A voice whispers to me
And says nothing, nothing
There is nothing
— Current 93, The Frolic
Al crepuscolo dell’Ottocento, mentre l’essere umano vede sorgere l’alba del nuovo secolo – detto “il sanguinario” – la letteratura del soprannaturale vive un periodo di profonda metamorfosi: i castelli desolati si trasformano in sperduti villaggi o città in mezzo a montagne desolate mentre fantasmi e vampiri lasciano posto a creature senza nome provenienti da altri mondi o dalle più remote profondità della terra.
Sono le cosiddette “weird tales”, un sottogenere del racconto ‘horror’ dove l’elemento spaventoso si manifesta nell’inserimento di un irreale straniante all’interno del reale; per citare Fisher: “il weird è ciò che è fuori posto, ciò che non torna. Il weird apporta al familiare qualcosa che normalmente si trova al di fuori di esso, e che non si riconcilia con il «casalingo» (neppure come sua negazione). La forma artistica che è forse più appropriata al weird è quella del montaggio – la combinazione di due o più elementi che non appartengono allo stesso luogo.” (Mark Fisher, The weird and the Eerie)
Di articoli e libri sugli intermondi di H. G. Wells o sugli abissi di Lovecraft ne sono stati scritti anche troppi, eppure sembra che in questo nuovo secolo tremendo la weirdness stia destando un nuovo interesse.
O che magari, seppure seppellita dai realismi isterici della postmodernità, non se ne sia mai andata dalle menti di scrittori e scrittrici e dimorasse in qualche profondità abissale.
Ma lo straniamento è mai stato tradotto in musica?
È sempre stata mia opinione che per ogni genere lettarario vi sia un corrispettivo musicale: i Clock DVA, ad esempio, gruppo di musica industrial degli anni ’80, avrebbero potuto fungere tranquillamente da colonna sonora a Neuromante di Gibson; i pacchiani gruppi epic metal attingono praticamente ogni atmosfera dalla letteratura fantasy; il gruppo post-industrial Coil scrisse una magnifica colonna sonora per The Hellbound’s Heart di Clive Barker (che sfortunatamente non fu inserita nella soundtrack del suo adattamento cinematografico, Hellraiser, perché giudicata troppo cupa), e quale migliore colonna sonora per l’edonismo di Meno di zero di Easton Ellis (che a sua volta cita nel titolo Elvis Costello) se non qualche gruppo glam metal losangelino?
E ancora, i gruppi gothic rock con Edgar Allan Poe, la musica rap che oggi può essere considerata letteratura a se stante, il post-punk in bilico fra Camus e J. G. Ballard, il goregrind che è la traduzione “musicale” dello splatterpunk e così via…
Ma il Weird?
Chi è riuscito a interpretare sonoricamente quella disfunzione del reale che genera tremenda inquietudine?
Già Mark Fisher indicava, come esempio di musica weird e grottesca, il disco Grotesque (after the gramme) del gruppo post-punk inglese The Fall: “I Fall hanno prodotto quello che potremmo definire un weird modernista di massa, dove il weird plasma tanto la forma quanto il contenuto dell’opera.”
Nel 1988 un gruppo della scena anarchopunk, i Rudimentary Peni, pubblicano Cacophony, un disco interamente influenzato da Lovecraft in cui alcune canzoni sono dei veri e propri racconti weird messi in musica, inframezzati da canzonacce gutturali sguaiate e gorgoglii sommessi che sembrano provenire direttamente da R’lyeh.
Eppure, il matrimonio fra musica e letteratura weird può dirsi compiuto solo qualche anno dopo, e il suo fautore è lo scrittore americano Thomas Ligotti, autore di culto per l’innegabile qualità dei suoi racconti, in cui riflessioni nichilistiche memori di Cioran si alternano a spaventose creature soprannaturali e luoghi desolati.
In Ligotti l’orrore non viene mai chiarito, non si disvela mai in una forma concreta – a differenza ad esempio di un King, dove il mistero iniziale si manifesta spesso in una personificazione o mostrificazione del “male” – ma al contrario, nel procedere della narrazione l’atmosfera si fa sempre più torbida e rarefatta. Ligotti non sviluppa quasi mai un plot narrativo, né crea personaggi psicologicamente caratterizzati: semplicemente costruisce situazioni di cui i suoi protagonisti sono completamente in balia.
Ebbene, nel 1996 il progetto industrial/neofolk Current 93 dà alle stampe un disco, All The Pretty Little Horses, in cui vi è una canzone chiamata Twilight Twhilight Nihil Nihil For Thomas Ligotti Who Has Seen The Bloodbells Shine.
Non c’è da stupirsi: David Tibet, mastermind del progetto, già da tempo aveva varcato le soglie della weirdness con le sue malinconiche canzoni su famosi personaggi della letteratura infantile inglese eretti a divinità gnostiche e crocifissi in cielo o su mondi paralleli fatti di campane sanguinanti e gatti antropomorfi ispirati al pittore ottocentesco Louis Wain.
Twilight Twilight Nihil Nihil… è quasi un invito, e infatti nel 1998 David Tibet e Thomas Ligotti avviano una collaborazione dando alle stampe In A Foreign Town, In A Foreign Land, adattamento dark-ambient per un racconto oggi pubblicato nella raccolta Teatro Grottesco.
Questo album-racconto è diviso in quattro canzoni/capitoli che narrano le vicende degli abitanti di una tetra città ai confini del mondo, popolata da presenze oscure e riti stregoneschi.
Il racconto è interessante perché evidenzia un’altra peculiarità dello scrittore: a differenza di Lovecraft, suo padre putativo, che preferisce descrivere con minuzia di particolari situazioni perlomeno realistiche prima che l’orrore si manifesti, Ligotti il più delle volte immerge subito il lettore in un’atmosfera kafkiana dove lo spazio e il tempo sono indefiniti e indefinibili.
