Come distruggere gli angeli (che però non esistono)

NIGREDO

Listen to them, the children of the night. What music they make!
Bram Stoker, Dracula

Uno spettro si aggira per l’Italia: è lo spettro della volontà di nuove spinte critiche dopo anni di stagnazione del mondo del pensiero, legati ormai quasi soltanto all’accademismo reazionario o alle nostalgie dei residuati post-sessantottini.
È salutare invece che dalle esperienze della CCRU di Fisher e Land e da tutte le variabili del cosiddetto accelerazionismo, proprio in Italia sia nato un brodo di coltura che segnala un’evidente volontà di superare l’empasse della critica italiana per esplorare questo nostro brave new world.

Fra guerre dei meme, classe disagiata, sinistralibri, futurabilità e xenofemminismi, i più accorti non avranno potuto fare a meno di notare un paio di anni fa emergere un soggetto quantomeno affascinante: il Gruppo di Nun, che appariva nell’ormai lontano 2018 sulle pagine di Not con l’interessante testo Manifesto di demonologia rivoluzionaria, per una sinistra della mano sinistra che si proponeva di opporre alla Via della Mano Destra, quella tradizionalmente legata alla magia bianca e vista da autori e autrici del testo come paradigma del dominio liberista e patriarcale, una negromanzia insurrezionale.
A questo erano seguiti altri due testi, l’apocalittico-divulgativo Astrologia Catastrofica e il Klossowskiano Buon dies natalis solis invicti, che – insieme alla presentazione di Dalle Ceneri di questo pianeta di Eugene Thacker, dove il Gruppo Di Nun si era presentato mascherato – non avevano fatto altro che aumentare quell’alone di sintomatico mistero che permeava questa nuova (?) disciplina.

Ed ecco che nel novembre 2020 esce, per Nero, Demonologia Rivoluzionaria, una raccolta di brevi saggi che, partendo dai proclami del Gruppo Di Nun, cercano di approfondire la possibilità di forzare la mano sinistra del caso per scatenare l’insurrezione gotica.

Da una prima lettura risulta praticamente impossibile riuscire a fare una recensione su una serie di testi così fitti, che scandagliano in maniera caotica magia, alchimia, scienza, movimenti subculturali e tensioni apocalittiche.

È impossibile anche riuscire a presagire un’uniformità stilistica nel difforme e deforme avvicendarsi degli autori e autrici, dato che passiamo dal linguaggio mutuato dal Crowley del Liber AL vel legis del Gruppo di Nun allo scientismo alchemico di un testo come “Materialismo spettrale” di Laura Tripaldi fino alla critica sociomusicale di Kulesko, dal simbolismo di Mattioli alla sociologia di Monacelli, in un libro che ha echi di Reynolds, Land, Bifo, Thacker, Euronymous, Austin Osman Spare, Genesis P-Orridge (periodo “Message from thee temple”) e chi più ne ha più ne metta per quello che pare essere più un grimorio che una raccolta di saggi.

Pertanto, dove è impossibile criticare – positivamente o negativamente – un testo di tale complessità, mi accingerò a porre all’attenzione del lettore/lettrice i lati positivi e negativi del mondo che porta con sè, e lo farò presumendo il portato letterario e quello politico di questo testo che, come andremo a vedere, sono assolutamente in antitesi.

ALBEDO

This day when it had light mother call me retch. You’re retch she said  
Richard Matheson, Born of man and woman

Barbari, Sol Sigillum, nuovi pianeti, traphouse dove tossici depressi scrivono canzoni disperate… Tutto Demonologia Rivoluzionaria è un pastiche che gioca fra il pop (anche nelle sue forme più underground, vedasi il largo spazio che viene dato al black metal) e i saperi esoterici. Potrebbe essere, a conti fatti, il più grande libro new weird ad oggi mai scritto in Italia: il sincretismo fra vari generi letterari, la negazione del distinguo fra cultura alta e bassa, il portato politico e la mancanza di una linea temporale definita sono le costanti dei vari testi e dell’avvicendarsi dell’uno con l’altro, così densi di nozioni e così schizofrenici nelle proposte da confondere chi legge ma da incuriosirlo nell’espandere la propria coscienza con riti e letture, lo identificano come opera letteraria vera e propria.

