Edoardo dalla luna

Mio fratello nei suoi primi ventitré anni di vita non ha mai parlato, per quanto io sia sicura di averlo sentito dire panino in un pomeriggio dell’estate del 2001.
Edoardo è affetto da autismo e da un disturbo pervasivo dello sviluppo. Quando era piccolo passava gran parte del suo tempo seduto di fronte al muro a fissare i piccoli difetti della verniciatura che riusciva a trovare nel bianco della parete. A forza di piccoli passi, oggi mangia da solo, si veste da solo, ha imparato a nuotare e a tenere la testa sott’acqua, gli piace andare a cavallo e ha persino un lavoro a cui si dedica con attenzione due volte la settimana.
Siamo cresciuti uno al fianco dell’altra e, con il numero di ostacoli e traguardi condivisi, ho spesso faticato a lasciarlo andare – convinta com’ero che gli altri non fossero bravi quanto me a capire quando era stanco, quando aveva fame, quando voleva essere lasciato in pace e quando, invece, temeva la solitudine. Siamo legati da un grande affetto, con gli alti e i bassi di ogni rapporto fraterno.

“Prima di nascere abbiamo una stella ciascuno. Da cui guardiamo il basso, in attesa del giorno giusto. Edoardo no. Lui era in un posto diverso. Lui viene dalla luna. Me l’hanno detto mamma e papà, per spiegare i suoi lunghi silenzi, i suoi occhi stupiti. Il suo incomprensibile modo di essere al mondo, di essere bambino.”

Essere fratelli di persone disabili è complesso e faticoso, in particolar modo durante l’infanzia e l’adolescenza. Spesso chi cresce in questa condizione deve fare i conti con una persistente sensazione d’invisibilità. L’attenzione dei genitori è focalizzata sul figlio con più necessità e i fratelli tendono a farsi da parte, a diventare lo stereotipo del “bravo bambino” per dare meno problemi e alleggerire la situazione. Io, quando ero bambina, non potevo fare a meno di aiutare mamma e papà a prendersi cura di Edoardo – soprattutto quando la piccola peste decideva di svuotare l’intera bottiglia di bagnoschiuma nella vasca per avere più bolle, o di usare la colla stick come burro-cacao, o di rubare il fondotinta di mia madre per dipingere quella parete bianca che ora non gli piaceva più, o di buttarsi in piscina vestito, o, addirittura, di dare fuoco alla cucina giocando con i fornelli. Ma la sua invadenza e le attenzioni continue che bisognava rivolgergli, erano per me difficili da accettare. Ricordo che c’erano momenti in cui lo sopportavo per dovere, momenti in cui addirittura lo odiavo. La presenza di un fratello con disabilità non è facile da accettare per qualsiasi bambino. Percepire sé stessi come degli eterni secondi può provocare una rabbia indomabile che si infrange contro il terribile senso di colpa per aver odiato un fratello.

