Chiedi a te stesso

 

Un anno fa nasceva Neutopia. Da allora molto è stato fatto e ancora molto c’è da fare. Anche quest’anno continueremo a rivolgerci al contemporaneo e a curare i contenuti di una rivista che, giunta al terzo numero, vorremmo trasformare in un punto di riferimento per le molte voci fuori dal coro letterariamente valide che fino a ieri sono rimaste escluse dal panorama editoriale per mancanza di lungimiranza dagli operatori di settore: esordienti, pubblicati o specificatamente contro l’editoria convenzionale, non come outsider isolati, ma come gruppo che cooperi per concretizzare l’obiettivo di creare una piattaforma editoriale: Neutopia Edizioni.

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Per riuscire in questa impresa, vogliamo aprire le nostre sezioni a nuovi autori (i cui testi migliori finiranno in due raccolte edite da Neutopia Edizioni) e formare una rete di menti e di corpi che funga da tramite per le nostre letture, presentazioni, performance. In questo modo, pensiamo di poter rendere la letteratura una base per un incontro possibile.

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Perché non abbiamo più bisogno di eroi

Oggi vi racconteremo una storia, una storia ambientata in periferia, nel grande raccordo anulare dimenticato di Roma o in una banlieue di Parigi. Il suo protagonista è un uomo che viene investito da una volante in pieno giorno e rimane fermo immobile, a terra. Prima di esalare l’ultimo respiro, assiste alla consueta proiezione della sua vita, e vede scorrere davanti agli occhi momenti belli ed entusiasmanti, momenti di gioia e di felicità. Non c’è spazio per momenti bui, anche se non sono mancati, certo; ciononostante tutto è avvincente e straordinario. L’uomo rimane con gli occhi a fissare il cielo, come un grande animale ferito che stia aspettando di essere ingoiato dalla terra, e quel che sogna non somiglia ad un rivale da abbattere, non somiglia ad una mancanza di idee, non somiglia ad un’installazione messa lì apposta per farsi guardare: ciò che sogna somiglia ad un grande risveglio collettivo. Si respira aria nuova, e per questo motivo egli sente di non essere morto invano. Ciò di cui si rammarica è di non avere vissuto abbastanza per poterlo raccontare. Così, con le ultime forze rimaste, alza il braccio per sussurrare la sua storia ad un passante, che ancora non sa di essere l’uomo più fortunato del mondo, perché quel moribondo gli sta per suggerire la visione che cambierà la sua vita per sempre.

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