Zona MC, al secolo Stefano Mularoni, è attivo musicalmente da più di dieci anni e la sua penna strabordante ha dato vita a diversi album, che esplorano quel territorio di confine tra hip-hop e breakcore, tra flusso di coscienza e analisi millimetricamente soppesata, tra temi generali e prospettiva personale. Da sempre disponibili gratuitamente sul suo sito, ora i suoi album sono presenti anche su tutte le piattaforme di streaming musicale. In occasione di questa apertura del suo catalogo gli abbiamo proposto un’intervista psicogeografica lungo tutta la sua discografia.
Partiamo col nostro viaggio con Breakhop, album che porta nel titolo quella crasi di generi che hai voluto esplorare con una accuratezza che sembra superare gli stilemi breakcore ed hip-hop e sembra fonderli più profondamente, a livello di punto di vista ed analisi sul mondo. In che modo hai approcciato questi linguaggi, e come è nata l’idea di farli confluire in un solo flusso fino al mixtape Respectro?
Credo che gli ibridi nascano sempre dall’amore che per natura supera ogni limite: nella musica, come nella sessualità, l’amore va oltre ogni “genere”. Beat distorti e rap in stile Uochi Toki, filosofia, sample di Rachmaninoff e batterie breakcore erano semplicemente gli ingredienti del mio nutrimento quotidiano e la musica è stato l’apparato digerente con cui li ho masticati e rimescolati tutti in un “bolo” (nella fase in cui studiavo a… Bolo! Chiedo scusa ai lettori seri). Invece Respectro, ripensandoci, nasce anche perché in quel periodo non mi stava uscendo del vero e proprio breakhop ma ne avevo ancora voglia (e solo in pochi lo fanno, anche oggi) e quindi ho sostituito il mio rap-copia con l’ingrediente originale: i maestri da cui ho imparato a rappare (2Pac, Nas, Wu-Tang, Biggie, Mos Def, Big Pun, Big-L, Aesop Rock…) su pezzi breakcore o electro. In ogni caso sei troppo gentile a definirla una mia “analisi sul mondo”, o meglio: la breakcore lo era già, io ne ho solo riverberato il senso con i testi, cercando di evocare anche con le parole quella “continuità che sorvola un mondo a pezzi”.
Porconomia, il tuo ultimo album come Zona MC prima di Burlona, è una serie di quadri chiarissimi delle umanità in gioco, in Italia e oltre, in quel terreno tra politica, economia ed etica, terreni poi incrociati con la storia nel tuo libro “Le origini del sovranismo”. In che modo, e per quale motivo, pensi che temi di questo tipo debbano essere divulgati?
Da tanto tempo percorro la strada per diventare un professore nei licei: mi sembra una delle vie migliori per insegnare e comunicare qualcosa di profondo e importante a persone che altrimenti non incontrerei o non mi ascolterebbero; ma in realtà cerco di tenere (per quanto possibile) separate le mie idee politiche dalle spiegazioni scolastiche, quindi la vera divulgazione orientata avviene sempre fuori dalla scuola, con libri e musica, rivolta (credo/temo) solo alla mia “bolla”. Per quanto riguarda l’economia o la storia c’è stata un’ingenua superbia alla base della mia scelta di “divulgare”: come se io stesso non fossi “volgo”! Quando ho cominciato non solo mi mancavano i titoli accademici del settore (tuttora sono laureato solo in filosofia) ma anche una solida conoscenza da autodidatta delle nozioni fondamentali. Il punto è che già con i miei primi studi economici avevo scoperto dei dati e dei modelli che avevano rovesciato la mia precedente posizione politica (che era ancora più ingenua e superba!), trovando delle chiavi, quasi dei passepartout, con cui comprendere finalmente alcuni eventi storici determinanti (ad esempio il passaggio dalla stagflazione degli anni ‘70 all’ondata neoliberista degli ultimi decenni, la riunificazione tedesca, Maastricht e l’introduzione dell’euro). Per dare qualche riferimento testuale, tutto è iniziato nella fase in cui la crisi economica stava raggiungendo l’apice in Italia: tentando di capire meglio le teorie economiche di cui parlava Barnard ero finito sul blog di Bagnai il quale, come ogni bravo prof, mi ha fatto capire quanto profonda era la mia ignoranza, fornendomi al contempo l’abc della macroeconomia; poi, negli anni successivi, mi sono messo a studiare testi universitari di Krugman, Blanchard e Brancaccio con cui ho esplorato vari modelli macroeconomici attuali e con J. K. Galbraith e Augusto Graziani ho approfondito la storia dell’economia (in generale con il primo; italiana del ‘900 con il secondo). Sono testi talmente illuminanti che mi hanno fatto sentire il dovere della divulgazione ma, appunto, non ha senso il dovere senza il sapere! Per questo, a metà strada, nel periodo di Porconomia, ho ritratto quasi solo le opinioni della massa, o meglio, di chi crede di sapere e non sa, facendo emergere il mio percorso per contrasto, senza l’ingenua pretesa di offrire delle proposte (che infatti lasciano spazio al silenzio nell’ultima traccia, quella che dovrebbe offrire soluzioni “anti-crisi”). Solo quando tutti i miei studi si sono intrecciati li ho infine riassunti nel mio libro del 2019 sulle origini del “sovranismo”: ma come sempre non so quanto sia servito agli altri. Di certo ho avuto più feedback con la mia “divulgazione musicale”; certo, in un disco non puoi spiegare problemi specialistici troppo complessi (anche se, non esistendo un limite fisso, produco da sempre in questo margine, ibridando) ma di sicuro puoi risvegliare un interesse e forse questo è ciò che finora mi è riuscito meglio.

