Già mi investe la mattina.
È una battaglia appena persa
tra le fradice lenzuola partiva
il carro disarmato dell’oggi
smuove polvere di resa
senza condizioni.
Impossibile uno scambio
di prigionieri ho pensato
“Io, per me stessa?”
Penso io per me stessa.
La mattina è troppo bianca troppo accesa
mi fanno male gli occhi – cicatrici di guerra
Nasconditi, vuoi un paio di occhiali?
Un corpo in divisa fatto di braci?
Un camice per favore
un bianco tenue senza luce
una stoffa da stringere forte
un laccio un pugno
vene invisibili troppo sottili
non guardare non guardare
è solo vita che scorre dentro
Un nuovo cordone ombelicale mamma
Mamma dove sei?
Ondeggi sopra di me
sei di plastica sei
una mamma o una manna dal cielo sei?
Nutrimento?
Goccia che cade?
Stendetemi come lenzuola fresche
Seccate le mie lacrime che me lo sono sudato
questo sole assente.
“La frase d’amore più vera, l’unica, è
Elsa Morante
“Hai mangiato?”
Sei vergine nel rosso?
Ti racconterò la storia degli animali,
del loro sacrificio,
del nostro vigliacco profitto
sazio di gratitudine.
“Perché la morte
non sia vana” ti dirò
masticando e con un filo di voce
per non farmi sentire,
di come io considero
la mia vita; la mia vita
è la morte di un altro.
Parole di mia madre.
Ti dirò delle madri.
Del mio ombelico, del mondo.
Del distacco. Atroce.
Di questi strani mammiferi
dall’ego strappato.
Della loro tavola
sempre imbandita.
Per la prima volta
ho tutto apparecchiato.
Siedi, prendi, agguanta.
Siamo complici?
Sulla tavola
sono gli oggetti mancanti
del desiderio.