La bandiera della fame | Nicola Barbato

 

All’oligarchia degli artisti
preferisco la dittatura del mio Stato
d’animo.

Facile voler andare a morte
se non si ha mai visto il fronte,
un pagliaccio, senza naso rosso,
non diventa un funambolo
se non precipita.

Siete cercatori? E di cosa?
Della parola? Sì,
con i piedi a bagno nei torrenti,
senza il setaccio.

Raccoglierete solo pietruzze
che dipingerete  di giallo.

La scintilla non nasce nei circoletti
appagati, germoglia dalle pisciate
dei barboni fuori le porte.

I borbottii degli stomaci affamati
saranno l’inno della Rivoluzione.

Ubriachiamoci con il vigneto più usurato
che ha resistito a più di una grandinata:
il nevischio ci aiuta a vomitare,
con la rugiada ci laviamo le ascelle.

Che colpa ne ho se sono solo carne, sangue e ossa?
Se la poesia ricuce ferite e se la prosa sputa gli aghi?
Che colpa ho se la voce è megafono dell’anima
e se quell’anima è più silenziosa che mai?

 Illustrazione di Andrea Uncini

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