Del resto, l’ultima parte del tomo, “Nigredo”, vede librarsi in momenti quasi narrativi come il profondamente toccante “Mater Dolorosa” e le interessantissime derive di “Solarizzazione” e de “La più alta forma di gnosi”.

Non letterari, ma pregni di suggestioni ancestrali e narrative sono anche i testi di Kulesko nella seconda parte del libro, che rivaleggiano con il Fisher più ispirato, e nell’insieme tutto il libro dà l’idea che autori e autrici sarebbero molto a proprio agio nel confrontarsi con la narrativa.

Proprio per questo, per l’eleganza formale dei testi e per l’intenso spirito divulgativo con cui sono stati scritti questo libro merita di non essere letto solo sull’onda dell’hype che intelligentemente Nero riesce a costruire, ma come vera e propria prima mattonella di quella Weird Italian Theory che potrebbe promettere molto bene non tanto nell’ambito della critica allo stato di cose presente quanto in quello della letteratura.
Sembra infatti essere stata finalmente nobilitata anche qui la letteratura di genere, e questo grimorio va ancora più in là: non solo la letteratura horror e sci-fi è qualcosa di più che l’infantilismo regressivo con cui era stata bollata dall’ottusa critica italiana, ma anche il pensiero esoterico, le teoria del complotto e la musica estrema possono essere chiavi importanti per capire il mondo in cui, volenti o soprattutto nolenti, viviamo.

RUBEDO

I don’t think you’re anyone!” Raymond Andrew Joubert pipes up in that childish, wavering voice. It cuts through the stale, overheated air of the courtroom like a bright blade. “You’re only made of moonlight!”
Stephen King, Gerald’s game

“Noi siamo ferocemente religiosi” scriveva Bataille in uno degli ultimi articoli della rivista da lui fondata insieme agli altri membri della “Congiura Sacra”, l’Acephale.
Essi intendevano, nella prima metà degli anni 30, contrastare la potenza religiosa della mistica nazifascista con un misticismo caotico e negatore.

Non è l’unico esempio, del resto, di un tentativo di piegare suggestioni religiose e/o esoteriche alla volontà dettasi “rivoluzionaria”: Bibdei, anarchico e terrorista bezmotivniky (“senza motivo”) della tumultuosa Byalistok del 1905, scriveva: «Non uno scherzo innocente di “rivoluzionisti”, ma la Walpurgisnacht della rivoluzione, quando all’appello di Lucifero (sic) gli Spartachi, i Razin e gli eroi dello stivale insanguinato planeranno sulla terra. L’insurrezione di Lucifero in persona!» (O Liutsifere, velikom dunkhe vozmuschceniia, nesoznatel’nosti’, anarkhii i beznachalie) mentre novant’anni dopo Hakim Bey tentava di coniugare anarchismo post-leftist americano e Chaos Magick.

Anche Burroughs, facendo suo il motto degli Hashishins e di Nietzsche “niente è vero, tutto è lecito”, univa in alcuni dei suoi libri più belli tumultuose rivolte e divinità Maya come Ah-Pook, poi citato in dischi di gruppi anarchopunk e in fanzine anarco-nichiliste, per non tacere del poeta individualista Renzo Novatore che nei suoi goffi inni alla rivolta si perdeva in visioni misticheggianti e rievocative del mito prometeico.

Demonologia Rivoluzionaria segue questa tradizione (o Tradizione?), e la approfondisce cercando di costruire un apparato interpretativo del mondo, sensibile e non, che sia foriero di un metodo prossimo a venire.

Tutto molto affascinante, ma quanto è effettivamente rivoluzionario?

Una volta un valentuomo si immaginò che gli uomini annegassero nell’acqua soltanto perché ossessionati dal pensiero della gravità. Se si fossero tolti di mente questa idea, dimostrando per esempio che era un’idea superstiziosa, un’idea religiosa, si sarebbero liberati dal pericolo di annegare. Per tutta la vita costui combatté l’illusione della gravità, delle cui dannose conseguenze ogni statistica gli offriva nuove e abbondanti prove.

