declinazioni, il segmento temporale nel quale questi fatti accadono e in cui io ho il privilegio di vivere; per intenderci, altro tema sono i graffiti di Pompei, i versi, resi pubblici, da anonimi poeti, tra strade e piazze, in Oriente.
Ad altre latitudini alcuni di questi interventi sarebbero l’alveo della site specific art […]. Altro tema sono i graffiti di Pompei, i versi, resi pubblici, da anonimi poeti, tra strade e piazze, in Oriente.
Può darsi che io stia scambiando per vita uno stato di animazione sospesa – che sarebbe ben peggiore di una vita insignificante – o, ancora, un proposito di vita. I propositi, come le frasi mai dette, i libri mai scritti, non possono essere discussi o condivisi, non gli si attribuisce un valore d’uso; condizioni, ognuna di queste, che nell’arte hanno qualità molto diverse. Eppure la poesia di strada oggi mi sembra assolutamente viva. Spero che il mio non sia solo un abbaglio.