Tina | Roz Catone

Fuorigrotta, 06:57 di domenica.
Tina immerge la testa nell’acqua fredda e sputa un lembo multicolore giù per il lavello.
– Basta porcherie! – dice a mezza voce.
Si guarda allo specchio retroilluminato. Faccia scarnita. Pupille dilatate dai contorni verde-oro. Nel cervello, l’eco di una ritmica in quattro quarti. Abbandona quel riflesso. Va in soggiorno. Alza l’interruttore.
Ha un blocco. Lo sguardo ai genitori. Alla pistola.
Scivola sul pavimento, schiena contro il muro: – L’hanno fatto davvero…

Dopo il funerale va a stare da suo fratello Igor in via delle Colmate. Strada solitaria ai margini della pineta: capannoni industriali, odore acre, puzza di fogna, randagi, case abusive. Una puttana grassa su un copertone di un camion.

– Al diploma trovati ’na stanza – le dice Igor, mentre conta delle pasticche.
Lei e l’iguana dai tubercoli guardano South Park.
– Spegni e vai a farti un giro, Tina.
– Ci sono quaranta gradi.
– T’ho detto spegni!
Lei spegne.
– Dove vado, eh? Non c’è niente.
– Alla Circumflegrea c’è un bar – la strattona verso la porta.

Incontra Sofia, la loro cugina.
– Mi ha mandata via per te, lo stronzo.
– Ingoia questa.
– Ho smesso io! – le urla, puntandosi il pollice contro.
– Sei più tossica di me, che vuoi smettere…
– Andate affanculo tutti quanti – riprende a camminare. Un cane la segue.
– Non è colpa di nessuno quello che è successo, Tina. Oh!         

Beve una Corona ghiacciata.
Un uomo le siede accanto e comincia a parlarle di corse dei cavalli.
– Che cazzo vuoi? – gli urla lei.
– Fare amicizia– le risponde lui toccandosi il collo.         
Il barista mostra denti guasti:– Lasciala stare, Mario – dice.
Mario ordina whisky e sfoglia una rivista dalle pagine stropicciate.
Tina con due lunghi sorsi svuota l’intera bottiglia. Paga ed esce.

Il cielo sfuma in tonalità arancione. C’è afa. Zanzare dappertutto.
Attraversa i binari della Circumflegrea e passeggia su via delle Colmate. L’aria sa di Fostok. Un bambino, in un orto dietro a una baracca, con una pompa a zaino tratta alberi di ciliegi. Si guardano. Lei a momenti calpesta un gatto morto in una buca. Manto nero, interiora da fuori, mosconi.

Quando rientra, Igor e Sofia chiavano sul tappeto lercio. L’iguana dai tubercoli avanza placida nella loro direzione.
Tina si rinchiude in bagno a studiare.
Maggio sembra non passare mai. I litigi sono continui. Da ubriachi, Igor e Sofia si picchiano a sangue. Tina fugge al bar.
Alla maturità ha sessanta, non le frega granché, vuole solo andarsene da lì.
Lavora in un lido e accumula qualche soldo.

Una mattina ventilata di ottobre.
– Dove vai, Tina?
– Non ci resto con voi. E po’ eri tu che mi volevi fuori al diploma. Te lo sei scordato?
– Organizzo un giro con Sofia. Mi servi. Ti faccio guadagnare un sacco di soldi.
– Certo. Quella che ti fai da quando è ’na bambina e la massacri di botte. Lasciami stare, Igor.

Raggiunge la fermata dell’M-1B Mondragone-Napoli, autobus che l’avrebbe condotta alla stazione centrale. L’attende il treno Italo 8922.
Il vento le passa tra i capelli scompigliandole la frangia. Gli occhi, trafitti dai raggi del sole, faticano a stare aperti. Indossa occhiali neri. Si porta una sigaretta alle labbra e le dà fuoco.

Laura è di due anni più grande, studia Lettere. Si conoscono da una vita. Stesso quartiere. Stessa scuola. Stessi amici. Alcuni vivono a Bologna.

Al binario 11 Laura osserva la gente una a una uscire dal treno.
– Che fai lì come una scema?
– Tina!

