Il nuovo
mondo che sorge senza ceppi e senza
vincoli di muraglie e di frontiere
uno ed uguale per gli uguali libero.
– Lauro De Bosis, Icaro
Come scrive il professor Barbero, bisogna saper distinguere tra memoria e storia. La memoria può essere un fattore assolutamente personale, che fa parte della storia senza però entrarci veramente. Ad esempio, la memoria di un piccolo Balilla durante il ventennio fascista potrebbe essere attraversata anche da ricordi felici, se questo bambino è appartenuto ad una buona famiglia, ligia al lavoro, al dovere, alla divisa. Se suo padre ogni giorno portava il pane in tavola, essendo tesserato al partito fascista, senza tante storie.
I problemi durante il regime li avevano altri: gli oppositori politici come Giacomo Matteotti – ucciso dai fascisti perché aveva osato denunciare i brogli elettorali di Mussolini in Parlamento – gli intellettuali non allineati o apertamente comunisti come Antonio Gramsci – che venivano imprigionati e mandati al confino – chi provava a manifestare il proprio dissenso, che veniva costantemente percosso, intimidito, privato della sua libertà e a volte anche ammazzato.
Ecco, tenendo a mente queste cose, non si può certo dire che il fascismo abbia fatto anche cose buone o che i partigiani abbiano giocato a sconfiggere dei vecchi suonatori jazz. Sappiamo bene com’è andata la storia, al di là della memoria di ognuno. Abbiamo vinto noi, motivo per cui in Parlamento oggi siedono forze di destra, di centro e di sinistra. Ma il fascismo, purtroppo, non se n’è mai andato.

Le cause di questo risultato sono molteplici e hanno a che fare con il mancato processo di de-fascistizzazione italiana, dal fatto che l’Italia ha processato alcuni combattenti partigiani e non gli ex gerarchi fascisti, che sono stati tutti inglobati nel nuovo corso democratico, costruito dall’accordo tra Democrazia Cristiana e Stati Uniti, motivo per cui a molte forze politiche non era concesso di prendere il potere, sebbene negli anni ’60 avessimo il Partito Comunista più forte d’Europa.
Anche se le cose dal Novecento sono molto cambiate e viviamo, di fatto, in uno Stato di diritto, con una Costituzione antifascista che sancisce l’uguaglianza tra tutti gli esseri umani, non si può certo dire che oggi l’Italia abbia affrontato il proprio passato razzista e coloniale. Motivo per cui ogni tanto i simboli del colonialismo vengono presi di mira dai manifestanti nei luoghi pubblici, che colpendo questi simboli stanno cercando di rimettere in discussione quel periodo, aprendo un dibattito che è ancora in corso. Per lo stesso motivo, gli attivisti e le attiviste di Ultima Generazione si incollano alle opere d’arte: a che pro’ continuare a godere passivamente della bellezza, se gli effetti del cambiamento climatico avranno distrutto l’umanità?

Oggi chi prova a fare una scritta su un muro rischia fino a tre anni di carcere. La sorveglianza speciale sugli immigrati voluta dall’esecutivo presieduto da Giorgia Meloni renderà la vita impossibile a milioni di famiglie razzializzate.
Orientiamo la memoria a ciò che sta accadendo oggi: quando – presto o tardi – verranno aperti i cancelli dei lager in Libia – paese con cui ad oggi l’Italia ha rinnovato gli accordi per il respingimento dei migranti – probabilmente assisteremo alla più grande violazione dei diritti umani della storia recente. Allora la memoria comune dirà “non sapevamo”, “non potevamo immaginare”, ma le vite spezzate di tutti quelli che abbiamo bloccato, torturato e fatto soffrire rimarranno come un segno indelebile nella storia, così come nella memoria di quei bambini che si sono visti privare di una madre e di un padre, per la nostra paura della miseria.
Cosa significa essere antifascisti oggi? Innanzitutto, comprendere che tutto è politica e che dalle nostre azioni dipendono le sorti di migliaia di persone. Generalmente, chi non si occupa di politica è sempre un fascista. Proprio perché parte dal presupposto che ci sia un uomo forte – o per guardare all’attualità, una donna forte – che agisca e pensi per lui. Proprio per questo, ogni libera azione utile al dissenso – in questo momento storico – dev’essere difesa ed entrare a far parte di una narrazione comune. Raccontare questa storia acquisisce un senso in più.