Dal dripping allo zapping

Di recente, il Gruppo d’azione poetica SALINIKA ha redatto un articolo – Da Dante alla performancenel quale si spiega come la delegazione della parola poetica alla sola pagina scritta equivalga a costringerla ad una marginalità rispetto al ruolo specificatamente orale che le sarebbe proprio. A questo punto non rimane che indagare quali siano – o quali potrebbero essere – le implicazioni generali di una poesia moderna e contemporanea sul versante della scrittura. Del resto furono i futuristi russi, per primi, ad accorgersi delle potenzialità della parola poetica sganciata dalla pagina, traendone un’esplosione sonora e immaginifica allo stesso tempo.

In Italia fu Leskovic, in Immensificare la poesia (1933), a intuire che la parola, con l’avvento della modernità, aveva assunto sembianze nuove, proponendo, per analogia, gli advertisment luminosi nelle città. Di fatto la parola – tramite la pubblicità – si era già liberata del foglio.

Hong Kong At Night

Il concetto di parola come «oggetto verbale» nasce con il Suprematismo e successivamente entra a far parte del lessico dei futuristi. Tuttavia, l’attuale sviluppo tecnologico ci mette di fronte al superamento di tutto questo. Si pensi ad una parola battuta in un documento di Word: la si può tagliare, copiare e modificare in infinite combinazioni, tanto da poter parlare di essa come oggetto «ipertestuale».

L’ipertesto è alla base di molte poesie digitali esposte alla Pinakothek der Moderne. Immaginiamo per un momento se, in un futuro prossimo, potessimo creare parole giganti in una realtà virtuale, creando effetti luminosi come quelli di Leskovic, non più per mezzo di neon sfrigolanti ma solamente grazie all’impulso elettrico contenuto all’interno di un microchip. A quel punto la parola sarà ancora categorizzata come «oggetto» oppure la sua dimensione oggettiva sarà superata da qualcos’altro?

La parola ha conosciuto, in epoca postmoderna, una nuova dimensione immateriale. Per citare Majakovskij, «la parola entra in una nuova era; come renderla poetica?».  Scevri da ogni forma di cinismo non rimane che celebrare la ferocia del segno, con la quale esso si manifesta poiché ognuno di questi segni è parola e quindi linguaggio.

“La parola entra in una nuova era; come renderla poetica?”.

– Vladimir Majakovskij

Al Festival della scienza di Genova è stato presentato il modello di un robot in grado di replicare alcune delle più basilari reazioni umane. L’emulazione è figlia della ripetizione e, proprio quest’ultima, è l’aspetto più evidente per distinguere la postmodernità rispetto alle altre epoche. Essa si è manifestata nella riproduzione perfetta e continua di centinaia di migliaia di oggetti con caratteristiche l’una eguale all’altra. Si faccia caso ai libri: una casa editrice stampa milioni di copie di un bestseller senza che vi sia una sbavatura. Il led compone insegne luminose per la strada che stanno illuminate per anni sempre con la stessa tensione e garantendo la stessa luminosità. Pertanto viene messa in crisi la naturale imperfezione di ciò che sta in natura, ma anche di ciò che era artificio. Il pezzo unico non ha più senso di esistere. Warhol, intuendo questo fatto, cominciò la produzione in serie delle sue opere che ritraevano icons del capitalismo: dalla bellissima e perfetta Marylin ai fagioli ottimamente inscatolati.

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Un ruolo di rottura nei confronti della ripetizione perpetua nella storia dell’arte rappresentativa e letteraria è stato assunto, invece, dal caso come rifiuto di ogni atteggiamento razionale e del modello organizzativo della società moderna. I dadaisti ne erano estremamente coscienti. Hans Arp affermava: «La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria». Il vetro di Duchamp, quando venne trasferito in Europa, si ruppe e lo stesso artista chiese che fosse lasciato così, con la polvere che aveva accumulato sopra, considerando arte l’apporto che il caso aveva fornito.

Nel dripping il gesto è medium del disagio dell’artista nei confronti della società organizzata. Solo ed unicamente l’assonanza tra i colori dona equilibrio all’opera, tanto da procedere verso un’idea di libertà assoluta e non di un imprigionamento della frenesia del pittore. L’unico limite al colore è la gravità, alla quale tutto il mondo è inesorabilmente soggetto.

Arrivando alla letteratura, la mente va subito al cut-up di burroughsiana memoria, di cui tanto si è detto e sul quale non mi soffermerò più di tanto. Basti pensare che Burroughs affermava: «La coscienza è un cut-up; la vita è un cut-up. Ogni volta che andate giù per la strada o guardate fuori dalla finestra, il fluire della vostra coscienza è tagliato da fattori a casaccio».

“La coscienza è un cut-up; la vita è un cut-up. Ogni volta che andate giù per la strada o guardate fuori dalla finestra, il fluire della vostra coscienza è tagliato da fattori a casaccio”.

