Il gioco del bioma

È buffo pensare come sia un fatto indiscutibile che la Terra sulla quale viviamo sia così com’è, ma potrebbe essere anche completamente diversa. Le spiegazioni che ci diamo del mondo non sono che le scelte che compiamo nel tentativo di decifrarlo sulla base degli elementi visibili e invisibili di cui disponiamo.
Il fatto che per molti anni la Terra sia stata considerata piatta, ci fa intuire che il modo in cui l’uomo guarda al pianeta non è stato sempre univoco nella storia. Dimostrando che la sua rappresentazione è mutevole tanto quanto gli uomini che la guardano.
Molte delle nostre convinzioni e costruzioni riguardo la realtà sono date da come guardiamo il mondo, e possono cambiare ed evolvere a seconda di dove poniamo il nostro punto di vista.

Molte delle nostre convinzioni e costruzioni riguardo la realtà sono date da come guardiamo il mondo, e possono cambiare ed evolvere a seconda di dove poniamo il nostro punto di vista.

Nel suo scritto The Planetary Garden, Gilles Cléments, paesaggista ed ecologo francese, si diverte a giocare con quest’ultimo, stimolando la riflessione attorno a un Continente Speculativo, ovvero una possibile realtà biologica organizzata in base alle maggiori zone climatiche con la loro vegetazione, a prescindere dai continenti nella loro concezione attuale.

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Gilles Cléments, Mappa del Continente speculativo

Questo continente si presenta come una continuità biologica tra ambienti affini, a prescindere dalle grandi distanze che li separano o dall’immensità degli oceani.
Il Continente Speculativo gioca a smontare e ad assemblare la realtà, spostando il punto di vista dal nostro bioma “classico” a quello delle affinità climatiche.
Un bioma è una collezione di forme di vita compatibili. Dentro ogni bioma si possono trovare una moltitudine di biotopi, assemblage naturali – che l’uomo organizza in territori – assemblage culturali.

Il Continente Speculativo gioca a smontare e ad assemblare la realtà, spostando il punto di vista dal nostro bioma “classico” a quello delle affinità climatiche.

Guardando il Continente Speculativo, capiamo che se il pianeta vivente fosse davvero organizzato in questo modo, dovremmo cambiare completamente non solo la nostra cartografia, ma anche il nostro modo di spiegare il mondo, la sua economia e la sua politica.
Cambia tutto: da ora in poi considereremo come Continenti le singole unità biologiche che condividono zone climatiche compatibili.
Invece di riferirci al continente degli Stati Uniti d’America – dove c’è un misto di zone fredde e calde, aride e umide – dovremmo parlare del continente biocompatibile degli Stati Uniti d’America, che comprenderebbe anche metà del Brasile e la maggior parte del Gabon, tutta la Nuova Guinea e una manciata di pensioni asiatiche – cioè il bioma umido – tropicale.

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E l’Italia? Il bioma mediterraneo che definirebbe il nostro continente biocompatibile comprenderebbe, oltre allo stivale, anche il sud e l’est della Spagna, la costa mediterranea della Francia e quella della penisola balcanica. Ma anche la Grecia, la costa sud-occidentale turca e il Vicino Oriente. E ancora, le coste del Maghreb e la regione del Capo, la zona costiera californiana, il Cile centrale e la costa sud-occidentale australiana.

Cambia tutto: da ora in poi considereremo come Continenti le singole unità biologiche che condividono zone climatiche compatibili.

Guardando la carta, una domanda sorge spontanea: dov’è l’acqua? A questo punto Cléments fa calare dal cielo un grande oceano, che si poggia in forma di risaie sul nostro Continente Speculativo. Riconosciamo dunque il Continente Speculativo come possibile, o per lo meno come una delle possibilità racchiuse in potenza dalla nostra Terra.

Viene quindi naturale chiedersi come l’uomo si muoverebbe in questa nuova organizzazione climatica. Nel momento in cui vediamo stravolgere i confini conosciuti in questa nuova configurazione dei continenti, ci è impossibile non pensare a come di conseguenza cambieremmo noi, aprendo così il gioco a fantasiose speculazioni morali. Quello del bioma è infatti un gioco di possibilità, che si diverte a farci riprogrammare soluzioni con gli elementi che già abbiamo per approcciare quelli ancora sconosciuti.

