
La morte dell’avanguardia | Umberto Sereni
Mi sento, tutto sommato, abbastanza freddo. È una certezza sconvolgente: mi vedo conficcato dentro l’epoca come un detrito, un frammento, e ciò mi infonde una certa pace. Non tanto perché, in un modo o nell’altro, un corpo estraneo può comunque provocare l’infezione, ma perché ormai sto guardando il mio destino in faccia: se continuerò a scrivere, mi dico, io sarò avanguardia, e per sempre.