Performance telefoniche attraversano il Novecento nella poesia e nell’arte contemporanea – come non pensare, in tal senso, a Dial-A-Poem di John Giorno; poetry call ne ribalta, però, il principio: le linee non sono più dieci e chi è in cerca di evasione può chiamare ma, allo stesso tempo, vede gli autori, elenco telefonico alla mano, chiamare persone in tutta Italia, entrare nelle loro vite e, come si vedrà, con lo scopo di esorcizzare i riti della vendita.
Ci sono lavoratori che lo fanno sempre, fino a otto ore al giorno.
Telefonano a persone che non conoscono e cercano di vendere un servizio; di convincere chi si trova dall’altra parte della cornetta a cambiare fornitore di luce e gas, assicurarsi sulla vita, fare improbabili investimenti finanziari.
La vita degli operatori di call-center è scandita da sequenze della durata di pochi secondi, in rare occasioni: minuti. Subiscono, più di ogni altro, la tortura delle cifre. La loro mente, attraverso i click sulla tastiera, i segnali sul monitor, il tut tut degli avvisi di chiamata, si modella sulle necessità del capitale, assume la stessa geometria delle tecnologie che li circonda.
Nel medioevo era comune garantire la pace ultraterrena alle anime dei soldati morti nelle battaglie tra regni cristiani – pensiamo alla Guerra dei cent’anni – e che migliaia di monaci spendessero le loro giornate in preghiera; i monarchi riconoscevano, a questo proposito, cospicue somme di denaro alle comunità religiose. Oggi quelle stesse energie si sacrificano sull’altare del capitalismo.
La vita del telefonista ricorda quella del cistercense: i capitali si fermano alla sommità dell’impresa e a lui è riconosciuto un quantitativo di denaro appena sufficiente – quando la sua devozione è totale nel credo della vendita – per un minimo sostentamento.
La vita del telefonista ricorda quella del cistercense: i capitali si fermano alla sommità dell’impresa e a lui è riconosciuto un quantitativo di denaro appena sufficiente – quando la sua devozione è totale nel credo della vendita – per un minimo sostentamento.
Così, per solidarietà nei loro confronti, abbiamo cercato di dare forma a un’utopia: abbiamo chiamato oltre cinquecento numeri. Cento per ogni mitilante. Senza sosta, fino al raggiungimento della cifra.
Ad aprile, in una singola giornata, abbiamo disegnato un mondo nel quale, quando il telefono squilla e sullo schermo compare un numero sconosciuto, che il prefisso sia di Milano o di Londra, si può rispondere senza timore.
Infatti, ciò che stai per ricevere è un dono.
Non un bene di consumo, qualcosa che non può essere rivenduto ma solo trasmesso: raccontato. Le parole, per la loro volatilità, non possono essere bloccate da alcuna gabbia, soprattutto quando non si ha la tempestività di trascriverle.
Non un bene materiale dunque, ma un’idea, un racconto, una produzione orale che configura il tentativo di strappare il velo blasé dell’indifferenza. Esistono, su questo pianeta, altre persone oltre a te e alla cerchia di chi ti è più prossimo. Persone con le loro gioie, i loro dolori, i loro problemi, i loro progetti.
Ad aprile, in una singola giornata, abbiamo disegnato un mondo nel quale, quando il telefono squilla e sullo schermo compare un numero sconosciuto, che il prefisso sia di Milano o di Londra, si può rispondere senza timore. Infatti, ciò che stai per ricevere è un dono.
Abbiamo affrontato con questo spirito l’esperimento e così, a chi ce ne ha dato la possibilità, abbiamo letto una nostra breve poesia.
– Il 10% delle persone contattate ci ha lasciato leggere.
– Il 50% dei numeri non ha risposto o a farlo è stata una segreteria telefonica.
– Il 90% ci ha detto di non volerci ascoltare.
Mentre noi cercavamo di proporre le nostre storie, siamo entrati in contatto con una varietà incredibile di esperienze che, a loro volta, ed è questo l’aspetto più significativo, ci hanno lasciato dentro una traccia indelebile: ricordi di realtà sociali e geografie che, altrimenti, non avremmo mai avuto modo di attraversare.
Coinvolgere le persone in una conversazione che simula la struttura della vendita telefonica, di un servizio, di un prodotto benché il tema sia qualcosa che, di per sé, non può essere mercificato.
Il video
Ad aprile del 2019, con Nicolò Puppo, ho girato questo video. La nostra intenzione era di documentare il progetto dei Mitilanti [1], poetry call.
Il luogo ripreso per gli interni è il Patronato INCA della Cgil La Spezia scelto perché bene poteva rappresentare un contesto lavorativo. Le sedi dei sindacati hanno lo stesso mobilio degli uffici delle aziende private.
Mitilanti, Poetry call – Aprile 2019
Sulla varietà testuale
A seconda del contesto comunicativo operiamo delle scelte, nello specifico simulare un call center richiedeva di seguire un canovaccio uguale per tutti. “Buongiorno sono: __ dei Mitilanti, parlo con ___? La chiamo perché desidero farle un dono/regalo. Il dono/regalo è una poesia, lei è in una performance, e desidero leggerle una poesia.” I brevissimi componimenti che sono stati utilizzati nella performance nascono in funzione di una diffusione orale e presso un pubblico eterogeneo e non-specialista, erano già stati prodotti e/o pubblicati; per poetry call sono stati editati o ridotti di estensione. Sequenze che si collocano tra la varietà standard e neo-standard dell’italiano; oltretutto, sul livello lessicale, per quanto possibile, la collezione dei termini doveva essere circoscritta a quelli di maggiore frequenza nel dialogo comune. Per questa ragione il loro tono è scapigliato, aforismatico o si tratta di calembour che mimano i processi linguistici dei demotismi.
In giro
alle sei del mattino
ci sono solo i mezzi pubblici
e i mezzi scemi
ma guardati i piedi
le ruote non ce l’hai.
(Andrea Bonomi)
E sul mio cuore
che ti ho fatto tenere
in mano
hai spento sigarette,
perché dicevi
di provare da sempre
un amore sincero
per le cose
a pois
(Andrea Fabiani)
[…] Di tutti i gesti, l’abbraccio
che unisce due, separa il mondo.
Di tutte le bandiere, il Nepal.
Di tutti i liquidi, quello seminale.
Di tutti i vegetali, il broccolo romano
che porta i frattali negli orti.
Di tutti i lungomari, Beirut.
Di tutti i numeri, l’ultimo,
dispari.
Di tutte le paure, quelle sopite.
Di tutti i precipizi, quello che mi si apre nel petto
mentre
immobile
ora
ti guardo
andartene.
(Filippo Lubrano)
[…] alziamo il volume
ipnotizziamoci il corpo
moltiplichiamoci l’anima
se non è amore
sarà comunque vita
(Alfonso Pierro)
Nel buio avevi raccolto dei fiori ma
non eri stata capace di riconoscerli,
erano fiori bellissimi, avevi detto – anche se
non avevi potuto portarli qui, svegliandoti.
Fossimo stati nello stesso buio
ci saremmo aiutati a vicenda – al mattino
avremmo scritto, a turno, delle sillabe.
Tu una, io quella seguente; ce lo eravamo detti
fermi in tangenziale: per fare un nome
servono almeno due persone, per disfarlo
il silenzio di uno solo.
(Nel mio caso quella che chiude la mia raccolta Caratteri, Vydia editore)
1 I Mitilanti sono Andrea Bonomi, Andrea Fabiani, Filippo Lubrano, Alfonso Pierro e io.