Versi dal passato e proiezioni del futuro | Una lettura dai “Cantici Elettrici” di Charlie D. Nan

Una bottiglia di latte, dunque, è il simbolo del latte?

Kazimir Màleviç, Manifesto del Suprematismo

Hakim Bey sosteneva che il compito dell’avanguardia non fosse quello di aprire le porte ad un’élite sofisticata, che potesse, con i suoi insegnamenti, indicare la via della salvezza. Al contrario, l’inventore della T.A.Z., pseudonimo di Peter Lamborn Wilson, credeva che l’avanguardia dovesse agire in una direzione di totale democratizzazione dell’arte, per rendere tutti gli uomini degli artisti. Questo processo era volto a creare non un sistema gerarchico, bensì, partendo dalle pratiche, esattamente come volevano Guy Debord e i situazionisti, ottenere una maggiore orizzontalità: uscire dai musei, rompere le maglie dello spettacolo e cambiare la vita quotidiana.

In Russia furono i Suprematisti, per primi, a intuire che l’arte dovesse sganciarsi dalla rappresentazione pura e semplice. Anche oggi, con circa cento anni di ritardo, la letteratura sta subendo lo stesso processo iniziato in pittura: esattamente come il pittore moderno non dipinge più vedute campestri, il poeta moderno non compone più odi alla luna e all’amata, ma è libero di trasfigurare la realtà prendendo a piene mani tutto quello che la narrazione transmediale gli offre.

William S. Burroughs, frame da Decoder, regia di Muscha, 1984

Secondo William S. Burroughs, che in testi come La macchina morbida e Pasto Nudo aveva intuito che il linguaggio fosse un virus extrasensoriale capace di controllare la mente umana, la musica e le immagini, in fase di montaggio, possono essere utilizzate per scatenare una rivolta di massa, decretando zone temporaneamente autonome dal pensiero dominante. Si tratta di un artefatto della sua epoca, o c’era qualcosa di più?

In un articolo del «Washington Post» del 12 giugno ’82 si rileva: “Mercoledì la polizia ha fatto irruzione nella sede del partito alternativo List, confiscando una cassetta che conteneva registrazioni di rumori di guerra che il partito aveva intenzione di riprodurre sugli altoparlanti durante la manifestazione di oggi ”.

Maeck, report dalla manifestazione contro Ronald Reagan a Berlino Est
Una camionetta della polizia seda la rivolta a Berlino Est, 1982

Nel leggere un libro come Cantici Elettrici di Charlie D. Nan (Edizioni del Faro, 2023), sembra che le istanze rivoluzionarie degli anni ’70 possano convivere sulla pagina con la prosodia beat e immaginifica di un autore contemporaneo, che sembra allucinato dalle stesse visioni che hanno portato il poeta Carl Solomon a scrivere un’ode ad Artaud e Allen Ginsberg, in Kaddish, a dedicare un poema alla madre elettroshockata. Ma sarà forse il caso di addentrarsi meglio nei versi dell’autore:

e suoni scorticati vivi non trovano
notti troppo ipnotiche per scegliere
di non guardarci dentro

Cantico dei fumi e dei caduti, p.28

In uno scenario post-apocalittico e cyberpunk, la poesia di Nan opera come un grimaldello nella memoria dei lettori più docili e dormienti. Sin dal primo Cantico Elettrico, assistiamo a una riproduzione di suoni, parole e immagini «make up» che collassano le epoche storiche e i confini geografici in uno spazio unico che definirei assoluto – quello letterario, in continuità con l’epica di Pound – dove Torino si avvicina a Genova, l’Italia alla Tunisia, le citazioni da Borges si sovrappongono a quelle da Dostoevskij e i demôni del secolo passato inseguono quelli della società odierna.

Nan, perfettamente cosciente di vivere nell’epoca della post-verità, nella sua prima opera sembra suggerirci di recuperare i versi del passato e di sovrapporli alle immagini della TV, della radio, del cinema, del web, per ricavarne qualcosa di nuovo e dirompente.