– William S. Burroughs

Ad ogni modo, considerando la potenza con cui la macchina incide sulla realtà, mettere in discussione  il linguaggio poetico e letterario non è più sufficiente. Pare necessario, quindi, compiere un passo ulteriore: la riconnessione tra arte e vita operata in termini industriali dalla neoavanguardia non è che il punto di partenza. Con la fusione tra l’uomo e la macchina giunta al culmine, essa opera in termini di impulso come «produzione continua» di segni per associazione meccanica. Se con i primi futuristi lo schema potrebbe essere riassunto come caos vs ordine mentre con i dadaisti e nella seconda metà del ‘900 lo schema è ordine vs caso è necessario, ora come ora, che l’opera d’arte incarni un intreccio cosciente di caos—ordine—caso—- – – – di immagini, eventi, suoni e linguaggi.

Appropriandosi della definizione zapping, lo si considererà un gesto di frammentazione di realtà esistenti in uno stesso momento. Si immagini un documentario che riproduce l’esplosione della bomba atomica: sta accadendo di fatto nelle immagini, anche se è già accaduta nella storia. Estremizzando il concetto, se un giorno riprendessero la vita di un uomo dall’inizio alla fine e tali immagini fossero salvate in un database, chi le vedrebbe potrebbe dire di aver assistito alla vita di tale soggetto e tale vita si ripeterebbe nei fatti tutte le volte in cui essa viene riassunta dal video. Lo zapping è un gesto di ripetuta coscienza legato irrimediabilmente al caso. Le immagini si susseguono entropicamente in successione e per quanto si procederà volontariamente, involontaria-mente ci si imbatterà in una nuova storia trasversale alla realtà. Solo una volta conosciuti i contenuti dei vari canali si potrà tornare a cercare quello che si desidera senza avere la certezza di ritrovarlo e senza certamente ritrovare la stessa immagine. Così anche il poeta procederà con il proprio testo. La crisi del linguaggio è la crisi della realtà proposta fotogramma dopo fotogramma dal poeta. Ordine e caos si intrecciano legati dalla volontà di partecipare alla proiezione del futuro e la proiezione stessa del futuro di un mondo disciolto nella frenesia contemporanea.

La crisi del linguaggio è la crisi della realtà proposta fotogramma dopo fotogramma dal poeta.

Rispetto alle tecniche di collage e di dripping, vi è in questo caso una lucidità ulteriore. Vi è una crisi semantica, una crisi di linguaggio ma affine ad un concetto di trasmedialità vicino allo ZAUM di Khlebnikov[1] che ne pervade le strutture. La poesia abbandona la sua dimensione convenzionale e, semplicemente, si manifesta.

Per evitare che lo zapping lavori unicamente sui significanti, si sostiene che il significato si riesca a trovare nella capacità di un continuo generatore di emozioni. Potremmo quindi percepire una realtà diversa rispetto a ciò che realmente dovremmo toccare o vedere o assaporare nelle parole del poeta. Il risultato è un linguaggio estremizzato nella sua forma più piena.

La parola (o oggetto verbale, ipertestuale, virtuale) assume dunque un significato assoluto. Assoluto nel senso delle libertà della sua interpretazione e nella propria attribuzione. Ecco perché, come sosteneva Percy Bysshe Shelley: «I poeti sono i non riconosciuti legislatori del mondo».

Ciò si evince, inoltre, nell’aspetto grammaticale, poiché la parola è isolata dal periodo ma ne dà significato allo stesso tempo. Già Nanni Balestrini in Caosmogonia (Mondadori, Lo Specchio, 2010) sembra cosciente di questo. In Empty cage i versi sono un generatore automatico di impulsi ritmici e neuronali. La parola è il medium di un mondo travolto dalla sclerosi del segno. La proposizione della doppia sestina assoluta è la testimonianza del sincretismo tra composizione metrica e parola.

La parola è il medium di un mondo travolto dalla sclerosi del segno.

Nello zapping sono stati proposti alcuni esperimenti sugli schemi metrici e la loro fusione con la parola. Il più recente è stato sviluppato tenendo in considerazione i poeti della tradizione russa di metà ‘900[2]. Comunque, a partire dalle nuove combinazioni, si è pensato di immaginare tali schemi metrici come realtà oggettive quali mondi o storie che, tagliate, potessero essere riproposte durante lo scorrimento del testo poetico.

Questa è una presentazione in termini generali di ciò che è lo zapping e di cui si avranno ulteriori approfondimenti anche in relazione alle ulteriori sperimentazioni. In conclusione, si può certamente affermare che lo zapping è solo una delle tante letture di una modernità complessa. Se la poesia parla del principio delle cose, finché scorrerà il tempo e la storia dell’umanità procederà verso la sua fine inesorabile, lo spirito di ricerca animerà il poeta e la sua lettura della realtà che lo circonda.

Illustrazione di Mirko Matricardi

[1] Per approfondimenti, è consigliata la lettura di Franco Berardi Bifo, Dopo il Futuro, DeriveApprodi 2013
[2] Per capire un po’ la storia dell’evoluzione del sonetto russo è estremamente consigliato l’articolo http://www.europaorientalis.it/uploads/files/1999%20n.1/1999%20n.%201.3.pdf.

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