Per gli adepti di Nun tutta la vita delle società moderne in cui predominano le condizioni attuali di produzione immaginifica volta al realismo capitalista si presenta come l’emanazione della magia della mano destra a cui deve rispondere una mano sinistra caotica e disgregante portatrice dell’insurrezione gotica.

Non si va molto in là: poiché secondo la loro fantasia le relazioni fra gli uomini, ogni loro fare e agire, i loro vincoli e i loro impedimenti sono prodotto di una sorta di mondo delle idee corrotto che spinge il singolo a deificarsi, i Demonologi coerentemente chiedono agli uomini, come postulato morale, di sostituire ad esso la Volontà (thelemiticamente parlando) e di sbarazzarsi così dei loro impedimenti. Questa richiesta, di modificare la coscienza, conduce all’altra richiesta, di interpretare diversamente ciò che esiste, ossia di riconoscerlo mediante una diversa interpretazione. I demonologi così rischiano di non fare altro che parlare la lingua che contestano solo con un altro accento, dimenticando che alle suggestioni del dominio essi stessi non oppongono altro che altre suggestioni, e che non combattono il mondo realmente esistente quando combattono soltanto le suggestioni di questo mondo.

Intendiamoci: tutto ciò che sta venendo fuori dalla nuova theory internazionale è profondamente interessante perché annusa il presente molto più che gli ormai vetusti recuperi formali delle ideologie della prima internazionale, ormai pallide ombre degli ultimi – fallimentari – tantativi di assalto al cielo.

Ma leggere le fantasie del presente non significa cambiarlo e, per dieci accel che ci dicono che il loro è solo prankismo per smuovere il sonnacchioso mondo di sinistra avremo duecento gregari/e che credono che un meme, un rituale o un taglio di capelli irriverente e sbarazzino siano realmente utili per abolire lo stato di cose presente, ed è qui che la novità del magmatico mondo della Theory diventa tale solo formalmente, mentre informalmente ricalca il tentativo idealistico mutuato da Gramsci di costruire un’egemonia sulla sovrastruttura, come se la vita non fosse altro che sogno.

Quando abbiamo davanti Demonologia Rivoluzionaria possiamo fare due cose quindi: o prenderlo per un ottimo testo divulgativo scritto da persone preparatissime con ottime potenzialità letterarie o raccontarci che il mondo può cambiare solo se usiamo la nostra immaginazione.

Purtroppo per il Gruppo di Nun, l’unico processo che genera se stesso è il capitale, mentre l’Amore, sia pur sola Legge, è una cosa meravigliosa come quella polverina che si scorge nelle notti estive alla luce di una luna funeraria, ma come tale non lascia nulla su un mondo che per essere cambiato non andrebbe interpretato, ma distrutto.

(Luca Gringeri)

Gruppo di Nun, Demonologia Rivoluzionaria (Nero Edizioni)
270 pagine
Novembre 2020


