La qualità della vita post-pandemica si è gradualmente abbassata, mettendo seriamente a rischio la salute mentale di tuttə. Eppure, la vita frenetica lavorativa non conosce sosta, togliendo tempo e modo di prendersi cura di chi abbiamo accanto. Prendersi cura, a differenza di ciò che spesso viene ribadito come un mantra, non è un lavoro svalutante né adibito all’ambito femminile. Semplicemente, sembra che in questo castello di carte nel quale siamo chiamatə a vivere detto “neoliberismo”, non ci sia posto per la cura. Quasi si trattasse di una debolezza di cui vergognarsi, dopo due anni di stasi economica e sociale non sembriamo disposti a prenderci maggiormente cura di chi ci circonda.
Tag: identità
Eva e ave | Ángelo Néstore
La camera immacolata solo per me; la camera e questo brandello di carne, una stirpe nomade davanti allo specchio.
La gaia versione kafkiana di Gregor Samsa
Un reportage dall'armadio
L’assedio dell’aria
In che modo i poeti di strada potrebbero ridefinire le periferie cittadine