Non saprei definire con esattezza cosa si intenda con elettrofuturismo. Meglio di me lo dicono le parole dello stesso Nan: «Se con i primi futuristi lo schema potrebbe essere riassunto come caos vs ordine mentre con i dadaisti e nella seconda metà del ‘900 lo schema è ordine vs caso è necessario, ora come ora, che l’opera d’arte incarni un intreccio cosciente di caos—ordine—caso di immagini, eventi, suoni e linguaggi.» Questo metodo, casuale ma organizzato, è il frutto di una tecnica precisa mutuata da Burroughs, che l’autore si è spinto a chiamare zapping.

Esplosione della bomba atomica su Hiroshima, 1945

Da questo punto di vista, la sperimentazione di Nan è radicalmente viscerale. Se prendiamo ad esempio il fotogramma dell’esplosione della bomba atomica sulla città di Hiroshima alla fine della Seconda guerra mondiale, la coscienza umana si oppone all’alienazione provocata dalla ripetizione delle immagini trasmesse, creando un cortocircuito cognitivo. In tal modo, «cambiando canale», contrapponendo un’immagine o un suono apparentemente opposti, si innesca una crisi linguistica. La parola diventa il medium di un mondo travolto dalla sclerosi del segno. E la crisi del linguaggio è la crisi della realtà, proposta fotogramma dopo fotogramma dal poeta.

Belve implorano la lasciva vita
e in un aspro e rapido frammento
raccontano il fardello della Storia

Cantico del vento, p. 61

La funzione della poetica di Nan non è però da ricercare soltanto nei significanti: essa è un continuo generatore di suoni ed emozioni, a volte contrastanti tra loro, uno zaum ambiguo di ritmi e sensazioni che dalla mente si propagano al corpo, restituendo la complessità di una realtà post-apocalittica. È qui che, dalle profondità di un hangar antiatomico, il poeta urla l’ultimo grido dell’umanità: è in questo suo ruolo di testimone privilegiato di un mondo al capolinea, il suo reale e più sottile significato.

Charlie D. Nan in una performance di Salinika a Torino, 2017

Per andare più a fondo, se prendiamo ad esempio un verso da Cantico del Gas, si capisce perfettamente cosa intenda l’autore con il suo assioma: «Maggiormente il linguaggio del poeta aggredisce le immagini del presente, maggiormente i suoi versi saranno una proiezione del futuro.»


L’AMORE È GAS!
Gas sul Lungo Dora Firenze!
Gas per finalità predisposta!

Cantico del Gas, p. 71


Questa poesia è del 2017 e ha anticipato di due anni lo sgombero dell’Asilo di corso Alessandria a Torino e di cinque anni la guerra in Ucraina. La poesia di Nan è il perno grazie al quale «irrompere visionari» attraverso la spessa coltre della realtà falsificata dai canali dell’informazione e anticipare un «futuro a tasso ridotto» (Cantico Anarchico), nel quale «la Cina avanza» e «Mao ringiovanisce» sui muri di Aurora, per dare inizio a un movimento che non si limiti a «dare ordini a tutto» ma che apra gli occhi verso «i canti della strada».

Se i riferimenti più eminentemente politici si fanno spazio tra le righe, risultando criptici, a volte volutamente ermetici, molti dei versi che compongono i Cantici probabilmente sfuggiranno alla volontà del suo stesso autore. Se questa pubblicazione sarà l’inizio di una riapertura del dibattito sulle avanguardie, non ci è dato sapere. Ma visto che il nostro presente non è poi così diverso dall’utopia della techne immaginata dai futuristi, è meglio collocare le speranze di un futuro ancora irrealizzato, in cui la mediazione simbolica avrà abolito ogni gerarchia, nella prassi, piuttosto che in un passato primitivo e idealizzato, in cui non avverrà mai. Ed è qui che finisce l’artista e comincia l’essere umano. Leggete i Cantici Elettrici, anche se forse non scatenerà rivolte nelle strade, perché si tratta del libro simbolo di questi tempi estremi.

Charlie D. Nan, Cantici Elettrici
80 pagine, copertina con alette interne
Edizioni del Faro, 2023
Disponibile sul sito dell’editore
Immagini tratte da Decoder (1984)

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