Il coraggio di sognare | L’arte di Millo torna in Barriera

Molti occhi all’insù, sguardi di curiosi pronti a fare a gara per scattare una foto con il loro beniamino Millo, alias Francesco Giorgino, mentre è all’opera sul suo murale “Quiet” in piazza Bottesini. Proprio qui, in Barriera di Milano, a Torino, 10 anni fa l’artista pugliese ha vinto il bando B.Art, realizzando tredici facciate cieche di altrettanti palazzi del quartiere popolare alla periferia nord del capoluogo piemontese. Da allora, Millo ha portato i suoi pennelli e la sua arte in tutto il mondo, dipingendo murales su larga scala in Canada, Messico, Argentina, Stati Uniti, Brasile, Cile, Bolivia, Australia, Nuova Zelanda, Tailandia, Cina, India, Russia, Finlandia, Germania, Francia, Regno Unito, Portogallo, Spagna, Marocco e – più di recente – Ucraina e Palestina.

Millo all’opera sul suo murale in piazza Bottesini, Quiet

Un valore, quello del cosmopolitismo, imprescindibile per l’artista, che a distanza di una decade è tornato a Torino per ristrutturare la sua opera, grazie al contributo della fondazione Contrada Torino Onlus. Mentre lo osservo dipingere, su un montacarichi alto tre metri, parlo con Eleonora, sua compagna di arte e di vita, che mi racconta di essere stata sommersa dai giornalisti all’inaugurazione di oggi, anche se, a causa del maltempo, il murale non è stato del tutto ultimato. Questione di pochi ritocchi – le pennellate di Millo si alternano velocemente con toni di nero e di grigio sullo sfondo bianco – e si potrà ammirare nella sua nuova veste. Uno stile estremamente grafico, vicino al mondo del fumetto, sotto certi aspetti simile a quello di Miguel Angel Martin, capace di raccontare le varie sfaccettature che animano il quartiere. La celebre coperta che copre i due personaggi dormienti è la periferia stessa, con i suoi cunicoli e le sue vie, i suoi giardini nascosti tra le case popolari e le sue piazze, spesso conosciute per il loro carattere inospitale.

Millo dipinge opere murali su larga scala

Quando finalmente si concede una pausa, Millo si mostra disponibile, concede qualche fotografia agli ammiratori e si prende il tempo per fare due chiacchiere di fronte a un caffè al bar all’angolo. Qui, accanto alla pompa di benzina, c’è un gommista e un autolavaggio, retaggio del passato industriale e automobilistico della città. Piazza Bottesini è sempre stata un crocevia di esperienze, alcune artistiche e visionarie, come l’opera Manifesto di Alessandro Bulgini e lo Speakers’ Corner a Ivan Fassio (1979/2020), altre estremamente chiuse e intolleranti nei confronti della diversità. Su un muro campeggia il tag “stop deportation”, come un monito a ricordare quanto sta accadendo in questo quartiere, da quando la giunta della Circoscrizione 6, capitanata da Fratelli d’Italia, ha imposto militari e polizia a presidiare il limitrofo mercato di Piazza Foroni.

Millo (Francesco Giorgino) con la sua compagna e assistente, Eleonora

Personalmente ho sempre pensato che la street art, quando non nasce dal basso, sia qualcosa di puramente decorativo, che spesso il potere utilizza per edulcorare i disagi sociali vissuti dai quartieri cosiddetti “difficili”. «Dipende dai punti di vista» dice Millo, con i vestiti e le scarpe ancora sporchi di vernice. «Quando ho iniziato a dipingere» dice «l’ho fatto principalmente perché avevo bisogno di esprimermi. Dopo è stato naturale, per me, espandermi sempre di più, fino ad arrivare a una scala più grande.»

“Quando dipingo murales, do sfogo al mio bisogno di comunicare con la società. Al contrario del Medioevo e del Rinascimento, quando l’essere umano veniva rappresentato tra le colline o dentro ai castelli, oggi siamo immersi in un habitat urbano.”

Un valore sociale, quello della sua arte, che continua ancora oggi. Come riportato anche da Germano Tagliasacchi, direttore della fondazione Contrada Torino Onlus: «Le architetture stesse possono essere strumenti di interazione e riflessione sociale.» Quando gli domando come abbia trovato questo quartiere 10 anni dopo, Millo risponde: «Ultimamente è anche migliorato», conscio del fatto che di certo non sarà la bellezza a salvare il mondo, ma per lo meno può contribuire a dare l’immagine di un quartiere più inclusivo.

«Le città di oggi non sono come quelle che ho studiato durante i corsi di architettura», aggiunge.
«Le città non sono più costruite a misura d’uomo. Anzi, l’urbanismo sviluppato all’infinito rappresenta esattamente il contrario di quello di cui avremmo bisogno, fatto di volumi semplici, strade e palazzi.» Una velata critica, dunque, che nasconde anche un messaggio ecologista.

“In questo caso, i due personaggi, maschile e femminile, rappresentano la società futura, il coraggio di sognare qualcosa di diverso da ciò che conosciamo. È come una rivincita dell’essere umano sulla città, per una volta posto al centro della scena e rappresentato più grande dei palazzi stessi.”

Il tempo di un caffè, di bere un sorso d’acqua e Millo monta di nuovo sul montacarichi per finire il suo lavoro. Probabilmente non sarà la street art – quantomeno, quella di Millo – a raccontare i cambiamenti politici in atto nella Barriera di oggi. Possiamo perlomeno auspicare che a qualcuno dei ragazzi e delle ragazze che vivono qui, resti comunque la voglia di immaginare un mondo diverso e soprattutto il coraggio di sognare qualcosa di più di una trapunta di cemento e di vetro.

Il murale di Millo completo

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