Amarsi meno, amare di più

La qualità della vita post-pandemica si è gradualmente abbassata, mettendo seriamente a rischio la salute mentale di tuttə. Eppure, la vita frenetica lavorativa non conosce sosta, togliendo tempo e modo di prendersi cura di chi abbiamo accanto. Prendersi cura, a differenza di ciò che spesso viene ribadito come un mantra, non è un lavoro svalutante né adibito all’ambito femminile. Semplicemente, sembra che in questo castello di carte nel quale siamo chiamatə a vivere detto “neoliberismo”, non ci sia posto per la cura. Quasi si trattasse di una debolezza di cui vergognarsi, dopo due anni di stasi economica e sociale non sembriamo disposti a prenderci maggiormente cura di chi ci circonda.

Obsolescenza | Nicola Aschero

Una cella sorvegliata da due guardie deteneva una creatura metallica.
«Dimmi ciò che voglio sapere o te la vedrai con l’istituto della conformità. Perché non scegli la via più facile?» chiese il commissario.
Il robot era immobile, guardava davanti a sé. Le sue mani ammanettate da due pezzi di metallo uniti da un impulso elettromagnetico. Per aprirli serviva la tessera che pendeva dalla cintura del commissario.
Il droide indossava una giacca di pelle marrone coperta di scritte, linee, tagli ed una bandana blu intorno al collo, in segno di ribellione.
«Allora, rispondi!» urlò il commissario.
Lui mosse lentamente le dita ed inclinò leggermente la testa.
«Non c’è una via più facile, ma una sola via» disse con una voce che ricordava quella umana.
Tra i suoi effetti personali, pochi oggetti e un libro in versione tascabile: il Bushido, la via del guerriero. Il commissario spostò la scatola di fiammiferi, il pezzo di vetro riflettente e un piccolo campanellino raccogliendolo.
«Chi ti ha insegnato queste stronzate? Questo?» disse scuotendo il libro davanti ai suoi fotorecettori.
Il robot lo ignorò e guardò l’orologio appeso al muro, poi la porta.
«Aspetti visite?» chiese.
Il robot continuò a non rispondere, immobile.

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Vocabolario della fine | Caterina Migale

Tutto quello che riuscivo a vedere era una V maiuscola. Sapevo che si trattava della prima lettera della parola Vocabolario, inscritta sulla copertina del manoscritto, ma preferivo credere fosse l’inizio di Vittoria, la nostra vittoria.
Continuavo a scavare, tirando via cumuli di terra e frammenti rocciosi mentre Alice, Leo e Tata ridevano come pazzi; le loro voci echeggiavano nella grotta caricando l’aria di una vibrante isteria, quasi a voler riempire la somma dei nostri vuoti, in attesa che l’esistenza si riappropriasse del senso perduto. Duecento anni prima, l’animo umano era stato squarciato e il suo contenuto gettato tra le gigantesche fiamme di un fuoco ingordo; la realtà aveva perso i propri colori e il Grigio era diventato il nuovo ed unico sentimento, la nuova ed unica emozione; le imperfezioni dello spirito erano state proibite da una Legge che noi, esplorando quella grotta e riesumando quel vecchio dizionario, avevamo violato.

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