1
La solitudine ininterrotta da cui gli altri bevono
nell’ora dell’aperitivo
non è il mio bicchiere è la mia tomba,
che mi porto alle labbra,
mi dimeno in lei fino a perdermi di vista
nel suo morbido ondeggiare.
La solitudine non è il mio canarino è il mio mostro
come se abitassi in un manicomio.
2
Vergine, sarei falso se non te lo dicessi:
un cuore si mangia o si rifiuta,
non è un vaso di fiori né una poesia.
Fosti vicina, vicina a raggiungermi
ma ti mancò il corpo.
Il mio cuore non puoi lasciarlo nella tua scatola
assieme agli orecchini e alle fotografie.
Ora te ne regaleranno uno migliore.
3
Tutto è sul piede di guerra, tranne me.
La casalinga sul piede di guerra
contro il ratto che la invade,
i bambini sul piede del proprio futuro, con una guerra dinnanzi,
gli uomini sul piede del piede di guerra con stendardi e proclami.
Tranne me, sul piede di cosa?
sul piede della poesia, sul piede del nulla.
4
Vivere separato dalla donna
mi riferisco a questa specie di suicidio
sul ciglio della follia,
e, per una ragione o per un’altra, passa il tempo,
come direbbe il poeta, senza di lei.
Qui in questa città, in un alveare di vetro,
nella mia cella ermetica
rubo alle ore anguste della mia ragione, ammazzandomi
nel lavoro sterile del poeta,
nella sua impotenza laboriosa.
Senza donna, spaventato, laborioso.
5
Insieme a una vergine che mi dà da bere
la sua dolcezza fino allo sfinimento,
frutto di cera, tropicale:
l’amore quasi a immagine
e somiglianza di ciò che sarebbe,
in realtà un pupazzo parlante
e il gioco pericoloso
di non infiammarsi in frutti reali.
Castigo: l’impotenza, gli errori sessuali,
la tristezza, il desiderio di morire.
6
Le donne
imbevute di tutto ciò che esiste
bene o male, non importa.
Grandi spugne accomodanti.
Esse che sono il mio grande risentimento
la mia secrezione delle rancorose ghiandole,
il mio pane, la mia solitudine quotidiana.
Seis soledades
1
La soledad sin pausa de la que otros beben
a la hora del cocktail
no es mi vaso es mi tumba, me la llevo a los labios,
braceo en ella hasta perderme de vista
entre su oleaje mórbido.
La soledad no es mi canario es mi monstruo
como si cohabitara con un asilo de locos.
2
Virgen, sería falso si no te lo dijera:
un corazón se come o se rechaza,
no es ni un jarrón con flores ni un poema.
Cerca estuviste, cerca de alcanzarme
pero te faltó el cuerpo.
Mi corazón no puede dejarlo en tu cajita
junto con los aretes y las fotografías.
Ya te regalarán uno mejor.
3
En pie de guerra todo, menos yo.
Ama de casa en pie de guerra
contra la rata que la invade,
niños en pie de su futuro, con una guerra por delante,
hombres al pie del pie de guerra con insignias y proclamas.
Menos yo en pie de qué,
en pie de poesía, en pie de nada.
4
Vivir del otro lado de la mujer
me refiero a esta especie de suicidio
borde la locura,
y, por una razón u otra, pasa el tiempo
como diría el poeta, sin ella.
Aquí en esta ciudad, en un panal de vidrio,
en mi celdilla hermética
robo a la angustia horas de mi razón, muriéndome
en el trabajo estéril del poeta,
en su impotencia laboriosa.
Sin mujer, con espanto, laborioso.
5
Junto a una virgen que me da a beber
de su dulzura hasta el enervamiento,
fruto de cera, tropicales:
el amor casi a imagen
y semejanza de lo que sería,
pero muñeco, en realidad, parlante,
y un peligroso juego
de no inflamarse en frutos verdaderos.
Castigo: la impotencia, los errores sexuales,
la tristeza, el deseo de morir.
6
Las mujeres
imbuidas de todo lo que existe
bueno o malo, no importa.
Grandes esponjas acomodaticias.
Ellas que son mi gran resentimiento
mi secreción de rencorosas glándulas,
mi pan, mi soledad de cada dia.
[…] via Sei solitudini | Enrique Lihn — NEUTOPIA […]
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