Di derive ed erranze | Workshop di psicogeorafia lungo il Po

La psicogeografia è una metodologia d’indagine dello spazio urbano nata negli anni Cinquanta a Parigi. Guy Ernest Debord e Ivan Vladimirovitch Chtcheglov – aka Gilles Ivain – iniziarono quella che definirono una erranza tra le vie del quartiere spagnolo a Parigi.

La psicogeografia è una pratica che coinvolge al suo interno ambiti di studio eterogenei: dall’arte all’architettura, dall’economia alla geografia. È databile al 1953, quando i giochi occasionali dell’Internazionale Lettrista diventano pratica sistemica e quotidiana.

Guy Debord e Gilles Ivain nell’estate del 1953, infatti, iniziano un’erranza per le strade e le piazze di Parigi. Delle vere e proprie avventure verso l’ignoto, che li hanno portati ad attraversare una soglia dalla quale non è stato più possibile fare ritorno, e che li ha condotti a trovare la formula per teorie rivolte al rovesciamento del mondo.

Ivan Chtcheglov, Formulario per un nuovo urbanismo

È lo stesso Debord a ricordare quei giorni: «a partire da quel momento ci siamo trovati in grado di capire la vita falsa alla luce della vera»[1]

Internazionale Situazionista, Psicogeografia urbana

La psicogeografia è possibile attuarla attraverso lo strumento della deriva. Andare in deriva significa trasgredire territorialità consolidate. In questo modo si va contro quelli che sono i tragitti imposti casa – lavoro – casa, al fine di porre le basi per una scienza delle situazioni, la psicogeografia. Una scienza che si serve della deriva, come strumento, per attuarla. Originariamente la deriva nasce come una pratica spontanea di uso antiutilitario del tempo e dello spazio. Diviene al contempo un mezzo di studio e di gioco dell’ambiente urbano.

Noi lasciamo a Le Corbusier il suo stile, così adatto a fabbriche ed ospedali, come pure alle prigioni del futuro: in fondo non costruisce già delle chiese?

Gilles Ivain, Formulario per un nuovo urbanismo

Attraverso il semplice atto del camminare andando in deriva nella propria città, i situazionisti intuiscono la portata rivoluzionaria di tale gesto, non solo a livello personale ma anche a livello collettivo. Percorso che, ai giorni d’oggi, è ancora più attuale di quando più di cinquant’anni fa Guy Debord e Ivan Chtcheglov inventano e sperimentano questa pratica di gioco: un gioco da loro considerato estremamente serio.

Il gruppo dell’Internazionale Situazionista (1957). Da sinistra, Pinot Gallizio, Piero Simondo, Elena Verrone, Michèle Bernstein, Guy Debord, Asger Jorn e Walter Olmo

Tra la primavera e l’estate del 1953 Chtcheglov compie delle esplorazioni sistematiche della città di Parigi nel quartiere latino, permettendo al gruppo lettrista di prendere coscienza dell’importanza e della necessità di un’esperienza approfondita dell’ambiente urbano. In particolare, si rendono conto che «l’organizzazione funzionale delle metropoli moderne è una delle principali cause materiali della separazione degli individui e dell’alienazione sociale»[2]

Iniziano così quell’estate delle esplorazioni sistematiche di Parigi tra Debord, Chtcheglov e i lettristi, in cui il termine psicogeografia viene utilizzato proprio per definire questa passione per studiare l’influsso della città sulle emozioni dell’uomo. La psicogeografia considera il codice geografico delle passioni un nuovo fatto sociale ancora tutto da studiare.

L’architettura viene così considerata «il mezzo più semplice per articolare il tempo e lo spazio, per modellare la realtà, per far sognare».

Chtcheglov, Formulaire pour un nouveau urbanisme

Per Chtcheglov non è possibile parlare di una nuova architettura se essa non esprime una nuova civiltà. È nella seconda parte del Formulario che descrive la teoria dei quartieri-stati d’animo, ossia l’idea che i quartieri «potrebbero corrispondere ai diversi sentimenti che si incontrano per caso nella città».

Tra l’estate del 1953 e il 1954 Debord e Chtcheglov hanno praticato la deriva per tre o quattro mesi ininterrottamente. È stato il loro limite estremo. Come detto dallo stesso Ivain, «è un miracolo se non siamo morti. Avevamo una cattiva salute di ferro»[3]

La loro ricerca per rovesciare il mondo non l’hanno cercata nei libri, ma andando in deriva nei diversi quartieri parigini alla ricerca di un nuovo Graal, dove l’oggetto della ricerca, la rivoluzione, è al momento meno importante dell’attitudine avventurosa dei suoi cercatori.

Ivan Chtcheglov, Mappa della metro di Parigi coperta da ritagli di diverse parti del mondo

È lo stesso Debord a presentare gli elementi cardine di un’etica della deriva: «la prassi dello spaesamento e la scelta degli incontri, il senso dell’incompiuto e del passaggio, la passione per la velocità trasposta sul piano spirituale, l’invenzione e l’oblio sono tra gli elementi di un’etica della deriva […]. La rivoluzione non si fa chiedendo 25.216 franchi al mese. È tempo di guadagnarci la vita, una vita assolutamente materiale nella quale tutto è possibile».[4]

Il poeta Ivan Chtcheglov, in arte Gilles Ivain

Ed è invece Chtcheglov a paragonare la deriva alla psicoanalisi, dove il lasciarsi andare sul filo della parola diviene il lasciarsi andare sul filo delle azioni, attraverso la passeggiata e i suoi incontri.

In una società sempre più orientata all’efficientamento del tempo, all’iperconnessione che non ci permette più di essere pienamente e totalmente in un’unica situazione, parlare di psicogeografia può aprire a spunti di riflessione inaspettati e sconvolgenti, proprio come accade in psicoanalisi.

Se vorrete approfondire il tema della psicogeografia e vorrete iniziare ad andare in deriva per le vie di Torino, vi invitiamo il 10 e il 17 Giugno alle ore 18.30 presso l’Imbarchino del Valentino, per un workshop gratuito.

Pronti per partire in deriva lungo le sponde del Po?


[1]   Debord G., In girum nocte et consumimur igni, il Debord G., Opere cinematografiche, 2004, p.176. L’obiettivo è stato quello di ricercare un Graal nefasto, che nessuno ha mai voluto. E per raggiungerlo, si è stati disposti ad andare incontro a ostacoli notevoli così come incontri sorprendenti e tradimenti grandiosi.

[2]  Lippolis L., La nuova Babilonia, Costlan editori, Milano, 2007, p.75.

[3]Chtecheglov I. , Lettere da lontano, “Internationale situationniste”, 9, agosto 1964, p.41.

[4]   La pensée nous éclaire-t-elle, et nos actes, avec la meme indefférence que le soléil, ou quel est notre espoir et quelle est sa valeur, “La Carte d’après nature”, giugno 1954, in Debord, 2006, pp.120-121



Roberto Vietti (Torino, 1990) cerca quotidianamente di dar voce alle esperienze e alle storie delle persone che ha il piacere di incontrare. Ha gestito la redazione regionale piemontese di “Italia Che Cambia”. È autore del libro Un barbone in Costa Azzurra (Ludica, 2016). Dopo essersi laureato a Milano presso la Civica scuola di Cinema Luchino Visconti in Arte e Tecnologia del Cinema e dell’Audiovisivo, ha lavorato a Sky Italia e Gazzetta dello Sport, per poi tornare a vivere a Torino, sua città d’origine, dove sviluppare progetti creativi e culturali. È fondatore dell’associazione di promozione sociale Solo Cose Belle.

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