Per una poesia rivoluzionaria

La poesia è un fucile o una pietra da scagliare: come in un’opera di Sarenco, i versi hanno sempre in sé qualcosa di ergonomico. Lautréamont parlava della poesia come di un ponte, posto che un ponte si costruisce solo per oltrepassare un fiume. Che il fiume sia dentro o fuori di noi è indifferente; avremo raggiunto il nostro obiettivo qualora le due cose coincidano.
Il poeta è un produttore di valori ma, prima di tutto, è un ripetitore di valori. E ancora prima di ripetere, lanciare, divulgare e propagandare valori, il poeta rilancia ritmi, suoni e segni, perché c’è prima il segno del significato e non sapremmo che farcene dei segni se non ci indicassero qualcosa. Se Leonardo da Vinci non fosse vissuto in quel mondo litigioso che era l’Italia del Rinascimento non avrebbe inventato le sue mirabili macchine di morte. Il nostro mondo non è meno litigioso, e a ragione. Breton nella prima pagina di Nadja dice di essere colui che infesta. Ciò che infestiamo, in quanto poeti, sono ritmi, suoni e segni: è il mondo attorno a noi che prima di tutto ripetiamo e a volte sembra strangolarci.

Continua a leggere…

Cos’è per noi l’azione poetica

Allende,  il  popolo  vuole  le  armi!  Il nostro primo pensiero va, in assoluto, alla storia del Cile e al colpo di Stato subito dal popolo cileno nel 1973. All’azione poetica di matrice messicana si unì allora l’azione del realvisceralismo descritta da Roberto Bolaño ne I Detective selvaggi. Manomettere i simboli dello stato fascista è un’opera di caritatevole buongusto. Manomettere le poesie dei santoni della poesia nostrana, va da sé, sarà una semplice contingenza. Se la storia consegnerà Allende come figura di “rivoluzionario non violento”, che impedì al suo popolo di andare oltre il confine e combattere per la rivoluzione, Bolaño sarà ricordato come “romanziere”, anche se egli stesso affermava: «Sono fondamentalmente un poeta. Ho iniziato come poeta. Da sempre ho creduto – e continuo a farlo – che scrivere prosa sia un atto di cattivo gusto». Noi, allo stesso modo, se ci esprimiamo in prosa è per essere compresi (e dunque sopravvivere), ma pensiamo sia il caso di appropriarsi di armi più propriamente poetiche per affrontare l’arduo compito che la storia ci impone: salvare la poesia italiana dal baratro in cui un’editoria cieca e abbietta la sta relegando.

Continua a leggere…

Salinika – Poesia e Rivoluzione è Poesia

coverDa decenni il nostro paese è immerso in una rabbiosa reazione ideologica e culturale, abbacinato dalle luci del Grande Spettacolo. La politica produttivistica del neoliberismo ha strangolato nell’isolamento ogni tentativo di deviazione dal pensiero unico mercantile, lasciando ai lavoratori della cultura due possibilità: tagliare i ponti con la realtà o diventare operai dell’industria culturale monopolizzata – i più furbi e fortunati, funzionari.
Poesia e Rivoluzione è Poesia, il nuovo pamphlet di Salinika – Gruppo d’Azione Poetica stampato per le auto-produzioni di Neutopia, è una valida controffensiva all’estetica del tardo imperialismo e ai presupposti del suo sistema di produzione e riproduzione di suoni, immagini e cartastraccia. Di fronte al regno dell’intimismo e del neo-neo-neo-simbolismo, istituzione di individui alienati, la prima poderosa aggressione consiste nella rivendicazione del collettivo come ambito di elaborazione della prassi poetica, l’organizzazione come strumento di lotta ideologica; così l’Io viene proscritto come detentore dei significati del mondo, le sue arroganze tanto più inopportune, quanto più l’estetica decadentista è una maschera che non tiene più. Da questo non può che seguire un’implacabile dichiarazione di guerra al giusto, al vero, all’intero, come ricorda Davide Galipò in Che cos’è per noi l’azione poetica. Se la totalità potrà mai esistere, sarà solo quando, parafrasando Majakovskij, la vita l’avremo cambiata; per il momento, riproporla o rimpiangerla sono atti di criminale complicità.

Continua a leggere…