Questa città invisibile viene così narrata da Tibet mentre in sottofondo droni distanti, inquietanti voci in loop e rumor di tuba amplificano l’effetto di inquietudine e straniamento.
Tre anni dopo, ancora una volta Tibet e Ligotti danno alle stampe un disco insieme: I Have A Special Plan For This World, una lunga composizione della durata di venti minuti in cui Tibet legge un poema su un tappeto di droni e rumori.
La voce di Tibet ci giunge da lontano, come se fosse stata registrata su nastro ed è interrotta continuamente da una frequenza disturbata in cui si sente un rantolo incomprensibile di un essere umano forse non più tale.
Oltre all’inquietudine, le frequenze disturbate e le voci lontane danno all’ascoltatore una sensazione di estraniamento dal tempo, e citando ancora una volta Mark Fisher: “Il racconto del viaggio nel tempo non possiede forse un’intrinseca dimensione weird? Per sua stessa natura, questo genere di storia dopotutto combina entità e soggetti che appartengono a mondi diversi. Qui la soglia fra mondi è l’apparato che consente di viaggiare tra diversi periodi temporali (…) e l’effetto weird si manifesta tipicamente come un senso di anacronismo.”
Un ossessivo giro di sintetizzatore che appare e scompare durante tutto l’andamento del brano accompagna la recitazione di un poema che nel classico stile di Ligotti alterna riflessioni desolanti a visioni oscure: immersa in una misteriosa coltre di oscurità c’è un’anima inquieta che scorge una luce che si trova in fondo ad essa, nel mezzo compare e scompare un goffo personaggio che fa divertire i bambini e un grottesco spettacolo di bambole, entrambe forse metafore di Dio e dell’umanità.
Infine, in moto circolare, ripete (e, alla luce del racconto, inverte di senso) la strofa iniziale:
When everyone you have ever loved is finally gone
When everything you have ever wanted is finally done with
When all of your nightmares are for a time obscured
As by a shining brainless beacon
Or a blinding eclipse of the many terrible shapes of this world
When you are calm and joyful
And finally entirely alone
Then in a great new darkness
You will finally execute your special plan
Alla fine degli anni ’90 Ligotti scrive una folle sceneggiatura per un episodio di X-Files in cui racconta le vicende degli agenti Mulder e Scully nella oscura cittadina di Crampton, dove indagheranno sulla morte per infarto di un agente FBI aggredito da un pupazzo.
L’episodio non vedrà mai luce, ma da esso lo scrittore statunitense partirà per pubblicare un disco interamente suonato da lui, The Unholy City, in cui i sei poemi abbandoneranno i suoni dark-ambient dei precedenti lavori in favore di desolate chitarre acustiche, organetti e synth che riportano alla mente, oltre ovviamente ai Current 93, le canzoni degli Swans del periodo The Burning World.
La voce piatta di Ligotti non indulge in guizzi teatrali o cambi di tono, rendendo ancora più lapidari versi come:
But as soon as those heads came along nothing much has happened – or nothing worthy of note: the whole world reached its peak and turned into an enormous heads factory.
(You Do Not Own Your Head)
A differenza degli altri lavori, qui Ligotti punta molto su melodie che evidenziano il sentimento di rassegnazione di essere vittime del destino che permea tutto l’album. In una delle tracce più incisive, Nobody Is Anybody, agli arpeggi di chitarra acustica si accompagna un organo che in tre accordi trasmette una melodia tanto solenne quanto triste, mentre Ligotti ci racconta della vera natura degli abitanti della Unholy City, persone tutte uguali chiamate a recitare ruoli e a provare sentimenti fittizi e, in definitiva, a non essere nessuno.
Sulla falsariga di I Have A Special Plan For This World, nel 2001 esce un’altra collaborazione fra Tibet e Ligotti, This Degenerate Little Town, che non replica però lo stesso sentimento di weirdness dei lavori precedenti, limitandosi a droni, rintocchi di campane e alla recitazione di un altro poema nichilista.
Con il ritorno nel dibattito letterario dell’elemento “weird” e grazie al successo della serie televiva True Detective, dove vengono estrapolati alcune parti del saggio Cospirazione contro la razza umana, Ligotti vede espandersi la propria notorietà e altri progetti (non)musicali prendono spunto dai suoi scritti: la one-man-band dark ambient russa Item Caligo pubblica un disco, Rest In Oblivion, interamente ispirato a lui e il progetto weirdo lo-fi Witch Yuga pubblica una traccia interamente costruita su sample tratti dal sopracitato Cospirazione contro la razza umana.
Come Ligotti stesso scriverà, nel suo Di notte, al buio: appunti critici sulla narrativa del mistero: “la narrativa del mistero non ha lo scopo di far luce sulle procedure di routine che la maggior parte di noi segue fino alla tomba, ma di ripristinare un po’ della stupefazione che talvolta proviamo, e che probabilmente dovremmo provare più spesso, davanti all’esistenza nel suo aspetto essenziale. Reclamare questo senso di meraviglia di fronte all’irrealtà monumentalmente macabra della vita è risvegliarsi al misterioso: proprio come l’uomo che si sveglia nell’inferno perpetuo della sua breve storia, scuote la propria sensibilità intontita dal sonno e allunga la mano nel buio a cercare l’oggetto misterioso. Adesso, anche senza occhiali, ci vede”.
In questo modo, l’inquietudine della weirdness ha trovato un suono, l’umano è un po’ più solo nell’universo.
Fotografia di Ruth Bayer
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)