Tra Natale e zone rosse, qui a Odile immaginiamo molto bene il livello di noia che si possa raggiungere tra qualche nostro lettore/ascoltatore. Ma con le giornate corte e la voglia di stare al calduccio, cosa c’è di meglio di prendersi il tempo per dedicare l’ascolto a qualcosa? Ecco, quindi, dieci proposte di ascolti, tra grandi nomi e chicche nascoste, per passarsi un godurioso spoken word christmas.
BALDANDERS
Cominciamo con Baldanders, un raro progetto del 2004 che vede alla voce e ai testi, pescati dalla sua sterminata produzione, Stefano Benni. Musicato da grandi nomi del jazz italiano come Umberto Petrin e Paolo Fresu, è un comodo viaggio per scoprire la musicalità nascosta in molti testi di Benni.
COR:UNEDO
Progetto a cavallo tra noise ed elettronica attivo dal 2014, dietro al progetto Cor:unedo si nasconde la penna e la voce di Guido Celli, poeta, performer e sperimentatore di linguaggi, e le sperimentazioni di Alessandro Grasso ed Emanuele Poki, che danno vita ad uno scenario dove il testo, narrativo, nuota.
WU MING CONTINGENT
Legata a stretto filo con la parola scritta è anche l’esperienza del Wu Ming Contingent, progetto di spoken word di alcuni dei componenti dei Wu Ming che, dopo aver da molti anni avuto esperienze singole tra musica e parola recitata, si sono riuniti in un progetto corale. Legarsi alla cultura dello spoken word è un intento chiaro come nel brano proposto, primo estratto dal loro primo album, che cita esplicitamente uno dei brani più celebri di Gil Scott Heron.
ROBERTO SANESI
L’anno seguente a quello dell’uscita di The Revolution will not be Televised di Heron, nel 1972, in Italia uscì invece Viaggio verso il Nord di Roberto Sanesi, poeta e sperimentatore, che diede alla luce questo progetto con le preziose sonorizzazioni di due dei componenti de Il Balletto di Bronzo, storica formazione prog italiana.
SALVATION ARMY, PT.1
Guardando alla storia più recente, un ritorno alle sperimentazioni sulle combinazioni tra testo e musica è arrivato con l’arrivo della cultura hip-hop in Italia. Tra i gruppi rimasti nel mito ci sono le Sacre Scuole, che raccoglievano in nuce delle penne destinate poi a strade diverse, come quelle di Guè Pequeno e di Dargen D’amico. Dargen, all’epoca Corvo d’Argento, aveva già dall’inizio espresso un istinto lirico che spezzava le gabbie stilistiche del rap: esempio di questo è la traccia che, nell’unico album delle Sacre Scuole, è interamente affidata alla sua voce.
MIIKE TAKESHI
L’eredità di Dargen scorre forte nall’approccio di Miike Takeshi al testo. Se già nei primi brani e nel primo disco, Geremiadi, l’elemento rap veniva mescolato con forti dosi di eclettismo nella scrittura e momenti recitativi, man mano Miike ha saputo sviluppare uno stile estremamente personale e fiorito.
CARLO CORALLO
Di approccio simile a Takeshi, ma con direzioni molto diverse, sono le liriche di Carlo Corallo, giovanissimo ragazzo siciliano che, con le sue prime fatiche liriche, ha saputo convincere Murubutu a portarlo con sé come opening act di diversi suoi concerti. La sua formula va addensandosi di anno in anno in un crossover tra spoken word, rap e cantautorato.
WAITING FOR GODZILLA
I Waiting for Godzilla, invece, puntano la loro produzione (per ora ferma al secondo EP, uscito nel 2017) su uno stretto dialogo tra le parole di Nicolò Gugliuzza, più ricercatore della teatralità che delle metriche, e le sonorizzazioni elettroniche molto eclettiche di Tab Palmieri.
IL TEATRO DEGLI ORRORI
Parlando di teatralità applicata al testo non si può non proporre un ascolto di uno dei colossi dell’alternative rock italiano, etichetta molto stretta per la produzione multiforme e tentacolare del Teatro degli Orrori, gruppo attivo dal 2005 e che ha fatto della presenza scenica ed intellettuale di Pierpaolo Capovilla, il loro frontman, la forza attorno a cui girano le loro produzioni ad alto impatto.
LOCK DAWN OVERSESSUALE
Restando sui nomi più classici dello spoken word, chiudiamo con una chicca di fresca uscita: è di pochi giorni fa Lock Dawn Oversessuale di Napo, voce e penna (sia scrivente che disegnante) degli Uochi Toki, duo attivo dai primi duemila e con ormai una produzione così diversificata da aver abbattuto ogni possibile definizione.