Quando sentirai cantare, saprai che è l’ora

A voice whispers to me
And says nothing, nothing
There is nothing
— Current 93, The Frolic
Al crepuscolo dell’Ottocento, mentre l’essere umano vede sorgere l’alba del nuovo secolo – detto “il sanguinario” – la letteratura del soprannaturale vive un periodo di profonda metamorfosi: i castelli desolati si trasformano in sperduti villaggi o città in mezzo a montagne desolate mentre fantasmi e vampiri lasciano posto a creature senza nome provenienti da altri mondi o dalle più remote profondità della terra.
Sono le cosiddette “weird tales”, un sottogenere del racconto ‘horror’ dove l’elemento spaventoso si manifesta nell’inserimento di un irreale straniante all’interno del reale; per citare Fisher: “il weird è ciò che è fuori posto, ciò che non torna. Il weird apporta al familiare qualcosa che normalmente si trova al di fuori di esso, e che non si riconcilia con il «casalingo» (neppure come sua negazione). La forma artistica che è forse più appropriata al weird è quella del montaggio – la combinazione di due o più elementi che non appartengono allo stesso luogo. (Mark Fisher, The weird and the Eerie)
Di articoli e libri sugli intermondi di H. G. Wells o sugli abissi di Lovecraft ne sono stati scritti anche troppi, eppure sembra che in questo nuovo secolo tremendo la weirdness stia destando un nuovo interesse.
O che magari, seppure seppellita dai realismi isterici della postmodernità, non se ne sia mai andata dalle menti di scrittori e scrittrici e dimorasse in qualche profondità abissale.
Ma lo straniamento è mai stato tradotto in musica?
È sempre stata mia opinione che per ogni genere lettarario vi sia un corrispettivo musicale: i Clock DVA, ad esempio, gruppo di musica industrial degli anni ’80, avrebbero potuto fungere tranquillamente da colonna sonora a Neuromante di Gibson; i pacchiani gruppi epic metal attingono praticamente ogni atmosfera dalla letteratura fantasy; il gruppo post-industrial Coil scrisse una magnifica colonna sonora per The Hellbound’s Heart di Clive Barker (che sfortunatamente non fu inserita nella soundtrack del suo adattamento cinematografico, Hellraiser, perché giudicata troppo cupa), e quale migliore colonna sonora per l’edonismo di Meno di zero di Easton Ellis (che a sua volta cita nel titolo Elvis Costello) se non qualche gruppo glam metal losangelino?
E ancora, i gruppi gothic rock con Edgar Allan Poe, la musica rap che oggi può essere considerata letteratura a se stante, il post-punk in bilico fra Camus e J. G. Ballard, il goregrind che è la traduzione “musicale” dello splatterpunk e così via…
Ma il Weird?
Chi è riuscito a interpretare sonoricamente quella disfunzione del reale che genera tremenda inquietudine?
Già Mark Fisher indicava, come esempio di musica weird e grottesca, il disco Grotesque (after the gramme) del gruppo post-punk inglese The Fall: “I Fall hanno prodotto quello che potremmo definire un weird modernista di massa, dove il weird plasma tanto la forma quanto il contenuto dell’opera.”
Nel 1988 un gruppo della scena anarchopunk, i Rudimentary Peni, pubblicano Cacophony, un disco interamente influenzato da Lovecraft in cui alcune canzoni sono dei veri e propri racconti weird  messi in musica, inframezzati da canzonacce gutturali sguaiate e gorgoglii sommessi che sembrano provenire direttamente da R’lyeh.
Eppure, il matrimonio fra musica e letteratura weird può dirsi compiuto solo qualche anno dopo, e il suo fautore è lo scrittore americano Thomas Ligotti, autore di culto per l’innegabile qualità dei suoi racconti, in cui riflessioni nichilistiche memori di Cioran si alternano a spaventose creature soprannaturali e luoghi desolati.
In Ligotti l’orrore non viene mai chiarito, non si disvela mai in una forma concreta – a differenza ad esempio di un King, dove il mistero iniziale si manifesta spesso in una personificazione o mostrificazione del “male” – ma al contrario, nel procedere della narrazione l’atmosfera si fa sempre più torbida e rarefatta. Ligotti non sviluppa quasi mai un plot narrativo, né crea personaggi psicologicamente caratterizzati: semplicemente costruisce situazioni di cui i suoi protagonisti sono completamente in balia.

