In una casa minuscola al centro dell’Alfama, qualcosa di rosa e peloso spunta tra le ante di un armadio, ma nel disordine generale e nella sostanziale solitudine della stanza non infastidisce nessuno, se non dieci vestiti anonimi che per fargli spazio si trovano costretti a starsene in un angolino.
Non è altro che un abito da lavoro, ma ha la forma di un coniglio, un coniglio paffuto con un occhio diverso dall’altro; uno di colore azzurro vivo, in plastica, l’altro un semplice bottone che si mantiene a stento a un filo di cotone. Joana lo aveva trovato un sabato mattina alla Feira da Ladra, dopo un’abbondante colazione a base di pasteis. Aveva tra i denti pezzettini di sfoglia e sulla lingua il sapore della crema, eppure si sentiva ancora affamata, mentre girovagava tra venditori di cianfrusaglie e ladruncoli di spiccioli.
Quando il costume da coniglio era spuntato da una collina informe di abiti, l’aveva come saziata. Si era trasferito dritto nel suo stomaco, un po’ come succede quando si incontra qualcuno che sa di essere destinato a cambiare le carte in tavola.
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A piedi nudi tra le mangrovie
La porta del taxi si era chiusa con uno schiocco sordo e lei aveva mormorato un indirizzo. Il profumo di cocco e lavanda si era propagato nell’abitacolo arrivando fino alle narici di Mohamed che, professionale, l’aveva osservata attraverso lo specchietto retrovisore e aveva affondato il piede sull’acceleratore. Subito dopo la partenza dell’auto la donna aveva sbottonato la camicia di seta, verde acqua, e aveva cominciato ad aggiustarsi il reggiseno color panna. L’auto procedeva a ritmo di crociera mentre lui la osservava.