Annus horribilis 2020 ma (forse) non per la lit-web: recinti che si aprono e si chiudono, cannibalismo, amici che se ne sono andati troppo presto, trash TV e violenza nel
CLASSIFICONE DEI MAGNIFICI 12 MIGLIORI RACCONTI DEL 2020 SECONDO NEUTOPIA
La storia dietro iFasti è lunga: nati da una costola dei morenti Seminole, band noise-rock torinese d’attitudine punk, il progetto nasce come spazio di sperimentazione tra spoken word, elettronica e musica suonata: con cinque membri su di un palco, oltre alla voce e all’elettronica, la formazione si completa con chitarra, sax e ben due bassi, ed è in quest’ottica che la loro musica va letta.
È musica nata dagli strumenti agiti, dall’atmosfera del live – e nello specifico dei concerti condivisi con altri artisti, in festival e date splittate, una delle radici della componente di metascrittura molto presente nei loro testi – e dalla comunicazione diretta con un pubblico che non è solo con un impianto o gli auricolari, ma è davanti al palco e attorno ad altri. E che, in qualche modo, è in piedi davanti a un impianto e si muove.
Tutorial, album uscito a marzo 2020, arriva dopo cinque anni dal precedente Palestre e non aggiunge molto a un discorso già definito e forte come quello de iFasti: una solida struttura musicale che si appoggia sull’elettronica per poter liberare e assieme controllare una palette di suoni strumentali che toccano l’industrial più sperimentale tanto quanto l’indie più pop, il tutto a fornire sostegno e forza ai testi di Rocco Brancucci, alla sua voce stentorea, al suo tono rabbioso e sarcastico con cui consegna con veemenza i testi all’ascoltatore.
Un adagio dell’underground ricorda che, in un certo qual modo, la banalità è punk. L’approccio di Brancucci alla spoken word, particolarmente in questo disco ma più estesamente in tutto il suo lavoro nella band, va filtrato anche in quest’ottica: la lucidità con cui approccia temi anche vaghi e scontati come l’amore, la società e i ruoli delle persone è frutto di una disillusione provocatoria che non può non scegliere una scrittura scarna e diretta, al limite della semplificazione o dello slogan, con versi come “Si parla d’amore e ci si nutre d’odio, che strano paradosso”, che se estrapolati dal contesto potrebbero più far pensare a della letteratura-discount alla Fabio Volo che a un progetto di spoken word. Ma è proprio nella prospettiva indicata all’apertura di questo articolo che queste frasi acquisiscono di potenza: la critica alla società, in questo disco, è principalmente critica verso il modo che se stessa ha di raccontarsi, una riappropriazione polemica di questi stessi mezzi per farli risuonare in maniera diversa, in un’ottica in cui proporsi all’ascolto diventa atto politico e performance, pecora nera all’interno della line-up di un evento o di una playlist.
Anche per questo, sia nelle strutture musicali che nelle ripartizioni del testo, quest’ultimo lavoro de iFasti presenta molte forme di ibridazione con la forma-canzone più standard, seguendo una via sempre più chiara risalendo lungo la loro discografia: la presenza di ritornelli e cori, di riff e loop facilmente riconoscibili, un approccio alla scrittura che, per quanto narrativo, rispetta una divisione in versi e stanze dalla metrica chiara, tutto ciò viene proposto perché renda l’assimilazione dei concetti più diretta e semplice. Se spesso nei progetti spoken word ci si può immaginare l’ascoltatore fermo nella decodifica del messaggio, immerso in un soundscape in cui la pulsazione ritmica, se c’è, è strumentale alla narrazione e subordinata a essa, al contrario, in un disco come Tutorial, i ritmi incalzanti della società e della sua narrazione sono riproposti con l’intento di far muovere il corpo dell’ascoltatore, in qualche modo di farlo reagire ad essi – rubando spazio di complessità ai testi, forse – ma proponendo un approccio altro e non per questo meno valevole.
In un disco come Tutorial, che già dal titolo si propone come chiave di lettura della realtà, è proprio questo approccio critico che diventa protagonista dei brani, più delle storie stesse che, per temi o immagini, potrebbero apparire semplici e scontate. L’operazione è di sottrazione: togliere tutto, fino al banale, per toccare quello che banale non è.
(Isidoro Concas)
IONOI
Per essere moderni attivi ed attraenti devi raccontare di storie individuali
ironiche simpatiche fresche malinconiche
soprattutto un po’ nevrotiche
Io è la parola di questi nostri anni Noi è la parola da non usare mai Io è lo spettacolo perenne, sempre da mostrare Noi ci aggiriamo strani sperando in un conflitto che non arriva mai
Vietato parlare di sfruttati e sfruttatori di una vita senza senso
Proteste digitali poi, tornare a consumare
Per avere successo l’ironia non deve mancare cita una notte in un locale una sostanza con cui esagerare una frase con un doppio senso e un amore in riva al mare
Io è la parola di questi nostri anni Noi è la parola da non usare mai Io è lo spettacolo perenne, sempre da mostrare Noi ci aggiriamo strani sperando in un conflitto che non arriva mai