Perché la Spagna ha un problema con la libertà d’espressione

Quanto è accaduto a Barcellona e nel resto della Spagna dopo l’arresto del rapper Pablo Hasél, affonda le proprie radici nella lotta indipendentista ormai ventennale della Catalogna repubblicana e nel risentimento condiviso soprattutto dai giovani spagnoli verso la monarchia. Se Pablo Iglesias (Unida Podemos) ha parlato apertamente di una legge contro la libertà d’espressione, i leader socialisti si sono trovati divisi sul tema, arrivando a sostenere la difesa del re in carica, Felipe VI, successore di Juan Carlos I, al pari dei partiti di opposizione.

Il rapper catalano Hasél – reo di avere espresso nei testi delle sue canzoni posizioni antimonarchiche e in alcuni tweet vari riferimenti all’ETA – è stato condannato a due anni di carcere. Lo scorso 16 febbraio gli studenti si sono barricati dentro l’Università di Lleida per impedirne l’arresto, ma la polizia è entrata in università ed è riuscita a portare via il rapper, che è stato subito trasferito in carcere. La sera di mercoledì 17 febbraio, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Barcellona, a Madrid, a Valencia e a Palma di Maiorca, per chiedere la liberazione di Hasél; la polizia ha caricato i manifestanti e ha sparato proiettili di FOAN, ferendo più di cinquanta persone. Salgono a trentacinque, invece, gli arresti.  Ho chiesto a Martí Puig, giornalista catalano di origini italiane, di raccontarmi la sua versione.

Barcellona, Piazza Universitat, tag per la liberazione di Pablo Hasél

Da dove proviene, secondo te, il risentimento dei giovani catalani verso il regno di Spagna?

Premetto che io non ero presente alle manifestazioni, ma credo che per capire cosa stia accadendo in Catalogna e nel resto della Spagna, bisogna tornare alla morte di Franco. Nel 1975, in Spagna non c’è stata una vera rottura con il regime franchista. Questa ragione storica si lega al fatto che la maggioranza delle classi agiate ha stipulato una trattativa con il franchismo. In più, da noi la popolazione non poteva parlare catalano. L’insegnamento nelle scuole era proibito.

“È facile adesso, per i sostenitori dell’indipendentismo, personificare nel re l’assenza di una vera democrazia, perché la monarchia non è stata votata da nessuno.”

Il re Juan Carlos, però, si era schierato con la democrazia e aveva difeso la costituzione del 1978, dopo il tentativo di golpe nel febbraio del 1981.

A 40 anni da questi avvenimenti, possiamo dire che in realtà il re Juan Carlos non fosse completamente estraneo ai fatti. Com’è stato recentemente provato[1], non sappiamo se fosse a conoscenza del golpe militare dall’inizio ed esitò per timore – oppure se evitò di intervenire perché voleva conservare la corona in ogni caso. Ad ogni modo, anche se all’epoca del franchismo era stato destituito dalla sua carica, Juan Carlos venne fatto studiare in Spagna e Franco stesso aveva dichiarato che fosse proprio lui a prendere il potere, dopo la sua morte. Juan Carlos è stato il successore designato da Franco.

“Juan Carlos è stato indagato per frode e ad oggi deve 8 milioni di euro al fisco.”

Un graffito inneggia alla canzone di Pablo Hasél a Gracia, quartiere studentesco di Barcellona

Veniamo all’attualità: Pablo Hasél è stato arrestato per una legge di tre anni fa voluta dal PP, che equipara le ingiurie verso la corona all’istigazione al terrorismo.

