“Apocalypse Green” di Jean-Paul Charles

La memoria costruisce il nostro tempo come un passato puro. Imperscrutabile, e intrappolato nelle strettoie di unità millesimali e parcellizzate, il presente è ricreato ad ogni istante. Se un’immagine, un’idea, un’azione non fossero, quasi immediatamente, presenti e passate, il presente non passerebbe mai. Senza questa incompiutezza del contemporaneo, l’estasi dell’eternità ci accoglierebbe, facendoci varcare la soglia della fine dei tempi e rendendo superfluo ogni nostro tentativo di comunicazione.
L’artista Jean-Paul Charles si avvale di una tradizione e della volontà di rappresentare il proprio presente, scavando nella concatenazione di eventi che l’hanno generato e nella dialettica tra virtualità e realtà che ogni possibilità futura sottende. Da questo imperfetto impasto temporale, l’artista estrapola i lineamenti del proprio mondo. Attuale è l’intervento pittorico, che invade lo spazio sociale e interferisce sui tradizionali mezzi di comunicazione: cartelloni pubblicitari, piattaforme di social networks, immagini dai mass media.  L’intervento gestuale su cartelloni pubblicitari, fotografie, pannelli e radiografie è il modo privilegiato di proporre una singolare narrazione, in cui l’autore non dipinge. Un linguaggio di immagini si ripresenta come pretesto: utile, soprattutto, alla testimonianza di esperienze individuali e collettive.

Alla concretezza del materiale di supporto, si sovrappongono le effigi e i segni creati dall’azione estemporanea. Particolari letture ideali o prettamente politiche dei tempi sono escluse, mentre tutto è  giocato all’interno di una grammatica del colore, del tratto, di simboli e archetipi. Una logica della sensibilità si insinua nel flusso immaginifico, fino alla scoperta di nuove dimensioni. Le prospettive dei paesaggi, le sembianze dei ritratti, il collage di immagini sovrapposte, fotografate e innestate, costringono i nostri sensi ad interrogarsi sui concetti di riconoscibilità umana, geografica e storica. Il pulviscolo che scaturisce dalla disgregazione delle figure conserva un minimo di identificabilità, oppure scivola, s’incanala in direzioni sorprendenti, creando nuove illusioni.

Il futuro è apocalittico perché, da una parte, disumani e catastrofici sono i tempi che stiamo vivendo e, dall’altra, perché sorprendente può essere la rinascita vitale e spirituale che ci attende. L’ottimismo dell’opera emerge dal carattere catartico della testimonianza, dalla lucidità dell’espressione, dalla nascita di inaspettate stratificazioni simboliche. Istintiva e ingenua, originaria e pura,  la pittura esplora l’istante, testimonia l’emergenza e la rivolta di una sensibilità violata. Movimento informe e sofferto, l’atto insegue la figura come destinazione di un messaggio precario.
Tutto è giustificato. La soluzione finale è irrimediabilmente rimandata. Nel futuro anteriore di ogni definizione, sempre ad un passo dalla decisione irrevocabile, un nuovo dominio è fondato, in cui esiti e residui di ogni prova tendono ad un comune limite e conquistano lo stesso valore.
Ciò che verrà prima della fine dei tempi, sarà sempre la misteriosa e tremenda insistenza della vita all’interno delle dinamiche del progresso. L’opera, attraverso l’intervento dell’artista, verrà partorita con dolore dalla macchina che la teneva imprigionata. Maieutica delle sensazioni, l’operazione di Jean Paul Charles tenta di riportare alla luce l’enigma dell’esistenza da un mondo meccanizzato e alienante. Un’indecifrabile dimensione sembrerà scaturire dall’insistente lavoro di lima sul segno e sul colore. Un’ombra e una speranza di rigenerazione si potranno stagliare dietro ai contorni di ogni possibile rappresentazione.

Ciò che verrà prima della fine dei tempi, sarà sempre la misteriosa e tremenda insistenza della vita all’interno delle dinamiche del progresso.

Jean Paul Charles, Le Marathon, photo by Mauro Franco
Jean-Paul Charles, “Le Marathon”, foto di Mauro Franco

La corsa, durante l’estenuante percorso della maratona, libera endorfine, sostanze prodotte dal cervello e catalizzatrici di una potente capacità eccitante. Da sempre artista, Jean-Paul Charles ha praticato per anni lo sport. Ha deciso di collegare i campi dell’espressione creativa e dell’agonismo, a prima vista così distanti tra loro, nel momento di massima concentrazione estatica. La performance, che è nata da questa idea, unisce la concettualità, l’energia e la gestualità, la rappresentazione improvvisata e automatica: aspetti fondanti dell’arte contemporanea, in una particolare visione totale che ci potrà riservare insospettate sorprese terapeutiche, didattiche, teoriche e sportive.
Jean Paul Charles è intervenuto per tre volte durante il percorso della Turin Marathon sui supporti che caratterizzano la sua pratica artistica: radiografie, manifesti pubblicitari e nylon. Ha riportato, con un metodo singolare, l’atto estetico alla sua accezione originaria di esperienza sensoriale. L’arte, attraverso i sensi, attraverso il corpo che noi siamo, si sprigiona da momenti di intuizione strettamente collegati alle situazioni fisiche: il movimento, la corsa, la fatica agiscono come catalizzatori, si pongono come privilegiate situazioni di liberazione interiore, di gestualità svincolata da convenzioni, di emancipata creatività.

Ivan Fassio

Opere di Jean-Paul Charles

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