Sulla via passa un furgone, nel furgone una donna guarda la strada, poi alza gli occhi e sul piccolo balcone al secondo piano di una palazzina vede un nonno in canottiera che regge in braccio una bambina di quattro anni, parzialmente voltata verso la strada.
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La ragazza ricordava l’istante in cui si era voltata a guardare la strada e aveva sentito premere il petto di suo nonno sulle gambe, e sotto il sedere, a sostenerla, il suo braccio magro, tutto muscoli e nervi. Stava attraversando una strada a New York e si sentiva così lontana da tutto che aveva ripensato alla sua famiglia e a quel braccio sotto il sedere. Aveva ripensato spesso all’ infanzia, negli ultimi tempi. Alla famiglia e all’infanzia.
Aveva ripensato spesso all’ infanzia, negli ultimi tempi. Alla famiglia e all’infanzia.
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Sul marciapiede, pronto per attraversare, un uomo tiene al guinzaglio un cane. La donna dal furgone lo guarda per indovinare la sua età. L’uomo per un attimo guarda il furgone che è già passato, ma trattiene ancora il cane, è indeciso se proseguire nella passeggiata o tornare indietro e cercare di risolvere subito la questione.
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Il nonno più tardi pensò che quello era un bel momento, che doveva ricordarselo ogni volta che era costretto a rientrare in ospedale.
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Ma furgoni, camioncini e macchine non sono giocattoli per le bambine, diceva il nonno.
Un’immagine in particolare era tornata in mente alla ragazza: quella di un furgone blu che passava nella via sotto il balcone dell’appartamento piccolo e vecchio, ma sempre lindo e luminoso, di suo nonno. La sua mente di bambina aveva realizzato in quel momento di desiderare un furgone, avrebbe voluto come giocattolo un furgone, oppure un furgone vero da mandare qui e là per il mondo. Ma furgoni, camioncini e macchine non sono giocattoli per le bambine, diceva il nonno.
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Il cane tira per attraversare la strada. L’uomo lo trattiene con rabbia, poi si calma. Incoscienti, siamo circondati da esseri incoscienti. L’uomo sbuffa. Le automobili riprendono il flusso con il semaforo verde.
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Una volta cresciuta, la ragazza aveva continuato a desiderare furgoni, ma anche escavatori, autobus, tir, gru e addirittura betoniere e petroliere.
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L’uomo con il cane attraversa la strada, ma sente che sta sbagliando tutto. Che dovrebbe tornare indietro e risolvere una volta per tutte la questione. Se lei non crede a quello che le dice, si può parlare ancora di amore? Le direbbe così: si può parlare ancora di amore? Non doveva attraversare ma tornare indietro, e dire subito, o il prima possibile, quanto andava detto. Lei non può pensare che quella passeggiata per portare fuori il cane significhi che lui è d’accordo con la sua interpretazione delle cose. E lui non vuole neppure che lei pensi che qualcosa o qualcuno, durante la passeggiata, lo abbia convinto a controbattere, mentre prima, senza influenze esterne, sarebbe stato d’accordo con lei. Perciò la passeggiata doveva essere brevissima, ora invece l’uomo si maledice per aver attraversato trascinato dal cane, mentre il cane tira ancora per raggiungere un punto imprecisato del marciapiede.
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Ti racconto io come stanno le cose.
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Da quel momento la bambina aveva chiesto come giocattoli delle macchine, e aveva sognato quelle macchine in miniatura che vanno a pedali o, meglio ancora, sembra che abbiano davvero il motore, e si muovono da sole, magicamente. Cioè con la batteria.
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La donna dentro il furgone volta la testa per guardare il nonno con la bambina in braccio il più a lungo possibile, finché non è costretta a guardare le cose che si sono sostituite a quell’immagine.
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Su una panchina una donna rossa di capelli – ma d’un rosso che in realtà è solo uno slavato arancione, capelli tirati su e fermati con un fermaglio tribale in cima alla testa, un fermaglio tribale comprato in un negozio di una catena di abiti e accessori economici, un negozio che si trova lungo l’arteria principale della città, l’arteria principale che è come un taglio che la divide in due e corre da sud a nord, oppure da nord a sud, a seconda dei punti di vista – sta parlando al telefono e guarda il cane portato a spasso dall’uomo. Ogni cane attira la sua attenzione, e lei si ferma spesso a parlare con i proprietari di cani.
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Il furgone svolta all’incrocio.
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Il nonno rientra in cucina, la bambina protesta. Rientrare in cucina è come rientrare in una zona scura, immobile, segreta del mondo. La nonna sta riposando di là, sul grande letto fresco, segreto nel segreto. La mamma arriverà solo dopo un’infinità di tempo. Vuoi una merendina, dice il nonno. La bambina vuole stare in balcone a mangiare la merendina, vuole uscire scalza, con le mutandine e la canottiera, e stare in balcone per dominare il mondo, e avere un furgone che non può avere.
