“We’re just bored teenagers
Looking for love
Or should I say emotional rages?”
– The Adverts, Bored Teenager
Come si racconta una città come Milano? O meglio, come si racconta l’esagerazione di luci, colori, vetrine, nevrosi che percorrono la “città più internazionale d’Italia”? Abbagliati dalle luci, confusi dalle sue contraddizioni, sembra difficile riuscire a toccare i suoi punti oscuri, e quel senso di isolamento che quasi chiunque abbia abitato qui ha provato.
A marzo è uscito il primo graphic novel di Agenzia X, Milano Emotiva di Holly Heuser, e scorrendo le sue pagine abbiamo scoperto un modo tanto intimo quanto universale di raccontare questa città. Ma facciamo un salto indietro.
WE DON’T GIVE A SHIT ABOUT TOMORROW
Per un punk adolescente la stazione Garibaldi di Milano era uno svincolo importantissimo: lì, dopo aver incontrato i tuoi consimili del Varesotto o del comasco, prendevi la metropolitana verde per arrivare in centro e dirigerti verso le Colonne di S. Lorenzo. Oppure andavi nel quartiere Isola, dove il centro sociale Pergola inondava le strade con drum n bass e tekno tribe.
Garibaldi per me, che venivo dalla periferia nord, era dove le contraddizioni della periferia si scontravano con quelle del centro: il vecchio luna park abbandonato da una parte, con i camper delle famiglie rom a guardia del passato, le luci scintillanti di Corso Como e delle sue discoteche dall’altra.
Mi fermai a dormire in stazione, una sera, di ritorno dal concerto dei Million Of Dead Cops al Boccaccio di Monza, la mattina fui svegliato a calci dalla Polfer.
Un’altra sera incontrai una sex worker di strada che mi baciò, e quel bacio sapeva di solitudine, e mi ritrassi spaventato.
Poi improvvisamente, perché così è la vita, Garibaldi smise di essere un luogo da me battuto.
Ci ripassai solo qualche anno dopo, la zona antistante alla stazione era completamente cambiata: ora si chiamava Piazza Gae Aulenti, ed era un monumentale complesso di grattacieli e negozi.
Mi venne un attacco di panico, il primo di una lunga serie.

MA VAI, DISTRUGGI!
Se già per me, nato e cresciuto a Milano, la sua trasformazione dagli anni ‘10 in poi è stata traumatica, chissà che effetto può aver fatto a chi la viveva venendo da fuori.
Holly Heuser cresce a Firenze e poi si sposta a Bologna, si fa le ossa con le tag e i graffiti e frequenta la scena rap e punk delle due città.
Poi giunge a Milano e qui comincia il suo viaggio psicogeografico che porterà alla pubblicazione di “Milano Emotiva”.
Il libro è un flusso ininterrotto di immagini e parole in cut-up che raccontano gli anni milanesi dell’autrice, i suoi pensieri, le sue psicosi, e tutto intorno le luci, i grattacieli, le vetrine.
I templi del consumo di Milano, City Life e appunto Gae Aulenti, sono orribilmente deformati, e s’intuisce un certo senso di claustrofobia mentre si viene aggrediti dalle splendide tavole di Holly e dai suoi pensieri.
Questo è certamente un libro su Holly, è anche un libro su Milano, ma è ancora un grande graphic novel sulla gentrificazione.
Il capoluogo lombardo infatti ha vissuto e sta vivendo da una quindicina abbondante d’anni un intenso processo di restyling che, a seguito della ovvia bolla speculativa che si è venuta a creare, ha trasformato ampie aree del centro in una vera e propria vetrina, tenendo sempre più ai margini i soggetti “indecorosi”.
Questo ha creato, alla faccia degli appelli a una presunta “comunità milanese”, un senso di dissociazione dal luogo in cui si vive, completamente bombardato dai loghi che svettano sugli alti grattacieli.
Holly riesce a replicare completamente questa sensazione di spaesamento con dei disegni caotici che fanno sentire il lettore e la lettrice esterni, come se guardassero l’ingresso di un tunnel.
Come collante, figure a un tempo gioconde e mostruose come il “cyberwurm”, un verme di burroughsiana memoria che rappresenta l’intenso intreccio di collegamenti nel sottosuolo della città, forse la più collegata d’Italia.

A WHOLE NEW WORLD
Quindi, cosa ci dobbiamo aspettare da Milano Emotiva? Un diario? Una deriva psicogeografica? Uno stream of consciousness in forma di graphic novel?
Direi tutto questo e anche molto di più.
Ogni pagina è uno schiaffo in faccia di disegni hyperpop e pensieri, citazioni, urla destrutturate e ricombinate, tanto da far emergere l’influenza di tante fanzine punk che hanno fatto la storia dell’underground, una su tutte TVOR- Teste Vuote Ossa Rotte.
C’è Burroughs, c’è Philip K Dick, c’è la scena punk hardcore milanese e l’emocore, ma soprattutto c’è il viaggio interiore ed esteriore di una persona arrivata nella “smart city” che intrattiene con lei un rapporto di amore e odio.
Probabilmente questo libro potrebbe segnare un punto di svolta nel fare graphic novel in Italia, perché porta il mondo del fumetto underground e delle fanzine in una dimensione meno “sotterranea” senza perderne in qualità del contenuto.
Insomma, parafrasando i Flipper, Holly Heuser ha sofferto per la sua arte, ora tocca a noi. Ne vale la pena.
Luca Gringeri
