Macchine del dissenso™ | Gli strumenti della contestazione

Chi fosse la provincia e chi l’impero
non è il punto: il punto era l’incendio.
– Pasquale Panella, Hegel

I movimenti per il clima, con i loro imbrattamenti dello spazio urbano, non fanno altro che chiedere all’istituzione – più o meno consapevolmente – un capitalismo più green, nel senso in cui può esserlo un governo neoliberista del XXI secolo: riduzione delle emissioni, transizione ecologica, incremento delle fonti rinnovabili.

Questi attivisti per il clima non sono rivoluzionari: non chiedono un ribaltamento della società capitalista, eppure bastano queste pacifiche esternazioni pubbliche a scatenare la reazione di chi sta al potere, che si tratti del blocco sul Grande Raccordo Anulare o delle mura del Senato a Roma o di Palazzo Vecchio a Firenze.

Il tessuto urbano è una semantica aperta: ridefinendo lo spazio, si mettono in discussione le geografie prestabilite.

Property will cost us the earth, Opera di Oliver Ressler, 2018

Queste rivendicazioni, che cambiano di intensità a seconda che vadano a colpire i centri del potere economico o la periferia, non tengono però conto di un fattore molto importante: abbiamo a che fare con il governo più a destra della storia repubblicana. L’esecutivo presieduto da Giorgia Meloni, infatti, oltre a tacciare di ostruzionismo chiunque osi criticarlo, opera un massacro di vite non bianche – come avvenuto sulle spiagge di Cutro – abolisce i diritti delle persone non eteronormate e la sua retorica nazionalista è ben lungi dalla sensibilità ecologista.

Il postfascismo – in questo momento – assume i caratteri di un gigantesco “iperoggetto” – secondo l’accezione che ne ha dato Timothy Leary: un evento che per dimensioni spaziali e temporali, congiunte alla pluralità di forme con cui si manifesta, non è direttamente esperibile come concreto.

How is the air up there?, Opera di Oliver Ressler, 2018

Non solo il cambiamento climatico, dunque, dovrebbe preoccuparci, ma ogni atto di repressione del libero dissenso da parte del potere. Anche se l’impegno collettivo può essere utile a salvare una foresta, dovremmo preoccuparci anche di come la nostra lingua, intrinsecamente fascista, ci “obblighi a dire” proprio ciò che per decenza andrebbe taciuto.

Non sempre la consapevolezza di una catastrofe ci rende disposti a un cambiamento: al contrario, potrebbe renderci più docili, nell’attesa di qualcosa che appare inevitabile.

La violenza che le forze postfasciste di oggi esercitano sul proprio territorio nei confronti delle minoranze – ad esempio, i migranti non bianchi – e degli oppositori politici – Cospito in Italia, Assange negli Stati Uniti – è la stessa violenza che poi indirizzeranno contro un nemico esterno. Se Cospito e Assange moriranno in carcere, al potere importerà ben poco, ma sfrutterà la retorica securitaria per giustificare la repressione di nuove proteste.

Ovviamente sono solo probabilità, ma se guardiamo ai precedenti storici – a vent’anni dall’invasione criminale degli Stati Uniti in Iraq – è facile intuire come andrà a finire. Allo stesso modo, anche se non abbiamo la certezza della Terza Guerra Mondiale, ci sono vari elementi che ne lasciano percepire l’imminenza.

Tape Mark 1, Poesia informatica di Nanni Balestrini

Uno di questi è la corsa delle superpotenze mondiali alle nuove tecnologie. È come se il Tape Mark[i] di Nanni Balestrini fosse stato reso disponibile a milioni di utenti, con programmi come ChatGPT, che sono in grado di scrivere lettere d’amore, poesie leggere e che a volte, di fronte a domande troppo complesse, hanno piccole crisi esistenziali.

Oggi l’intelligenza artificiale non fa che promuovere una standardizzazione nei rapporti tra gli individui, dall’automazione del lavoro al riconoscimento facciale delle varie tipologie umane. Le nostre interazioni sono sempre più svuotate di significato, USA e Cina fanno a gara ad appropriarsi di queste tecnologie e noi restiamo a guardare. Senza considerare che tecnologia e capitalismo sono praticamente inscindibili.

Tutto questo ci riporta all’importanza delle ibridazioni nella lingua. Come sostenuto da Antonio Francesco Perozzi durante l’incontro Esiste la ricerca – tenutosi a Milano il 18 marzo e promosso da Marco Giovenale e Michele Zaffarano – la scrittura di ricerca può costituire un fondamentale laboratorio alla disobbedienza. Per metterlo in pratica, occorre operare una deterritorializzazione linguistica.

