L’olfatto umano è una semantica aperta: dopo anni di primato del visivo sul resto dei cinque sensi, la seconda mostra del ciclo La poesia visiva come arte plurisensoriale, quella sull’olfatto, celebra la qualità sinestetica della scrittura verbo-visuale, esponendo opere, tra le altre, di poeti visivi della nuova generazione.
In mostra, oltre a Giovanni Fontana, Sarenco, Arrigo Lora Totino, Lamberto Pignotti, Antonino Bove, Luc Fierens, Cristina Ruffoni, Gino Gini, opere dei giovani Francesco Aprile, Andrea Astolfi, Elena Cappai Bonanni, Giuseppe Calandriello, Nicolò Gugliuzza e del sottoscritto, che risemantizzano il discorso della poesia visiva verso nuovi media, digitali e plastici.

Il progetto, nato da un’intuizione di Lamberto Pignotti, si chiama Pratiche sinestetiche e vuole porre l’accento sull’assenza di una grammatica specifica per gli odori, per il tatto, per l’udito, per i sapori. Già Des Esseints, nel romanzo A ritroso di Huysmans, aveva immaginato una “semantica degli odori”, o anche Baudelaire, nelle sue Correspondances, che i colori e le sensazioni olfattive si rispondessero in una comunicazione poetica, fino ad arrivare a Jean Baptiste Grenouille, che in Profumo di Patrick Suskind realizza un “catalogo degli aromi” a partire dalle essenze umane.

Ma può un profumo evocare un colore, una lettera, un ricordo? Certamente sì, se pensiamo alle Madelaine di Proust nella Recherche. Dal canto suo, la poesia visiva sembra stimolare il gioco di rimandi con il lettore/fruitore, attraverso una provocazione continua, che passa anche dal cambio d’identità: sembra ieri, ma era il 1914, quando Marcel Duchamp, impersonando l’alter ego Rrose Sélavy in una celebre fotografia di Man Ray, diventava ironicamente promoter di una boccetta di profumo, ribattezzata per l’occasione Eau de voilette.

Va in questa direzione la mostra inaugurata lo scorso 6 novembre alla Fondazione Berardelli di Brescia, curata da Alice Valenti dopo il fondamentale apporto di Margot Modonesi; laddove la capacità ricombinatoria dell’immagine – potenzialmente infinita – colma il divario tra la pluralità delle sensazioni olfattive e la scarsità di definizioni per definire un odore nel nostro linguaggio. Un vernissage molto partecipato, che ha visto le performance di Giovanni Fontana, Davide Galipò, Elena Cappai Bonanni, con un live painting di Mister Caos – a ricordare che la poesia contemporanea è anche e soprattutto una pratica, che si agisce nel quotidiano.

Come afferma Gilda Policastro nel suo saggio L’ultima poesia. Scritture anomale e mutazioni di genere (Mimesis Edizioni, 2021, p. 74), “il reading prende ad essere osteggiato o proscritto da una forma più neutra e impersonale di lettura in pubblico, in favore della cosiddetta installazione”. Più che un profumo o una “messa in scena” degli odori, quello che qui viene messo in campo è il mondo di ricordi, possibilità e suggestioni evocate dall’olfatto, senso che più di ogni altro – come ricordato da Melania Gazzotti nella sua introduzione al catalogo – può riportare alla mente luoghi, battaglie e sensazioni sepolte nella memoria.
Davide Galipò