Ieri, 27 settembre 2019, c’è stato il terzo sciopero per il clima e il numero di persone che si è presentato per sostenere il movimento di Friday for Future ci ha sorpreso e commosso. Più di cinquantamila persone hanno invaso le strade di Torino per chiedere alla politica italiana di cambiare l’agenda climatica. Ho raggiunto al telefono Roberta, attivista del collettivo Extinction Rebellion, per sapere com’è andata.

“Molti giornali hanno già scritto che le persone presenti a Torino erano circa cinquantamila: non è vero, eravamo molti di più! Sono salita sul furgone che era a capo della folla a un certo punto, quando ci siamo fermati tutti in piazza Vittorio, e ho guardato verso il centro: la piazza era stracolma e c’era talmente tanta gente che alcuni hanno dovuto occupare parte di via Po.”

Il movimento Friday for Future si è attivato in diversi paesi del mondo. Molti lo hanno organizzato il 20 settembre, ma qui a Torino si è deciso di farlo una settimana dopo per la Climate Action Week (una settimana di eventi, presidi, laboratori, flash mob, dedicati al tema). “Abbiamo pensato che presentare la manifestazione di oggi come evento conclusivo al movimento avrebbe riscosso più successo, avremmo stimolato più interesse e raccolto più adesioni. Ha funzionato perché la risposta di oggi è stata incredibile: il numero di persone e l’entusiasmo che si è scatenato è stato sorprendente. Anche quando abbiamo avuto problemi tecnici e abbiamo accumulato ritardo, la gente non stava più nella pelle e non vedeva l’ora di iniziare a urlare.”
“Anche quando abbiamo avuto problemi tecnici e abbiamo accumulato ritardo, la gente non stava più nella pelle e non vedeva l’ora di iniziare a urlare.”
– Roberta, XR

“Dagli ultimi scioperi a oggi, abbiamo fatto un grande lavoro di promozione: siamo andati a parlare nelle scuole e quando non si poteva stavamo fuori per riuscire a incontrare gli studenti, i genitori, gli insegnanti. Siamo andati a parlare ovunque si potesse sensibilizzare, abbiamo fatto un presidio di cinque giorni in piazza Castello ed è stato incoraggiante vedere quanta gente scettica riguardo le nostre idee e azioni fosse invece aperta al dialogo. Teniamo molto a questo strumento, al dialogo, perché sensibilizziamo, e grazie alle critiche cresciamo anche noi, ci evolviamo per il bene non solo nostro ma di tutti.”
“Siamo andati a parlare ovunque si potesse sensibilizzare, abbiamo fatto un presidio di cinque giorni in piazza Castello ed è stato incoraggiante vedere quanta gente scettica riguardo le nostre idee e azioni fosse invece aperta al dialogo.”

Anche grazie all’importante adesione di Extinction Rebellion – un movimento socio-politico non violento per il clima, poco conosciuto in Italia, ma fulcro dei cambiamenti che stanno avvenendo – i ragazzi sono orgogliosi di come si sono svolte le cose e dell’aderenza che c’è stata: “ci fa sperare”. Tuttavia è incredibile il numero di opposizioni che ancora si rivelano, forse sono più le risposte negative che quelle positive: “Siamo molto contenti delle reazioni positive che riscontriamo, ma ci colpiscono ancora, per esempio, gli insulti che riceviamo sui social, dai giovani ma anche dagli adulti, dai genitori, che preferiscono dire e credere che siamo servi dei poteri alti e che sono loro a finanziarci. Magari fosse così! Noi ci autofinanziamo, tutto quello che investiamo arriva dalle nostre tasche o dalle offerte libere.”
Il complottismo che sopravvive distrae da una situazione gravissima che, invece, meriterebbe il pieno dell’attenzione.

Come dice Luca Sardo, uno dei coordinatori del Friday for Future di Torino: “Fino al 2030 abbiamo ancora cinquecento venerdì!”
Tuttavia, nonostante la noncuranza di alcuni, i cambiamenti arrivano. Dal punto di vista culturale ci sono evidenti miglioramenti: “C’è uno sviluppo della coscienza ecologica, stanno cambiando le abitudini e gli stili di vita, la gente inizia a informarsi.” È evidente, però, che come tutti movimenti culturali, anche Friday for Future richiede tempo, non è un cambiamento che può avvenire con uno schiocco di dita, ci vorrà l’impegno di altre generazioni, che lottino insieme a questa. “Ma bisogna continuare”, conclude Roberta, “la pazienza premierà.”
Come dice Luca, uno dei coordinatori del Friday for Future di Torino: “Fino al 2030 abbiamo ancora cinquecento venerdì!”
Speriamo di vedere una maggiore collaborazione anche da parte delle istituzioni e dall’ambiente politico che, invece, continuano a stare in disparte. Sappiamo benissimo che non possiamo cambiare in un giorno la cultura di massa, ma abbiamo solo undici anni per cambiare le cose e le istituzioni devono prenderne atto: questa è un’emergenza seria.
Fotografie di Massimo Ankor