La storia di uno sguardo | Visioni Imperiali di TresDeca

«Duemilaventi, stelle cadenti, cultura neocoloniale/cambian le forme così come i venti ma tutto in sostanza rimane uguale», chiosa TresDeca nella title track del suo concept album Visioni Imperiali, disco di debutto che prende il suo nome da un capitolo di Sapiens. Da uomini a dèi di Yuval Noah Harari, libro da cui si sviluppa il pensiero sotteso al disco e racchiuso nella barra di cui sopra, ma che soprattutto sottolinea l’attenzione e l’amore di TresDeca per la storia dei popoli umani, tutti, che hanno attraversato il nostro pianeta nei millenni. Prodotto interamente da EdoardoJJ e uscito per Turindrugstore e Malcontenti Records, nuova etichetta nata con l’uscita di questo disco, Visioni Imperiali è un debutto peculiare nel quale i racconti intimi di testi come Rimango in me e Mr. Blade si inseriscono in un flusso di immagini molto più ampio che cerca di raccontare quanto ciclicamente ogni cosa, da moti personali a stravolgimenti globali, si riproponga in nuove declinazioni di una stessa voce nella storia degli esseri umani. Questa apertura di prospettiva si chiude in Bonus (96100), una dedica che può essere letta attraverso due chiavi speculari: la dedica a una persona amata, paragonandola alla terra, si incrocia a un inno alla terra stessa, paragonata a una persona amata.

È partendo dal punto di vista di un album – il primo ufficiale nella discografia dell’artista – che il progetto prende connotati interessanti: la consegna piana, precisa e tecnica di TresDeca e le strumentali di EdoardoJJ, in questo disco molto lineari e dalla personalità chiara ma non roboante, si intrecciano lungo un discorso che raramente si incontra in un debutto, storicamente più volto all’introduzione dell’ascoltatore all’interno del mondo dell’artista nella sua varietà più che nella sua intensità, con un volo radente ma distaccato lungo tutta la superficie delle sue potenzialità. Col passo che TresDeca compie, invece, tale varietà lascia spazio a un sincero discorso, appassionato e ben costruito, che adempie alla sua funzione di presentazione del personaggio per mezzo di una via più sottile, meno calcata, meno spettacolarizzata. Questa soluzione apre a una scoperta più intima e disponibile, ma non sul fronte della scena, come se la ricerca del proprio ascoltatore sia per TresDeca un processo nel quale anche l’altro deve compiere dei passi per andare sotto la superficie. Il doloroso messaggio al termine di Andata e Ritorno ne è un esempio perfetto, riuscendo a risignificare l’interno brano solo nel momento in cui lo si ascolta, non come elemento dell’outro, più musicale che significante, ma come parte del racconto a cui prestare la propria attenzione traducendo.

È proprio questa spietata sincerità del rap di TresDeca che ci consente di uscire fuori dal seminato strictly hip-hop prima di tutto per l’attenzione richiesta all’ascoltatore, in un dedalo di rimandi non pop che intessono un racconto, il quale pur rimanendo fedele a quel linguaggio, traccia una linea molto personale su quest’orizzonte, facendo emergere in un modo più sotterraneo la figura di chi scrive. È un gioco di specchi di cui la traccia di chiusura è solo l’esempio più clamoroso, ma che si ripropone in tutto il disco: è nel racconto più globale che la figura di Tresdeca viene a galla con maggiore chiarezza, ed è nei pezzi più personali che invece, dal piccolo, tenta di descrivere il grande. 

BONUS (96100)


I tuoi ricci sono larici autunnali lungo i pendii scoscesi che quando c’è vento ondeggiano, riecheggiando il mare
Nei tuoi occhi dimora la terra limosa e fertile, sconfinati paesaggi si aprono davanti a colui che la percorre e la attraversa
Le tue scapole sono teatro di grandi migrazioni danze e falò, attorno ai quali tutte le tribù di questo emisfero hanno cantato i loro totem guida
Il tuo collo è un violino che va suonato da mani morbide e vigorose, sensibili al suo impercettibile sussultare
Le tue mani sono estuari dei grandi fiumi orientali, portatrici di sale e ricchezza per la foresta e le sue creature
Il tuo seno è un vulcano e non può essere domato
I tuoi nei costellazioni ataviche culle, a labirinto per chi come me ha trovato silenzio e pace in cui potersi espandere 
Il tuo respiro è il mio, così il vento dai ghiacciai dolenti, porta al riparo la sabbia rovente del fuoco di ulivo, verso mondi sconosciuti, dove l’ignoto passa le sue giornate e il mistero ha il sapore di Etna Rosso.

Voce e testo di Tresdeca
Musica di EdoardoJJ

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