Oppure da una lingua del Nord
sarà la sillaba che gonfia le ossa
dei morti? Fummo il fanciullo e fummo
l’acrobata: c’è sempre
una fune tra luce e precipizio.
Veniamo a bruciare
le vertebre al cielo, veniamo
a invertire la pioggia:
certi versi sgozzano
le aquile, altri
marciscono i vessilli dell’Impero.
Quest’acqua ci disperde, non conosce
i nomi cui ha rubato sangue
e sorte. A quest’acqua
noi torniamo in obbedienza, senza croci
che trattengano le stelle.
Da lontano una Medea
araba conduce la sardana:
chi rompe il cerchio lo rimette
ai margini del tempio.
Arrivano le schiere: impugnano
e rovesciano il gerundio;
arrivano le gazze
ma tu raccogli solo fiori estinti.