Innanzitutto, la nuova configurazione delle acque ci dovrebbe far necessariamente ripensare a come gestiremmo le risorse. Se tutta l’acqua di cui disponiamo per far sopravvivere il pianeta (e noi stessi) esistesse soltanto sotto forma di riserva, come ci comporteremmo? La nostra idea di cura cambierebbe se sul suo esercizio si fondasse l’intero equilibrio della sopravvivenza?

Quello del bioma è un gioco di possibilità, che si diverte a farci riprogrammare soluzioni con gli elementi che già abbiamo per approcciare quelli ancora sconosciuti.

Dovremmo quindi mettere in discussione anche il nostro ruolo di abitanti e cittadini del continente biocompatibile. La nostra idea di confine si allargherebbe e confonderebbe, diramandosi verso terre e mari anche molto lontani da quelli che comunemente consideriamo casa. Guardandola, la forma del Continente Speculativo ci appare simile a quella di un corpo. Sembra suggerirci che potrebbero essere le sensazioni corporee che proviamo rispetto un determinato clima, l’embrione di una nuova base culturale.
Quali sarebbero gli elementi di questa unità biologica, capaci di fondare una nuova base per ciò che chiamiamo cultura?

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Mappa che mette in relazione i continenti sulla base delle affinità climatiche

Questo gioco del bioma di Cléments, oltre ad aprire le divagazioni su come saremmo, ci fa mettere in discussione prima di tutto la nostra idea di cartografia, facendoci rendere conto di quanto il modo in cui vediamo il mondo influenzi l’organizzazione che diamo alla realtà.
Quando ci troviamo a leggere una proiezione cartografica del mondo, dobbiamo sempre tenere conto dell’elemento della distorsione. La distorsione è nulla rispetto al punto che posizioniamo al centro, che è anche il punto rispetto al quale determiniamo inconsciamente il sistema di lettura e interpretazione della mappa.

La proiezione classica dalla quale noi italiani siamo abituati a guardare il mondo è quella di Gerardo Mercatore, cartografo e geografo fiammingo che nel 1569 decise di posizionare al centro del suo disegno l’Europa, scampandola dal rischio della distorsione. Non possiamo di certo biasimare Gerardo per aver posizionato al centro della mappa il continente che accoglie le sue fiandre. Da dove è più istintivo partire per leggere il mondo se non dalle terre che pestiamo con i nostri piedi?
È legittimo pensare allora che un australiano non guarderà la mappa dal nostro stesso punto di vista, e che la sua zona distorta si trovi in luoghi che noi invece vediamo con chiarezza.
Pensandoci catapultati nel continente biocompatibile, con i confini sparpagliati per i sette mari, da quale punto dovremmo guardare le mappa? E cosa potrebbero insegnarci sul mondo queste nuove proiezioni?

È legittimo pensare che un australiano non guarderà la mappa dal nostro stesso punto di vista, e che la sua zona distorta si trovi in luoghi che noi invece vediamo con chiarezza.

D’altronde, i navigatori già lo sapevano: la realtà è vastissima, molto più dell’orizzonte, ed è impensabile che una sola carta sia sufficiente per decifrarne la complessità. Per questo quando con goniometri e gessetti si mettevano a tracciare la rotta, combinavano tra loro più proiezioni cartografiche.
Se, come disse Bergson in una conferenza ad Oxford – pubblicata poi nel volume Le pensé et le mouvant – «il disordine è semplicemente un ordine che non si sta cercando», allora esso è la volontà di trovare ciò che ci spinge all’organizzazione delle cose.

Le interpretazioni della carta sono tante quante le direzioni che cercano i suoi lettori, da dove partono e dove stanno andando sono fattori fondamentali affinché la mappa esegua il suo compito. Creare nuova complessità nella mappa è ciò che spinge i buoni navigatori nelle scoperte più ardite.
Con le nostre nuove carte in mano e i confini sparpagliati su diversi frammenti di terra, inizieremmo presumibilmente a guardare il cielo da nuove posizioni. E da dove se non dal cielo abbiamo sempre ricavato le interpretazioni dell’invisibile e tutto l’assemblage culturale che ne consegue?

La Terra potrebbe essere completamente diversa da quello che crediamo sia, e così l’uomo. Anche per questo, se fossimo sempre uguali a noi stessi, guarderemmo la realtà sempre nella stessa direzione, quando lei, invece, ci sta ballando intorno. Chiedersi come saremmo se fossimo completamente diversi è la parte più divertente del gioco del bioma.

Mappa del Cotinente speculativo tratta da Gilles Cléments, The Planetary Garden and other writings, University of Pennsylvania

Fotografie di Pat Perry

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