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Cos’è esattamente che vuoi da me, chiederebbe l’uomo. Che ti dia ragione in ogni caso, chiederebbe. È questo che vuoi?
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Per fortuna che c’è il frassino, con i suoi lenti movimenti ipnotici, nel silenzio della stanza, mentre dal corridoio giungono voci e rumori di carelli, colpi, passi.
Nella stanza d’ospedale, sul letto d’ospedale, in mezzo alle lenzuola d’ospedale, la testa del nonno è voltata verso la finestra. Nella finestra si muove lenta e silenziosa la chioma di un frassino. Tenere fra le braccia la bambina e pensare al futuro, anche soltanto immaginandoselo. Per fortuna che c’è il frassino, con i suoi lenti movimenti ipnotici, nel silenzio della stanza, mentre dal corridoio giungono voci e rumori di carelli, colpi, passi.
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Non c’è nessun altro sui balconi della via. Ci sono alcune persone per strada. Alla fermata dell’autobus, sulla panchina, una donna con i capelli rossi, anzi, d’un arancione slavato, sta parlando al telefono. La donna nel furgone la riconosce: è quella che blocca chiunque stia portando a passeggio un cane per attaccare bottone. Parla di dieta dei cani, di abitudini dei cani, di toeletta dei cani. Dice di essere un’esperta, di non aver paura, anche se i cani le abbaiano contro. È volontaria presso un qualche centro per la protezione dei cani. È un po’ pazza, pensa la donna, ma guarda che aria combattiva e fiera, al telefono, sulla panchina alla fermata dell’autobus, si tratta di una donna che attraversa la vita senza farsi troppi problemi a proposito di quello che pensano gli altri. La donna vorrebbe essere come lei.
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A New York c’era un’aria fredda, frizzante. La ragazza pensò che da bambina non se lo sarebbe mai immaginato di andare a vivere a New York. A viverci almeno per un po’. Non si sa mai, pensò la ragazza tristemente.
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Un’automobile si trova all’improvviso di fronte l’uomo con il cane: frena all’ultimo istante. L’uomo fa finta di non vedere l’automobile e la sua conducente spaventata e arrabbiata, e prosegue dall’altra parte del marciapiede a testa bassa. L’automobilista suona con stizza il clacson. Il cane cammina a zig-zag, con la lingua di fuori.
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Una mastodontica nave che navigava nel buio della notte, con ghirlande di luci appese sul ponte.
Il furgone è fermo al semaforo. La donna ha cinquant’anni. Quando era a New York aveva l’impressione di trovarsi su una grandissima, mastodontica nave pronta a salpare. Sognava spesso di trovarsi su una nave così grande da trascorrere tutto il sogno a tentare di attraversarla, a tentare di salire sul ponte, a tentare di comprendere verso quale direzione stesse navigando. Una mastodontica nave che navigava nel buio della notte, con ghirlande di luci appese sul ponte.
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L’appartamento con il piccolo balcone sulla via fu messo in vendita pochi anni dopo.
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Ti racconto io come stanno le cose. La donna lo guardava con delusione. Non hai mai fatto nulla di quello che dicevi di fare. Vuoi che ti creda proprio ora? E chi ti ha messo in testa certe idee? Ti sei visto con quella? Puoi dire la verità almeno una volta nella vita?
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I cani hanno un modo di rendere la vita più leggera, sono concentrati su una cosa per volta, non disperdono l’attenzione. Hanno priorità ben definite. Hanno relazioni chiare. La donna dai capelli quasi rossi ma in verità d’un arancione slavato pensa a come si concludono sempre le cose degli esseri umani, quella tensione sgradevole per tenere insieme cose che non stanno insieme, per pretendere di controllare cose che non si riesce a controllare. I cani danno più equilibrio all’esistenza. Chissà se hanno il senso del passato e del futuro, chissà se è semplice o complesso il loro presente, stratificato di odori ed effettivamente come.
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Aveva vissuto sentendo di vivere una serie infinita di prigionie.
Il nonno ha sempre amato i cani. Usciva per lunghe passeggiate che rappresentavano per lui una forma di libertà. Aveva vissuto sentendo di vivere una serie infinita di prigionie. Quella volta che aveva tentato di andarsene, di mandare a monte il matrimonio e il suo lavoro, quella volta che aveva tentato di tirarsi fuori da tutto, alla fine non c’era riuscito. Forse non aveva voluto fino in fondo. Ti racconto io come stanno le cose. Lo avrebbe voluto dire lui, ma invece lo aveva detto lei. E lui aveva ascoltato; perché non aveva, in realtà, un racconto alternativo. Il cane era morto dopo un certo numero di anni, ma intanto era nato un figlio. Il figlio, dopo un certo numero di anni, aveva avuto una bambina. La bambina aveva i capelli rossi, o meglio, un colore più chiaro, come un arancione slavato. Aveva un carattere molto più deciso di quello del nonno, e il nonno la teneva in braccio con ammirazione, e pensava che sarebbe cresciuta e avrebbe conquistato il mondo, in ogni caso sarebbe andata lontano.
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