Il corpo si dissolve è trafitto
le luci griglia video sparate dalle icone
i pulsanti corrono sotto le dita
tremano tastati affondano
Un ago arcobaleno penetra la pupilla – esplode
ettolitri di show musica politica
informazioni TV propaganda
e La TV è accesa
e poggia grassa e laida con il culo sudato
sdraiato sul mobiletto di vetro opaco
sputando al petto del padre che mangia
telecomando nero arroventato
disteso sulla tavola che emana
organigrammi di suono sottile
i corpi della Bosnia
spolpati un ronzio
di guerre orientali
la morte un’immagine e la mamma arriva
portando zuppe di pasta verde
che canta nel piatto
mentre i piccoli litigano (zanne)
per il programma di nevrastenie
(gli occhi sbarrati)
sul piatto intorno la tovaglia uniti
assaltata la famiglia strafatta l’overdose
Riti immaginari di liceali
iniziati a penitenze mentali
con la grazia delle soap opera
l’overdose la soap opera
è l’overdose hopp-opera
la realtà l’ideale
soap-opera
(di tutti i bambini)
una volta a casa
dopo scuola arrivati
tempo cinque minuti
e via con la TV
Ho visto un volto
devastato dalla roba
i solchi sulle guance la stanchezza
del corpo barcollante inseguendo
le auto per mille lire di parcheggio
La pelle magra
asciutta sugli zigomi
risucchiata la pupilla spillo
voce strascicata
due parole di droga
la colletta e la droga
Hanno strappato via le mie radici
per poi allontanarci da quel ciclo continuo
che è l’eternità…
Avvertirsi rinchiusi in una realtà-parvenza
un universo di finzioni solide percepite da tutti
proprio come finzione (ed è questa la sua forza)
questa vita dissolta non senso in video veri mondi virtuali
in boschi insapore
ricche allucinazioni che grondano fresche
bocche giallo merce ma nei cespugli
divorate da topi iperreali ingozzate a notizie
le due manine strette alle informazioni che
piangono avvinghiate al terreno
nitrendo in convulsioni contorte divorate scalze
i denti affilati del roditore che strappano
brani di carne imbevuti
in teorie giornalistiche di risparmio
finanze lavatrici reclame – grande arma
Oh nostra lauta fruizione consumata
in pozzanghere di buio niente
il topo si lecca tira via con la lingua
gli ultimi muscoli staccati dallo scheletro
si gratta ingoia lascia due carcasse
ossa bianco fluorescente
sull’erba bassa e poi fugge schizzando
in radure alogene
la lunga coda pelosa e torna nelle fogne