C’è stato un giorno in cui hai appioppato la spiegazione più irrazionale ai fatti della tua vita. È quello che fanno gli autori del fantastico: non si sono accontentati che gli eventi della narrazione affondassero in un mare logico. Infatti, il fantastico applica i fatti alle teorie.
Se si allarga ulteriormente il cerchio di questo movimento, c’è poi una forma narrativa che, a seguito degli aventi più traumatici della nostra storia, ha agito in questa determinata maniera: le teorie complottiste. E se qualcuno può storcere il naso a questa affermazione, non deve considerare la questione dal punto di vista prettamente politico, bensì dall’angolatura della narrazione.
Il complottismo ha proposto più di tante altre forme una narrazione pilotata. Anche il reality show, ad esempio, adotta alcune strutture simili: un gruppo di persone famose si ritrova sopra un’isola deserta e dovranno superare delle prove per sopravvivere. Milioni di spettatori votano da casa i loro protagonisti preferiti, con il dubbio che tutto quello che stia avvenendo sia pilotato dall’istinto umano o ci sia un copione che i vip devono seguire (uragani tropicali compresi). Tutto molto distopico. Se non fosse che lo trasmette la TV in prima serata e i protagonisti sono spesso scadenti, le nostre papille intellettive ne sarebbero attratte, del resto chi non hai mai guardato almeno una puntata dell’Isola dei famosi?
I reality show oramai sono cosa vecchia, ma le teorie del complotto rimangono vive a distanza di decenni. Il motivo è che queste ultime fanno leva sul cono d’ombra della realtà che tanto interessa agli autori del fantastico.

I reality show oramai sono cosa vecchia, ma le teorie del complotto rimangono vive a distanza di decenni. Il motivo è che queste ultime fanno leva sul cono d’ombra della realtà che tanto interessa agli autori del fantastico.
Il volto del diavolo che compare nella nuvola di fumo della torre del World Trade Center in seguito all’attentato dell’11 settembre 2001, oltre ad essere la mia teoria preferita, è una foto scattata dal fotoreporter Mark D. Phillips (come dichiarato presso Stellarimages.com) e non presenta alcuna manipolazione.
Il fenomeno è stato spiegato a livello scientifico e porta il nome di pareidolia, ossia la tendenza istintiva e automatica a trovare forme familiari in immagini disordinate. E quale atteggiamento più umano della mente che si fa suggestionare.
Del resto il fantastico del ‘900 ci insegna che il diavolo si veste di abiti borghesi, e la sua esistenza vive nel tempo di un’esitazione dei fatti che vengono narrati, citando Tzvetan Todorov.
Un atteggiamento, quindi, che già si registra. Massificato negli ultimi 20 anni dal web e dalle tecnologie, e da una perizia maggiore delle forme narrative dei produttori di teorie del complotto.
Il nuovo modo di fare complottismo giova di due fattori: la replica del contenuto e un contenitore uguale per tutti (forum, YouTube, social, ecc.). Così, prima o poi, ci siamo ritrovati tutti sul treno con il tizio sconosciuto che comincia a raccontarti di questa o quella teoria sulle grandi manovre di società segrete, con lo stesso stile narrativo della voce fuoricampo del docufilm Zeitgeist. Senza sapere come rispondergli.
Così, prima o poi, ci siamo ritrovati tutti sul treno con il tizio sconosciuto che comincia a raccontarti di questa o quella teoria sulle grandi manovre di società segrete, con lo stesso stile narrativo della voce fuoricampo del docufilm Zeitgeist. Senza sapere come rispondergli.
Il procedimento della narrativa fantastica è lo stesso: è una teoria su ciò che sta dietro la realtà dei fatti che ti sto raccontando. Forse, è per questo che un libro come Le 20 giornate di Torino di Giorgio De Maria ha avuto più successo ai giorni d’oggi che negli anni ’70. Letto adesso, spurio del forte messaggio politico che poteva essere recepito allora, racconta violenti attentati accaduti nel capoluogo piemontese commessi dalle statue del centro in ribellione.
Il fantastico si concentra su trame e fatti meravigliosi. Ma, a ben pensarci, quando l’osservatore si trova di fronte lo schermo TV e assiste alla caduta delle torri gemelle, alla strage in Siria o è fisicamente partecipe della grande crisi economica del 2008, la razionalità cede sempre lo spazio al dubbio, a tutto quello di oscuro che fenomeni così devastanti nascondono alla vista e alla mente.

Il fantastico si concentra su trame e fatti meravigliosi. Ma, a ben pensarci, quando l’osservatore si trova di fronte lo schermo TV e assiste alla caduta delle torri gemelle, alla strage in Siria o è fisicamente partecipe della grande crisi economica del 2008, la razionalità cede sempre lo spazio al dubbio, a tutto quello di oscuro che fenomeni così devastanti nascondono alla vista e alla mente.
Le risposte sulle reali meccaniche di quegli avvenimenti sono state date, ma anche tra i più attenti analisti c’è sempre discordanza sull’origine delle cause. Del resto il mondo, che lo si voglia o no, non ha chiavi di letture univoche e la semplice osservazione, secondo la fisica quantistica, influenza la realtà.
Forse, proprio perché la tesi è che la realtà abbia superato l’immaginazione, alcuni autori hanno assimilato che eventi inediti siano accettabili dal lettore più di prima e così anche le loro spiegazioni.
L’autore del fantastico ha dato spazio ai fatti della propria immaginazione, applicandoli alle teorie. Una dualità che è ben espressa ne Il cosmonauta di Kalfar. Il romanzo ha due linee narrative: da una parte il protagonista che viaggia verso lo spazio e incontra un alieno, dall’altra la vita del protagonista dalla rivoluzione di velluto ai giorni nostri. La prima storia è apertamente fantastica e vira verso la fantascienza. La seconda, invece, appartiene al romanzo storico con tanto di narrazione socio politica della trasformazione di Praga negli ultimi trent’anni. Tutta questa storia il cosmonauta la rivive attraverso un collegamento sinaptico con l’alieno. E il lettore è disposto ad accettare tutto questo. Un po’ quello che avvenne con Mattatoio n.5 di Vonnegut. Ma mentre Billy è affetto da disturbo da stress post-traumatico, e la realtà del suo viaggio a Tralfamadore è in dubbio, tutta la narrazione di Kalfar ha dei presupposti solidi e una dimostrazione storica che quel viaggio nello spazio possa avvenire. Addirittura il lancio del missile su cui Jakub Procházka si ritrova, si scoprirà essere tutta una macchinazione nei suoi confronti.
Infine, l’autore ha necessità che il lettore creda alle sue storie. E il fatto che tutta la narrazione della realtà di questi ultimi vent’anni abbia assunto sfaccettature così variegate aiuta di certo. La semplice esistenza di teorie del complotto, alle quali si può aver avuto accesso su internet o per bocca di un amico o da un pazzo sul treno, ha generato uno stato mentale di accettazione delle spiegazioni più radicali agli eventi più traumatizzanti.
L’affermazione del fantastico contemporaneo è quindi figlia del nostro tempo e del nostro spazio. L’istinto primordiale dell’uomo allo stupore del resto è incontrollabile, e quando l’immaginazione va in crisi la realtà oggettiva può solo che smembrarsi di altre realtà parallele, simili o opposte al mondo così come lo conosciamo.
