DannoMentale | Un viaggio disturbante nella psicopatologia urbana

DannoMentale, l’album d’esordio del duo composto da Simone Biondo (testi e voce) e Daniele Ravagnan (arrangiamenti e tastiere), è un’esperienza musicale lo-fi che trascende i confini convenzionali e si avventura in territori sonori inquietanti e trascendentali. Con una combinazione di stili musicali diversi e una narrazione poetica audace, l’album omonimo offre un’immersione totale nella psiche umana e nei suoi labirinti più oscuri.

DannoMentale

Fin dalla prima traccia, Oppio, si percepisce l’atmosfera inquietante e claustrofobica che permea l’intero album. Le tracce si susseguono con una fluidità altalenante, creando un senso di tensione crescente. L’uso di campionamenti, effetti sonori e synth orchestrali contribuisce a creare un’esperienza sonora che strizza l’occhio al cinema di genere.

L’album si divide tra canzoni vere e proprie – come Acido – e momenti di improvvisazione che valorizzano la spoken word, tra suoni deliranti e pleonasmi. Tutto il lavoro è caratterizzato da una varietà di generi musicali che si fondono tra loro in maniera caotica ma efficace. Elementi di musica elettronica, new wave e musica classica si intrecciano, creando paesaggi sonori complessi e straniamenti musicali che riflettono la mente distorta di questo tempo cupo. La progressione delle tracce richiama la trama di alcuni film di genere anni ‘80, come Amore Tossico di Claudio Caligari, portando l’ascoltatore in un viaggio che oscilla tra momenti di tranquillità inquietante ed esplosioni di pura dissonanza, come la lancinante Irene, dove l’urlo scandito del nome della protagonista all’inizio si mescola ai latrati di un cane.

Le produzioni di Ravagnan, spesso ingenue, con una maggiore cura per i dettagli forse potranno raggiungere dei buoni risultati scremando, concentrandosi su ciò che di buono è stato fatto finora e togliendo alcuni momenti dimenticabili. Ad ogni modo, l’uso sapiente delle dinamiche e degli spazi sonori amplifica l’impatto emotivo di ogni traccia, creando un’atmosfera avvolgente che incalza l’attenzione dell’ascoltatore con una serie di passaggi melodici che seguono il deragliamento del pensiero. Ogni nota, ogni ritmo e ogni effetto contribuiscono a costruire una dimensione sonora che si sviluppa parallelamente alle parole, come se testo e musica fossero nati in momenti differenti e si fossero poi fusi successivamente.

Le tracce strumentali sono accompagnate da voci distorte e frammentate, che aggiungono un ulteriore elemento di inquietudine e di alienazione. I testi lisergici di Biondo, quando presenti, sono spesso criptici ma suggestivi, senza mai chiudersi in una direzione univoca, lasciando all’ascoltatore la libertà d’interpretazione. Questa scelta contribuisce a creare una connessione profonda tra la musica e le emozioni evocate dall’album, senza fornire risposte definitive ma invitando a una riflessione personale sulla psicopatologia della vita quotidiana nel microcosmo urbano, sia questo la Laguna veneziana o piazza Vittorio a Torino, come in un sogno onirico dalle ultime lettere di Nietzsche in un crescendo di euforia prima di perdersi nell’abisso.

DannoMentale è un album sporco e maledetto, nato all’interno di appartamenti suburbani, che richiede un ascolto attento e una grande apertura per essere seguito fino alla fine. La sua natura sperimentale potrebbe non essere adatta a tutti i gusti, ma per coloro che sono disposti ad immergersi in un’esperienza musicale provocatoria e avvincente, offre un viaggio sonoro disturbante e mai scontato.

TORINO

Una stupida parola di troppo nello spazio che ci divide
Tempo rubato ai Compro Oro di zona
È l’ultimo granello di sabbia al sabato mattina
Con uno strano tremore alle mani, il moccio al naso
Vertigini  vertigini  vertigini
Facce di legno asfaltate che mi fissano dal sentiero della foresta
Un bagno di sguardi ipnotici sperimentali
Le ali  le ali  le ali

E mi affascina, mi eccita
Quel tronco nero vene infuriate X Y
Ed un giovanotto che sputa dalla bici impennando
Il vecchietto semicurvo gobbo che mi fissa con disprezzo
In cassa al negozio di pipe&papi con le palline in bocca a mezzanotte

Solo tu potresti tenermi con te per sempre
A camminare leggero sui metalli
Solo tu potresti tenermi con te per sempre
A camminare leggero sui metalli

E ti aspettavo l’altra sera spegnendo i lampioni lungo la strada
Calciando i sassi e le lattine alla fermata del bus ti aspettavo
Smog respirando lentamente sotto al sole
Ed io raccolsi dal terreno alla luna un fiore mai visto
Il profumo di industria petrolchimica e nuovo
La menta che ti usciva dal seno ritraendoti all’alba
E la pioggia calda non s’asciugava mai

Ed io, io posso aiutarti a tracciare la continuazione degli edifici
Di questa città, a cambiare l’orario ai campanili
A far muovere i ponti, gestire le luci dei semafori a tuo piacimento
Guarda, come Piazza Vittorio si rigira su se stessa
Ti farò parlare sorridente alle mille facce di pietra che ci fissano di notte

Mentre ti gratti cercandomi tra le parabole
Mentre ti gratti cercandomi tra le parabole
Mentre ti gratti cercandomi tra le parabole

Torino ti conosco da qualche mese con mille cieli diversi
A malapena distinguo il portone di casa di ritorno la notte
Quando ti svesti i miei occhi impallati nudi allucinati
Torino ti lecco il ventre umido lingua di gatto
Che miagoli dalla finestra e fanno attrito
I vetri con la carne la morte con le labbra
Di quando ti bacio il collo, il midollo
Allo scoccare del coprifuoco la lunga schiena
Da Lingotto a Fermi, i nervi tesi elettrici cordoni ombelicali

Torino Gran Madre, Torino non tuo figlio
Torino Gran Madre, Torino non tuo figlio
Torino Gran Madre, Torino non tuo figlio

Se scopare ti voglio negli interni cortili
Tra lampioni lattine e i ribes e la brina che all’alba bagnasti l’erba 
E morderti i seni in collina, voglio
Bere i fiumi che s’incrociano tra i tuoi organi più preziosi
Torino mi manchi quando sussurri cose alle orecchie
Negli occhi mi guardi come nessuna prima
E a spillo le pupille mi si fanno, l’inganno, l’affanno, l’affanno
La fanno facile, respirare centrati e tranquilli coi soffitti, le ombre
Davanti agli occhi tuoi di nylon ed i grilli
La fanno facile, rimanere muti agli sgomberi, invulnerabili
Come tramonti restare distratti imbrattati e matti
Oppure vuoti  vuoti  vuoti

Torino cado a pezzi mentre mi guardi dal palazzo della luce a Porta Palazzo
Torino che cacci i senza tetto tolti loro dalle coperte
Questo senso di voce che passa oltre  oltre  oltre

Testo e voce di Simone Biondo
Musica di Daniele Ravagnan
Copertina di Simone Biondo

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