Mettere la Rivoluzione al servizio della Poesia e non la Poesia al servizio della Rivoluzione. Che quella dei Situazionisti fosse o meno una provocazione, ad oggi è un assunto ancora discusso in ambito poetico; un assunto che a mio modo di vedere non ha margine di discussione, in quanto la poesia è di per sé rivoluzione.
E. Cioran nel primo capitolo di Squartamento sosteneva che nei momenti di stasi della storia fosse necessaria un’aggressione della lingua, nel senso di mettere in discussione un linguaggio storicizzato, e si riportava come esempio il francese (sua lingua di scrittura). Sotto questo punto di vista, credo che il fardello, anche del più accademico dei poeti è appunto l’impellenza, la necessità di riscrivere la propria realtà in contrapposizione alla rappresentazione dominante dei propri contemporanei. Dico così perché l’atteggiamento del poeta, che sia quello di un ritorno alle forme del passato, che sia quello di innovazione del linguaggio contemporaneo proteso quindi ad una veggenza del futuro, essendo volto appunto alla crisi, è palese che non viva nel presente. Sia chiaro che la poesia, accettato quest’ultimo passaggio, non è più una rivoluzione in senso politico, ma nel senso più universale del termine, nel senso di un moto, di movimento nello spazio e nel tempo, nel caso di un poeta di un movimento, un’azione nella propria storia.Continua a leggere…

Lettera agli esclusi
Vorremmo che il nuovo corso di «Neutopia» si orientasse agli esclusi, a chi fino ad ora non ha avuto modo di giocare. Tornando all’animale che non può più essere tenuto a bada.