No one is perfect in this imperfect world.
P. Lubumba
Traffico d’organi e muse in seno rifatto
aspettano eroi
mentre anime bruciano ai margini della città.
Lungo valli e pastorali elettriche circolano dissolvenze,
vetture nostalgiche
circolano
ebbri anacoreti nati tra la luna e il Mcdrive,
gioventù senegalesi nella Provenza trobadorica circolano
giovani sculture in posa su Pornhub
– 50 bitcoin per la bocca e virtuali necessità –
digitali impronte macellaie all’apice dell’Antropocene
mentre aspetto preghiere, parole e incertezze
dentro stanze avvolte da paralisi etniche, asettico
il mio bieco sguardo cigola, si confonde
tra flussi di corpi indistinti, si frappone
tra il riflesso di zigomi dentro specchi
senza più reale, mio padre
ha visto questa terra ritirarsi, mio nonno
qui mosse i primi passi ed io
ho ceduto tutto quanto a compro-oro e falsari quando
alla televisione, droni e montepremi ed ora
ora che il frangente del vero diviene istante virale
serro gli occhi ed attendo
attendo
attendo
attendo
Godzilla escatologici presso sale d’aspetto, attendo
i suoni a vuoto del desiderio immateriale, attendo
filastrocche farmacologiche in rima baciata, attendo
mi sfilo gli occhiali, Valentina dorme accanto a me
mentre giovani molecole per il pianeta
si strappano, si riallacciano, si contaminano, si stringono, si travolgono, si feriscono, si muovono, si amano,
si allontanano lungo continenti e polveri sottili;
Valentina dorme accanto a me e non ho doti, né simboli delinquenziali
per arrestare questo impotente divenire storico
madido
fallico
corre lo scenario stradale mondiale, zapping tardo-moderno,
bambini strillando a Baghdad,
madri tener per mano pargoli atomici a Beijing e ad Atene
due micce dai capelli disfatti si avvicinano
sullo sfondo dell’Europa che brucia.
Lungo l’autostazione dei miei fantasmi remoti
cerco così parole consone mentre la psiche freme ed agita case, uffici, palazzine, basiliche, night club, boschi, caserme, oceani, scuole, moschee, toilet, angeli, icone, cicatrici sulla nostra pelle grassa e si agitano uragani tra silenzi condominiali, Eden abbandonati lungo i quali io e te,
io e te
insieme abbandonandoci
erotici, marginali
forse ovunque
in tutti i materassi del mondo che cade a pezzi,
forse per l’ultima volta
stranieri dei nostri stessi gesti.