1
Sfregi alle pareti
tetti di città ampie
scagliate.
2
C’è una confusione
staccata dalle persiane
una mollezza di infissi
l’intonaco
giallo
di nicotina.
3
Sguardi così limpidi
chi ne ha più.
Chi ha più un domani
una corrispondenza da sbrigare
uno scrutare votato al sospetto
alla malia.
4
Qui e ora.
5
i cortili sono un’esagerazione
di voci ombre e vasi in cemento
con rami secchi vuoti di magnolie.
6
A volte l’amore
è urtare i marciapiedi
la mano inattesa che ti accompagna
una lingua che non si sa utilizzare
né a parole
né a baci
niente da spiegare
semplicemente
non è affare di altri.
7
Le ascelle
frutti di pulsatilla
portati all’arsura cittadina.
La fioritura inattesa del pube.
8
Ma sono giochi di ruolo
che seguono regole teatrali
spaziature note
manichini bronzei.
L’urgenza non passa.
9
Il cuore resta fuori
da molti affari da cinematografo
dissidente e liquido.
Il pulsare non passa di quanto
si urla.
10
La scrittura automatica che
scopa nei palazzi ottocenteschi
piscia sul parquet
salva dall’armatura degli allori.
11
Io
per la prossima volta
mi accontento di un pavimento stabile
una caldaia funzionante
un osservatorio astronomico.
12
Ti posso dare tutto di me
tranne quello che non ho
e che non posso darti.
13
Due gatti in fiamme
un ristorante brutto
l’attacco frontale che la vita impone
imprevedibile
al di fuori degli accordi
contrattuali.
Una tosse che non passa.
La follia che non sa più come prenderci.
14
(Come vorrei che tu
fossi il mio manoscritto
con la buona pelle che ti riveste
e ti veste scura
il manoscritto che voglio leggere
e portare per mano
una mappa morsa dai ratti
salva dagli elenchi telefonici)
15
Io che non ho mai ottenuto
la radica solenne
degli assi ereditari
né le trapunte.
16
La copula straordinaria
nei pressi dei giardini imperiali
un’impellente bisogno
di attraversare senza guardare.
17
Lei riaggancia il telefono
con una forza non necessaria
vicina alle mummie
disfatta dalle parole
troppo testuali
prossime all’osso primordiale.
18
Sono stanca
sfinita
satura del cinismo satinato dell’amore rotto.
Ho avuto troppi padri morti.
Qua è tutto un concime
senza bulbi.
Ho disdetto svariate camere
strafatto letti.
19
(Tu:
agghindata come un prato
tormentata luce di maggio
come sfavilli nelle stanze vuote
come non balbetti il mio nome
come bene sai chiedermi
come
e quando
e cosa
così perbene e spudorata
così assente dai trofei
piena di treni come un bambino
tu, coi tuoi sguardi
pieni di cassettini
e telegrammi da aprire)
20
Prende un libro indifferente
sulla caccia
al passo
d’uomo.
21
La disperazione è uno sfarzo esagerato
che distoglie
dal respiro
così a lungo
l’abbiamo stretta
sui cuscini
senza chiederle il permesso.
La disperazione
resta nelle camere quiete
finché non abbracciamo
i bambini che siamo stati e che abbiamo fatto.
lasciando respirare le corde vocali
e diamo il primo accenno di danza.
22
Passerà,
diciamo, prendendo le protesi
che ci sostituiscono l’agire.
23
Quello che resta dell’amore
non si rompe non si corrompe non si arrende
nonostante le sceneggiature
i lutti
le assenze definitive
e le botte solenni del caso.
24
La vita è un macellaio esperto di guerre
un postino distratto
una missiva persa, polvere sotto i piedi
una cantilena inintelligibile
un bouquet infuocato
una cicatrice sfocata
un muro imbrattato
un telefono a gettoni
un incendio doloso
un cedimento strutturale
un regno acceso
un accesso inferiore
un eccesso di specchi
un andarsene
senza fine.
Testo di Greta Rosso
Voce di Barbara Giuliani
Mix: Elena Cappai Bonanni
Immagine di Fumiko Oda
Greta Rosso è nata a Casale Monferrato nel 1982. Vive a lavora a Bormio. Ha pubblicato Cronache Precarie (Aìsara, 2009), In assenza di cifrari (LietoColle 2012) e Manuale di insolubilità (LietoColle-Pordenonelegge 2015) . Sue poesie sono apparse sulle riviste online Nazione Indiana, Absolute Poetry, Imperfetta Ellisse, Viadellebelledonne, Poetarum Silva, Words Social Forum, e nelle riviste cartacee Il Foglio Clandestino, Le Voci della Luna e Smerilliana.