Il monolocale è in disordine. Ogni cosa è sparsa a vista.
– Devo fare pipì.
– Lo sciacquone non va, usa il secchio.
Di ritorno dal bagno sprofonda in una poltrona consumata sui braccioli. Laura stappa due birre: – Tutto si aggiusterà. Sei con me, adesso.
Un’ondata di calore la investe. Piange contraendo i muscoli dell’addome. È la prima volta dalla morte dei genitori.
– Ti va di parlarne?
Lei poggia lo sguardo su un cuscino nero, poi: – Ero sballata. Non mi sembra vero che è successo. Come se avessi sognato… – Laura l’abbraccia. Tina la respinge.
– Mi manca l’aria – un dolore lancinante le opprime il petto.
– Prendo l’acqua, va tutto bene. Calma. Respira.
Sorsi brevi. Sorsi più lunghi.

Laura le conta otto gocce di Rescue Remedy sotto la lingua.
Si affacciano al balcone su via del Pratello. Si sta facendo notte.
– Ti voglio bene, Laura.
– Anch’io te ne voglio. Non dimenticarlo mai.

Due mesi dopo.
Al Link conosce Walter, un avvocato sui quaranta. La porta da lui a Saragozza. Se la scopa davanti e di dietro. Lei gode come mai ha goduto.
Walter le racconta di sé, della morte dei genitori quando lui aveva diciott’anni. Tina è spinta a raccontargli dei suoi genitori, ma non lo fa.
– Laura sarà in pensiero.
– Faccio una doccia e ti accompagno.
Guarda una foto sullo smartphone. Lei bambina, suo padre, sua madre.

Laura è sveglia. Studia.
– Mi sono preoccupata.
Le bacia una guancia: –Volevo avvisarti, po’ una cosa tira l’altra…
– Dove sei stata? – ha un tono indagatore.
– Con Emma e Raf, al Link. Ho conosciuto Walter – si lascia cadere sulla poltrona.
Walter se lo sente addosso.

– Mercoledì – le ha detto lui, prima di salutarla.
Riguarda la foto. Si addormenta.

Mercoledì.
Scendono in uno studio sotterraneo illuminato al neon. Una donna nuda è munita di strap-on, siede su uno sgabello in acciaio.
– Julia, mia moglie – dice Walter passandosi una mano nel ciuffo dorato.
Si baciano a lingue tese. Lei glielo fa tornare duro.
– Sei un bastardo di merda! – le urla Tina, serrando i pugni: – Fammi uscire!
Lui scatta, le dà una testata sul naso e la trascina al divano.
– No. No. Lasciami!
– Zitta – un pugno allo stomaco la piega in due.

Le spalanca a forza le mascelle che si oppongono ed entra. Julia esulta. Tina ha un conato. Ha la sensazione che tutto l’ossigeno del mondo stia finendo.

Lei le inchioda due dita nella fica.Vanno avanti per un po’. Dalla bocca di Tina trapelano versi sconnessi. Ora, dentro lo strap-on. Un colpo secco, profondo. Tina lancia un grido affogato. Walter se ne esce e la colpisce a un occhio: – E Zitta!
– La storia dei tuoi genitori è vera?
Lui fa partire una risata crudele. Si blocca: – Li ho uccisi io. Continua, su.

Tina stringe fra i denti e straccia. Un getto di sangue svolazza nell’aria. Sul volto, il collo.
Va di sopra. Julia la rincorre. È a un passo di distanza. Tina prende un coltello dal mobile della cucina, si volta e affonda. Julia ha una smorfia plastica di dolore e stupore. Cade riversa su se stessa in preda agli spasmi.

Walter ha le cosce impregnate di rosso. Nella mano destra un mazzafrusto.
Urla pronto ad agire. Scatta verso Tina. Lei gli lancia dei barattoli di crauti. Lui li evita. Inciampa nel tavolino in vetro. La gamba del tavolino lo trapassa.
Tina corre nella notte. Corre sotto ai portici, su per i colli, lungo un pendio.

Illustrazione di Paul Wade

Un pensiero su “Tina | Roz Catone

Lascia un commento