Fogli d’ombra, uscito a marzo 2021, raccoglie in tre tracce un numero molto più ampio di scene, in luoghi e tempi diversi, con una intenzione tra il cinematografico e il diaristico e un approccio teatrale: molti sono i personaggi che prendono voce, attraverso quella di Anna, e tutti la interpellano.
Il senso sta nella giustapposizione di queste scene, nel loro susseguirsi nel montaggio che viene spesso rimarcato dal mutare delle sonorizzazioni affidate a Un Artista Minimalista per Entelechia (o del senso del dovere), a Giuseppe Fiori per 14 e 15 e a Leonardo Barilaro per Pattern, tre personaggi con cui aveva già collaborato in ambito performativo, tre approcci differenti che sottendono un secondo montaggio di questo lavoro, a struttura più ampia, che vede due tracce più aleatorie e meno sottoposte ad una figura ritmica regolare aprire e chiudere la traccia centrale, dove un beat più scandito accompagna la voce in un’altra forma di svelamento. Sono tracce che seguono accuratamente lo svolgersi non lineare del testo, diviso spesso in veri e propri quadri, con un sapiente incrocio di presenze elettroniche e strumenti acustici, come gli archi in 14 e 15, pronte a mutare nel seguire la recitazione piana e chiara dei testi.
Prendendo in mano (metaforicamente, in assenza di supporto fisso) l’EP d’esordio di Anna Utopia Giordano, giovane attrice, performer, scrittrice e modella, salta agli occhi un dato ancora prima di cominciare l’ascolto: sebbene in molti altri generi musicali non sia così, è estremamente raro che in un progetto dichiaratamente spoken word (ammesso che possa considerarsi genere musicale e non più un approccio alla musica) l’immagine della copertina sia semplicemente – o meno – una foto di chi performa. Anna è lì, invece: vestito, trucco, sfondo nero e sguardo in camera. Ti guarda.
In tutto ciò, lo sguardo che Anna ti rivolge dalla copertina rimane. Le narrazioni intime, inframmezzate da citazioni colte e riferimenti all’attualità di allora (i testi delle tracce sono stati scritti un paio di anni prima dell’uscita del disco, e solo successivamente affidati alle mani dei produttori) fino ai ricordi (non importa se reali o immaginati) più indietro nel tempo, hanno il fine ultimo di comunicare la posizione di Anna all’interno del quadro, dei temi, dei contesti. Non è descrittiva: ogni dettaglio, ogni storia, ha l’obiettivo di generare sensazioni riconducibili al suo sguardo, al suo mostrarsi riflettere in questi testi. Lo stesso video di “Entelechia (o del senso del dovere)” è realizzato con manipolazioni digitali di fasci di luce frammentati che riverberano sul suo corpo, sul suo viso, sulla sua pelle.
Anna viene dalla recitazione, dal cinema, dal teatro, e mostra questa sua consapevolezza tecnica con un EP di debutto col quale, in maniera definita ma non diretta, si presenta. Mostra il suo sguardo, il retroterra, i vissuti, i dubbi: è la presentazione del protagonista prima che intraprenda il viaggio dell’eroe di stampo hollywoodiano, breve e dettagliata, con un mistero da svolgere in altre tracce, peraltro già annunciate. Quel che sta dietro il trucco ed il belletto in copertina, lo sguardo diretto.
Entelechia (o sul senso del dovere)
a ■
40bpm, libero, con affetto
Avellino, 5 settembre 2019
INT. CASA – NOTTE
Lastre,
tutto il peso dell’infinito in atto,
trascinato al negativo
rincorrendo i passi,
le luci a Natale,
un grillo,
l’attesa,
le frecce dell’auto,
la mia voce,
un audio di silenzio inframittente,
sospeso. Sospeso dal momento in cui,
Milano, 10 dicembre 2018
in noi,
incudine,
avrei dovuto.
Così inciampo, tra lo sterno e
un poco più in basso:
dice che ha toccato lo stesso punto.
Lunedì qualcuno mi ha detto
Anna, lei è una donna forte, che cosa ne pensa di
Antigone? Cosa avrebbe fatto lei al suo posto?
Cosa penso intorno alla morte, la forma di jiva e Sofocle.
più animato, a piacere
Non ci ho riflettuto abbastanza a 80bpm ho risposto che stavo
andando a dormire invece sono ancora qui la statua si rivela
autonoma apolide assente si è sciolta e scontrata con l’intero
per seppellire un corpo come se ciò,
04 aprile 2019, 02:08
piuttosto che tramutarlo in colibrì dopo quattro anni,
ne quantificasse il valore
e incorporarlo nella terra potesse riportarlo in vita,
Crizia le avrebbe detto
– eccolo di nuovo quel grillo –
Crizia le avrebbe ricordato
Dio è nostro figlio, il valore si misura in base
al numero di like ed è necessario abbandonare
gli altri a morire in mare.
Che ci importa?
Ci sono i pesci che li mangiano.
Ma noi peschiamo i pesci.
E, poi, mangiamo i pesci.
E, così, mangiamo i morti.
Ma che ci importa?
Avellino, 31 luglio 2019, 13:28
Malta, 2 agosto 2019, 15:03