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Edoardo dalla luna nasce proprio dal desiderio di condividere la mia esperienza e incoraggiare ogni ragazzo e ragazza che si trovi in una condizione simile.
La realizzazione del progetto non sarebbe stata possibile senza un lungo percorso di autoconsapevolezza che ha avuto inizio dall’incontro con il professor Don Meyer, direttore del Sibling Support Project di Seattle e ideatore dei Sibshops (occasioni di confronto a sfondo ludico, basati sul supporto tra pari, rivolti a fratelli e sorelle di bambini con disabilità tra gli 8 e 13 anni). Il 25 settembre 2016 ho partecipato per la seconda volta – la prima è stata nel 2012 – ad una delle tavole rotonde dirette dal professore – in visita a Torino – nel contesto dell’iniziativa “Hey, Brother!” organizzata dalla fondazione Paideia.
Il professor Meyer è stato uno dei primi a portare alla luce il problema dei fratelli di persone con disabilità e, durante i suoi workshop, considera fondamentale dare la possibilità ai ragazzi di esternare i propri sentimenti senza limiti o timori di giudizio.
Il suo lavoro aiuta i siblings a sentirsi meno soli, a comprendere che non sono cattivi se capita che non sopportino i loro fratelli, che non deve essere loro responsabilità far sì che tutto vada bene. Che la paura del futuro logora tutti nello stesso modo, come la fatica del presente.
“Arrabbiatevi, urlate, piangete, dichiarate il vostro scontento. Va bene! È giusto! È un diritto!” diceva durante gli incontri.
Il senso di comunanza e di condivisione che il professore ha trasmesso ai presenti ai workshops è stato illuminante e incoraggiante. Mi ha permesso di capire quanto sia importante che coloro che hanno faticato per affermare la propria individualità, imparino ora ad esprimersi in un’atmosfera di serena spontaneità. Senza dubbio è difficile, spaventoso a volte, ma è necessario rivendicare la libertà di ammettere ogni disagio. Sapere di non essere invisibili, ci dà la possibilità di affrontare le nostre vite con una consapevolezza nuova e di accompagnare quelle dei nostri fratelli con un amore assoluto, non costruito dal dovere, ma forte della volontà di esserci, perché, prima di loro, abbiamo accettato noi stessi.

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A partire proprio da questo, ho rielaborato la mia esperienza di sorella di Edoardo sviluppando il desiderio di trasformarla in qualcosa di utile per chi vive e cresce in una situazione simile alla mia.
Dalla collaborazione con Chiara Morra, illustratrice laureata all’Istituto Europeo di Design di Torino, è nato il progetto. L’idea è quella di realizzare un albo illustrato sincero, che permetta di dire la verità senza edulcorarla o ricorrere a facili metafore riguardo i siblings: si parlerà delle difficoltà, delle paure, della rabbia, della fatica, dell’affetto, della fratellanza e, soprattutto, del futuro. Le immagini realizzate da Chiara – ispirate ad alcune fotografie di Edoardo – saranno accompagnate da testi di carattere biografico che tenteranno di catturare, proprio come fotografie istantanee, momenti di vita vissuta fra me e mio fratello, dall’infanzia all’età adulta.

“Davanti al lago dei cigni ci passerei le ore. E forse Edo lo sa, perché mi ci spinge dentro. E io rido forte e mamma urla, ma poi ride anche lei. E papà. E ridiamo tutti. E io sono bagnata fino ai capelli e i cigni mi guardano e sono felice.”

Non ci sarà una costruzione narrativa lineare, infatti lo scopo dell’albo è quello di porre l’accento su quelle emozioni che necessitano di essere rivelate, nella speranza di incoraggiare i lettori a ragionare sulla propria unicità per riconoscersi come distaccati dai quei fratelli che, negli anni, hanno assorbito tante attenzioni.
Il forte dialogo tra i testi e le immagini di Chiara è parte fondamentale del progetto. In alcuni casi, l’immagine è molto più importante della sua controparte scritta perché si fa carico di tutta la potenza emotiva. Prendiamo la rabbia, per esempio. Per rappresentare al meglio questa emozione immaginiamo di riportare i resti di una pagina strappata, per trasmettere e/o ricordare in concreto la sensazione di invadenza e di privazione.

“Una rabbia profonda e nera, che non so comprendere né spiegare…
Ti voglio lontano da me e dalle mie cose!
Ti odio! Perché rompi sempre tutto? Perché urli? Perché sei nato?
Perché a me?”

Questo libro vorrebbe mostrare come la consapevolezza di sé e l’autodeterminazione siano la via maestra per riuscire ad amare e a curarsi dei propri fratelli genuinamente.
Poco tempo fa abbiamo contattato il professor Don Mayer e lui si è dimostrato molto interessato al progetto e disponibile a scrivere una prefazione per Edoardo dalla luna. Realizzare e pubblicare il libro è il nostro sogno più grande, desideriamo creare e condividere una finestra che si affacci sul mondo dell’autismo da un punto di vista ancora troppo poco considerato.

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Illustrazioni di Chiara Morra
Foto dell’autrice

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