Altro terreno in cui la tua penna pesca a piene mani è la filosofia, sia per quanto riguarda i temi che tratti e gli impianti speculativi con cui li esplori, sia per i riferimenti che citi con frequenza, con un acme in Ananke, che è quasi una tesi compilativa sulla storia della Necessità riassunta in un EP. È anche uno dei tuoi campi di studi: che ruolo ha, tutto questo, nella tua scrittura?
Ancora un ibrido, ancora l’amore: i miei primi amori adolescenziali sono stati appunto il rap e la filosofia; se non si fossero uniti sarei rimasto scisso, non riesco nemmeno a immaginarlo! Anche i rapper che ascoltavo citavano talvolta dei filosofi ma mi sembrava sempre una sorta di orpello, un modo di darsi un tono invece di esplorare realmente il terreno della filosofia con le proprie rime: insomma, per loro era una citazione come tante, per me era un amore che stava per produrre un ibrido (sia chiaro, più tardi ho scoperto che contemporaneamente Murubutu stava componendo quel pezzo incredibile su Diogene di Sinope uscito proprio negli anni tra Ananke e Caosmo! Nel senso: non si inventa mai niente da soli, si è parte di un problema/clima virtuale comune). Ma forse non è Ananke il mio disco più filosofico: quello, più che una tesi, è un bignami mono-concettuale in rima, che quindi cita tanti filosofi e sistemi ma senza approfondirli, ruotando intorno a un solo concetto. Forse invece Breakhop e Caosmo sono più “filosofici” in quanto – anche se non creano propriamente dei concetti – attualizzano da più punti di vista varie riflessioni deleuziane (oltre la viseità – voltre, contro l’opinionanismo, un caosino virtuale oltre il digitale robotico, eccetera), proprio come stavo facendo nello stesso periodo nella mia tesi di laurea sul “virtuale” e sul web 2.0. In ogni caso la mia conoscenza della filosofia ai tempi era molto limitata; dopo gli ultimi 10 anni di studio (e di supplenze di storia e filosofia a scuola) ora mi sento in grado di fare molto di più, sia a scuola che nella musica!
Burlona è un album che nasce in combo con Burla22, produttore già comparso in altri tuoi lavori e realizzatore della cover del tuo Scrivere col Sangue. Se inizialmente i primi dischi li producevi tu stesso, man mano ti sei sempre più affidato a produzioni altrui, e così facendo la forma dei tuoi pezzi ha cominciato ad evolvere e mutare. Che rapporto intercorre tra quel che scrivi e la componente sonora? Che succedeva quando performavi live accompagnato invece dal solo battito di un metronomo?
Amo fare musica e rappare dal vivo senza basi, quindi faccio ancora entrambe le cose, ma ho amato Burla e la sua crew (Grr, Darkam, eccetera) dal primo ascolto: la loro musica è senza alcun dubbio più curata, più geniale e più bella della mia. Quindi anche qui abbiamo ibridato: in questo caso siamo animali lenti ma una volta ogni tot anni ci riproduciamo! Spesso comunque scrivo una strofa su una mia base a cui poi mi affeziono, è successo ad esempio con alcuni pezzi di Porconomia (i primi tre, come quello che campiona Svalutation di Celentano) che hanno basi molto grezze ma che secondo me erano ritmicamente più adatte di quelle (più belle) che mi passavano gli altri collaboratori (tra l’altro il sample di Svalutation accompagna un brano in cui si parla anche e proprio di svalutazione). Diciamo che i testi nascono sempre da una mia idea (tranne in Burlona) ma poi il perfezionamento ritmico lo faccio sempre sulle musiche, mie o altrui (e queste ultime nascono o spontaneamente dagli altri – come i beat di Burla in Caosmo – o da un progetto ideato insieme – Burlona). Sull’ultima domanda: ho sempre amato esibirmi (forse troppo!) e non sono mai stato realmente solo sul palco, anche perché il mio carattere genera sempre un rapporto intenso con il pubblico, a volte fino al litigio!