Hasél è stato processato in tutto due volte. L’ultima condanna è arrivata dopo che il rapper ha inserito nelle sue canzoni posizioni antimonarchiche e in alcuni tweet vari riferimenti all’ETA (gruppo terroristico del Pais Basco oggi estinto, ndr) e ingiurie verso il potere monarchico. In passato ci sono stati altri casi[2]: oltre ad altri cantanti, una volta Arnaldo Otegi, il leader delle forze indipendentiste del Pais Basco – EH Bildu – è stato arrestato perché aveva dichiarato che il re era il capo dei torturatori dei prigionieri politici. Non serve certo fare di Pablo Hasél un eroe per capire che in Spagna c’è un problema con la libertà d’espressione. La legge per la quale in Spagna non si può ingiuriare il capo dello Stato o supportare pubblicamente Hasél è stata indicata da Amnesty International e da altri enti come problematica. Una ragazza ha perso un occhio in seguito ai violenti scontri con la polizia del 17 febbraio, perché sono stati utilizzati proiettili di FOAN dalle forze dell’ordine di Madrid, benché l’ONU abbia condannato l’utilizzo di proiettili di gomma.

“La legge spagnola, di estesa applicazione e formulata in modo molto vago, sta portando al silenzio la libertà di parola e stroncando l’espressione artistica” ha dichiarato Esteban Beltran, direttore spagnolo di Amnesty International.

Nella foto, un proiettile di FOAN

Hasél è stato arrestato dopo una resistenza da parte degli studenti catalani.

Essendo catalano, Hasél ha ricevuto la protezione dall’università. La cosa incredibile è stata che ad arrestarlo sono state proprio le forze catalane, che ovviamente non possono esimersi dalle decisioni del governo centrale. La polizia ha fatto irruzione e ha picchiato i manifestanti. Il punto è anche che la Spagna ha un tasso molto alto di disoccupazione. E da noi non c’è mai stato un processo di democratizzazione del voto per l’indipendenza. Questo accende la miccia del dissenso. Nel 2017, il tentativo di referendum è stato represso (e ancora oggi, per questi motivi, molti leader indipendentisti sono in carcere o in esilio, ndr). Nel 2018, a Barcellona ci sono stati altri cinque giorni di violente proteste. A differenza della Francia e dell’Italia, qui in Spagna l’indipendentismo è un tema sentito soprattutto a sinistra.

“In Catalogna c’è un’intera generazione – dai 18 ai 30 anni – cresciuta con dieci anni di lotta indipendentista. Questo li rende estremamente competenti negli scontri con la polizia.”


Secondo i sondaggi, il 40,9 % degli spagnoli, in caso di referendum, sarebbe favorevole alla Repubblica

Vedi nel referendum per la Repubblica una possibile soluzione allo stato di cose attuale?

Anche se questo re sembra essere più lucido del suo predecessore, i sondaggi dicono chiaramente che la maggioranza dei giovani spagnoli sarebbe favorevole alla Repubblica. Una monarchia dinastica ereditaria, anche se costituzionale, mal si sposa con le richieste di maggiore democrazia. Quando il Partito Socialista capirà che non avrà alternative, auspico che il referendum si faccia e che cominci, così, il lento processo di transizione che porterà, finalmente, alla Repubblica spagnola.

Nel frattempo, il 18 febbraio il parlamento spagnolo sembra aver preso in considerazione la possibilità di abrogare la legge di istigazione al terrorismo, nella misura in cui questa «non leda la sicurezza delle persone»[3]. Non sarà ancora una democrazia parlamentare, ma è un passo importante per la libertà d’espressione.

Illustrazione di copertina: Claudio Calia
Fotografie: Martí Puig e Davide Galipò


[1] Per comprendere meglio i fatti del 23 febbraio 1981, si consiglia la lettura di questo articolo su «Jacobin»: https://jacobinitalia.it/spagna-anatomia-di-un-quarantennio/

[2] Sono in tutto 12 i casi di rapper condannati per avere espresso opinioni politiche in Spagna: https://www.publico.es/sociedad/son-versos-justicia-pide-anos-carcel-12-raperos.html?fbclid=IwAR1hgTaN23sfFhsdypzSfotk_WNL7FxMhHXooyDdgOIKw-zZYKb36I6zIRE

[3] La Spagna fa retromarcia e cambierà la “legge bavaglio”: https://it.euronews.com/2021/02/17/proteste-per-il-caso-pablo-hasel-la-spagna-fa-retromarcia-e-cambiera-la-legge-bavaglio

 

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