giphy
Via

Ebbene, nel 1996 il progetto industrial/neofolk Current 93 dà alle stampe un disco, All The Pretty Little Horses, in cui vi è una canzone chiamata Twilight Twhilight Nihil Nihil For Thomas Ligotti Who Has Seen The Bloodbells Shine.
Non c’è da stupirsi: David Tibet, mastermind del progetto, già da tempo aveva varcato le soglie della weirdness con le sue malinconiche canzoni su famosi personaggi della letteratura infantile inglese eretti a divinità gnostiche e crocifissi in cielo o su mondi paralleli fatti di campane sanguinanti e gatti antropomorfi ispirati al pittore ottocentesco Louis Wain. 
Twilight Twilight Nihil Nihil… è quasi un invito, e infatti nel 1998 David Tibet e Thomas Ligotti avviano una collaborazione dando alle stampe In A Foreign Town, In A Foreign Land, adattamento dark-ambient per un racconto oggi pubblicato nella raccolta Teatro Grottesco.
Questo album-racconto è diviso in quattro canzoni/capitoli che narrano le vicende degli abitanti di una tetra città ai confini del mondo, popolata da presenze oscure e riti stregoneschi.
Il racconto è interessante perché evidenzia un’altra peculiarità dello scrittore: a differenza di Lovecraft, suo padre putativo, che preferisce descrivere con minuzia di particolari situazioni perlomeno realistiche prima che l’orrore si manifesti, Ligotti il più delle volte immerge subito il lettore in un’atmosfera kafkiana dove lo spazio e il tempo sono indefiniti e indefinibili.
Questa città invisibile viene così narrata da Tibet mentre in sottofondo droni distanti, inquietanti voci in loop e rumor di tuba amplificano l’effetto di inquietudine e straniamento.
Tre anni dopo, ancora una volta Tibet e Ligotti danno alle stampe un disco insieme: I Have A Special Plan For This World, una lunga composizione della durata di venti minuti in cui Tibet legge un poema su un tappeto di droni e rumori.
La voce di Tibet ci giunge da lontano, come se fosse stata registrata su nastro ed è interrotta continuamente da una frequenza disturbata in cui si sente un rantolo incomprensibile di un essere umano forse non più tale.
Oltre all’inquietudine, le frequenze disturbate e le voci lontane danno all’ascoltatore una sensazione di  estraniamento dal tempo, e citando ancora una volta Mark Fisher: “Il racconto del viaggio nel tempo  non possiede forse un’intrinseca dimensione weird? Per sua stessa natura, questo genere di storia dopotutto combina entità e soggetti che appartengono a mondi diversi. Qui la soglia fra mondi è l’apparato che consente  di viaggiare tra diversi periodi temporali (…) e l’effetto weird si manifesta tipicamente come un senso di anacronismo.
Un ossessivo giro di sintetizzatore che appare e scompare durante tutto l’andamento del brano accompagna la recitazione di un poema che nel classico stile di Ligotti alterna riflessioni desolanti a visioni oscure: immersa in una misteriosa coltre  di oscurità c’è un’anima inquieta che scorge una luce che si trova in fondo ad essa, nel mezzo compare e scompare un goffo personaggio che fa divertire i bambini e un grottesco spettacolo di bambole, entrambe forse metafore di Dio e dell’umanità.
Infine, in moto circolare, ripete (e, alla luce del racconto, inverte di senso) la strofa iniziale:
    

When everyone you have ever loved is finally gone
When everything you have ever wanted is finally done with
When all of your nightmares are for a time obscured
As by a shining brainless beacon
Or a blinding eclipse of the many terrible shapes of this world
When you are calm and joyful
And finally entirely alone
Then in a great new darkness
You will finally execute your special plan

Alla fine degli anni ’90 Ligotti scrive una folle sceneggiatura per un episodio di X-Files in cui racconta le vicende degli agenti Mulder e Scully nella oscura cittadina di Crampton, dove indagheranno sulla morte per infarto di un agente FBI aggredito da un pupazzo.
L’episodio non vedrà mai luce, ma da esso lo scrittore statunitense partirà per pubblicare un disco interamente suonato da lui, The Unholy City, in cui i sei poemi abbandoneranno i suoni dark-ambient dei precedenti lavori in favore di desolate chitarre acustiche, organetti e synth che riportano alla mente, oltre ovviamente ai Current  93, le canzoni degli Swans del periodo The Burning World.
La voce piatta di Ligotti non indulge in guizzi teatrali o cambi di tono, rendendo ancora più lapidari versi come:

But as soon as those heads came along nothing much has happened – or nothing worthy of note: the whole world reached its peak and turned into an enormous heads factory.

(You Do Not Own Your Head)