Parlando ancora di copertine, quella di Caosmo è affidata invece al l’illustrazione di Lapis Niger, aka Napo degli Uochi Toki. Con loro, il tuo rapporto di collaborazioni è lunghissimo: dal tuo cameo in Cuore Amore Errore Disintegrazione e alla pubblicazione di due dei tuoi album, tra le tante etichette, anche sui loro Accostamenti Improbabili, fino ad un costante intersecarsi che ancora prosegue. Come è nato il vostro incontro?
Se non ricordo male una mia ex-fidanzata – che ringrazio con tutto il cuore – me li ha consigliati per la prima volta ai tempi dell’università. Da quel momento è nata una sorta di pulsione imitativa e agonistica (ambivalenza che ho descritto anche nel brano “NeMito” in cui si parla appunto di come ogni mito deve diventare anche in parte un avversario da sfidare per non limitarsi a un’adorazione statica e sterile) che mi ha infine condotto a inviargli un mio demo-cd in cui li copiavo spudoratamente: se ricordo bene dopo vari ascolti hanno capito che dietro a quell’imitazione c’era qualcosa di non imitato, qualcosa di spontaneo che poteva maturare, quindi ci siamo incontrati e da lì è stata un’amicizia senza pause. Ovviamente, come si può intuire anche solo dai dischi, abbiamo spesso prassi, interessi e idee divergenti: ma chi ha detto che gli amici devono essere identici. Anzi, se avessi continuato a copiarli cercando di essere identico a loro forse non li avrei mai incontrati! Nota a margine: la vera risposta alla prima domanda sul breakhop è qui, in quanto ho scoperto da una loro intervista il nome di Venetian Snares e la breakcore!
Dopo essere passati attraverso tutte le tue passate produzioni, si arriva ad oggi, con la pubblicazione di tutto il tuo catalogo su Spotify. A cosa è dovuta questa scelta, dopo esserti sempre distribuito in maniera indipendente? E, soprattutto, bolle in pentola qualcosa per il futuro?
In realtà non credo di essere mai riuscito a essere totalmente indipendente: già con youtube e facebook avevo rinunciato a boicottare le grandi piattaforme: essendo la mia musica “free” sono caduto nella trappola del “freemium”. Sui progetti futuri: come dicevo prima, aver dedicato quasi tutto il mio tempo e spirito(saggine) allo studio mi ha riempito di storie che vorrei raccontare, quindi forse scriverò qualcosa di meno filosofico e più storico, una sorta di Ananke o Caosmo della storia contemporanea con cui ripercorrere in rima il (o meglio, le interpretazioni più note del) ‘900 per poi arrivare a oggi e gridare “espropriamo gli espropriatori, statalizziamo Spotify”!
FOLLIA VS. ROBOTICA
Il caos si rivela solo da un setaccio
L’automa lo riconobbe vedendo sotto la tuta epidermica il suo tatuaggio sul braccio
Ma quando dallo schizofrenico
Schizzarono insieme lacrime/pianti e un sorriso in un viso angelico
L’automa non comprese questa fusione di emozioni
Una contraddizione dei programmi l’aveva bloccato quasi come in robotmeditazione
Lo schizo schizzò via a velocità supersonica
Forse solo la follia può superare la robotica
Ma follia è un termine fuorviante
Più in generale abbiam frainteso il concetto di virtuale
Che non è affatto il digitale ma il problematico da creare
Chatroulette è il trionfo del random
Fenditura nella morale interpersonale
L’esempio più banale ed evidente è quello sessuale
Mentre il ricordo di un corpo noto nella masturbazione
Non è soltanto selezione, è la lotta fra immagine ed immaginazione
L’immagine nel web esplode in una pluriserializzazione
E come l’operaio nella produzione
Anche il masturbatore ha una propria forma di alienazione
Tu immagina un mondo In cui il digitale vorrà simulare e soddisfare
il tuo desiderio erotico più profondo: AntiEdipo del web 2.0
L’illusione in fondo è la stessa di quello che viene chiamato “mondo vero”
Ovvero quella di concepire il desiderio come mancanza
E rinchiuderlo in un’immagine che la completi ma non è mai abbastanza
“Benvenuto su Youporn 3.0
Carica l’immagine di persone che hai visto non solo sul web, ma davvero
Il sito crea automaticamente avatar in 3 dimensioni
E facendo lo stesso con i paesaggi, le lingue e le situazioni
Ottieni video più vicini alle tue esigenze individuali
Per smetterla coi viaggi mentali.”
Io, re delle seghe mentali, posso affermare che in questo mondo di normali
Forse c’è troppa poca schizofrenia per superare la robotica
Sì, perché c’è troppa follia, ma quella paranoica, dispotica
Quella che nel dottor Stranamore di Kubrick conduce all’atomica
Un automa pensante è pensabile col cazzo
Un automa pensante è pensabile col cazzo
Un automa pensante è pensabile col cazzo
Un automa pensante è pensabile col cazzo