Come scriveva Proust, “i capolavori sono sempre scritti in una lingua straniera.” Essere bilingue, multilingue, in una sola, medesima lingua. È così che lo stile si fa lingua.

–        G. Deleuze, F. Guattari, Millepiani, p. 158, Postulati della linguistica

Una sommossa antigrammaticale anima il testo, colpisce la lingua: l’idea di un testo prescritto svela la dittatura dell’ordine del discorso. Ecco che diventa urgente palesare i legami tra il linguaggio dominante, le strutture sociali e i meccanismi produttivi.

Immagini dal NIST Special Database – National Institute of Standard and Tecnology – USA

L’IA è la stessa arma che aiuta le aziende e le nazioni a perfezionare i sistemi di controllo e di riconoscimento facciale e vocale nei centri logistici e nello spazio pubblico, come dimostra Kate Crawford nel saggio Né intelligente né artificiale (Il Mulino, 2021). Anche l’estrazione della materia prima utile a costruire le batterie al litio che alimentano l’IA è parte integrante del disastro ambientale, ma forse potremmo prenderla in considerazione come possibile alleata per un atto di sovversione linguistica.

Se i programmi di OpenAi sono in grado, così come sembra, di scandagliare una quantità vastissima di dati, cosa accadrebbe se questi venissero utilizzati per la creazione di un nuovo codice? Ancora oggi, una «antilingua» artificiale, burocratica, minaccia l’esistenza della lingua pratica, della lingua in uso, che non può essere letteraria, non deve.

Per scatenare un altro modello linguistico, la scrittura – sperimentale, di ricerca – può nutrirsi di questo nuovo input per reagire alla standardizzazione della lingua, nella risignificazione dello spettro visibile?

Il rivoluzionario contemporaneo, invece di tifare in modo fideistico e dirsi entusiasta o diffidente verso le nuove tecnologie, dovrebbe imparare a governarle, per non lasciarsi abbindolare dall’uso utilitaristico che ne viene fatto dal capitalismo e proporne un uso alternativo. Siano dunque decolonialismo, deterritorializzazione e linguaggio, veicolo del pensiero umano, le armi contro l’oppressione e la manipolazione, danza magistrale tra suono e significato.

Un passato da rimpiangere francamente non c’è. L’impero che va difeso dalla barbarie è un impero che non è mai esistito, cioè che non esiste ancora: è il dominio dell’intelligenza umana sullo sviluppo caotico di questa civiltà della tecnica e della produzione di massa in cui ci troviamo a vivere e che riconosciamo come nostra. Le frontiere che il nemico insidia non sono state tracciate ancora su questa terra se non nelle nostre idee, nei nostri sogni, nelle nostre volontà. Si tratta dunque di un impero che ha sull’antico impero romano questo vantaggio: non essendo mai esistito nella realtà, non ha mai raggiunto né il suo apogeo né la sua decadenza. Quindi non è detto che non possa vincere.

Lo scrittore quale è stato finora, già è macchina scrivente, ossia è tale quando funziona bene: quello che la terminologia romantica chiamava genio o talento o ispirazione o intuizione non è altro che trovar la strada empiricamente, a naso, tagliando per scorciatoie, là dove la macchina seguirebbe un cammino sistematico e coscienzioso.

– Italo Calvino, Una pietra sopra, p. 211, Cibernetica e fantasmi

Ciò che rende interessante il discorso attorno all’IA è che per il momento non esistono ancora delle leggi che possano regolamentarla. Quel che rende molte persone diffidenti sul suo utilizzo è proprio questa mancanza di regolamentazione. Ma siamo noi artisti, in quanto macchine del dissenso, a poterne proporre un utilizzo opposto agli standard di produttività.

Dato che non siamo robot, organizzare il dissenso attorno ad una precisa teoria della rappresentazione, che tenga conto delle nuove tecnologie, potrà essere un utile strumento nella costruzione dell’alternativa ed entrare agevolmente nell’agenda degli scrittori e dei movimenti di domani.

Parte di questo editoriale è stato scritto con l’ausilio di ChatGPT
Immagini tratte dalla mostra Macchine del dissenso del PAV – Parco Arte Vivente di Torino
Copertina di Alessandro Mangiameli

[i] Tape Mark è una poesia di Nanni Balestrini risalente al 1961, frutto di una collaborazione virtuosa tra autore e tecnologia, in questo caso rappresentata da uno dei primi calcolatori IBM. Balestrini, in quell’occasione, dispone tre brevi testi di Michihito Hachiya, Paul Goldwin e Lao Tse e – attraverso l’assegnazione di alcuni codici e alcune regole – lascia al computer l’onere di procedere alla stesura della poesia. Questo testo è considerato il primo esempio di poesia informatica.

Un pensiero su “Macchine del dissenso™ | Gli strumenti della contestazione

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...