A differenza degli altri lavori, qui Ligotti punta molto su melodie che evidenziano il sentimento di rassegnazione di essere vittime del destino che permea tutto l’album. In una delle tracce più incisive, Nobody Is Anybody, agli arpeggi di chitarra acustica si accompagna un organo che in tre accordi trasmette una melodia tanto solenne quanto triste, mentre Ligotti ci racconta della vera natura degli abitanti della Unholy City, persone tutte uguali chiamate a recitare ruoli e a provare sentimenti fittizi e, in definitiva, a non essere nessuno.
Sulla falsariga di I Have A Special Plan For This World, nel 2001 esce un’altra collaborazione fra Tibet e Ligotti, This Degenerate Little Town, che non replica però lo stesso sentimento di weirdness dei lavori precedenti, limitandosi a droni, rintocchi di campane e alla recitazione di un altro poema nichilista.
Con il ritorno nel dibattito letterario dell’elemento “weird” e grazie al successo della serie televiva True Detective, dove vengono estrapolati alcune parti del saggio Cospirazione contro la razza umana, Ligotti vede  espandersi la propria notorietà e altri progetti (non)musicali prendono spunto dai suoi scritti: la one-man-band dark ambient russa Item Caligo pubblica un disco, Rest In Oblivion, interamente ispirato a lui e il progetto weirdo lo-fi Witch Yuga pubblica una traccia interamente costruita su sample tratti dal sopracitato Cospirazione contro la razza umana.
Come Ligotti stesso scriverà, nel suo Di notte, al buio: appunti critici sulla narrativa del mistero: “la narrativa del mistero non ha lo scopo di far luce sulle procedure di routine che la maggior parte di noi segue fino alla tomba, ma di ripristinare un po’ della stupefazione che talvolta proviamo, e che probabilmente dovremmo provare più spesso, davanti all’esistenza nel suo aspetto essenziale. Reclamare questo senso di meraviglia di fronte all’irrealtà monumentalmente macabra della vita è risvegliarsi al misterioso: proprio come l’uomo che si sveglia nell’inferno perpetuo della sua breve storia, scuote la propria sensibilità intontita dal sonno e allunga la mano nel buio a cercare l’oggetto misterioso. Adesso, anche senza occhiali, ci vede”.
In questo modo, l’inquietudine della weirdness ha trovato un suono, l’umano è un po’ più solo nell’universo.
Fotografia di Ruth Bayer

Contro il carattere estetizzante del nuovo realismo

Ci hanno insegnato a non temere il nulla che governa le nostre esistenze. La mancanza di senso tra una parola e quella successiva, il trauma della pagina bianca. Le parole ‘violenza’, ‘guerra’, ‘amore’, ancora prima di significare qualcosa, sono suoni articolati che nella nostra mente riproducono determinate immagini delle cose e delle sensazioni che abitano il mondo. Infatti, siamo alla costante ricerca dell’esatta correlazione semantica tra parola e sua immagine evocata.
C’è una generica tendenza, nell’immaginario occidentale contemporaneo, di totale pessimismo e conseguente conservatorismo che io trovo – oltre che limitante – di una spocchia francamente insopportabile: l’abitudine eurocentrica e tipicamente nostrana a considerare il mondo esterno come qualcosa di finito, sepolto, non più capace di suggerirci alcunché di sensibile e degno di nota.Continua a leggere…

Contro ogni sintesi

La tua lingua è una lingua biforcuta e noi
la faremo a striscioline la tua e il linguaggio
di tutti
ricorda che li punto cozzerà, tremerà a contatto
del punto che si chiama altro […]
e sarà il nostro moto quello
d’un atomo, universale.
Patrizia Vicinelli, È ora di spezzare questa combustione

Sotto cieli costellati di satelliti, capitali, radiofrequenze, l’isteria di massa avanza dalle terre di un pianeta che oramai frigge alle stesse temperature di una cotoletta di pollo. Chi vaneggia da decenni l’imminente fine di ogni ideologia, chi l’avvenuta fine della Storia, chi rifugge l’incedere barbaro dei moti sociali, chi ritorna al corpo, chi auto-narra le proprie vanaglorie artistiche tramite un post su qualche social, chi soccombe, chi si strangola attorno a fragili certezze categoriali, le poche intraviste in una squallida epoca spettacolare e pornografica. “Après nous, le déluge” soleva proferire Madame de Pompadour al proprio amante borbonico intuendo la prossimità del caos che sarebbe seguito alla caduta della monarchia. Ciò che tuttavia costituisce il fil rouge di questi stati percettivi intimamente contemporanei – siano essi manifestati in un testo poetico ad alta voce, sia nello spot pubblicitario di un dentifricio – è la violenza, simbolica o fisica, come veicolo dell’affermazione del proprio orizzonte artistico ed esistenziale.Continua a leggere…