Posted on: 31/12/2017
La nonna mi voleva bene e voleva bene a Chiara. La nonna voleva bene a tutti, quando ancora riusciva a parlare. La odiavo in una maniera estenuante, per un ragazzino. Quando alle parole si è sostituita la tosse, incessante e secca, è stato un vero sollievo. La nonna ha smesso di parlare, finalmente, così poteva smetterla di darmi notizie sulla mamma, sul perché non le portavo più Chiara o farmi domande su papà. Tutte domande atte a cercare di comprendere se sarei o non sarei diventato come lui, prima o poi. Se avessi iniziato anche io a lasciare andare , se avessi anche io iniziato ad accettare.
C’è stato un tempo in cui anche la sua tosse ha iniziato a infastidirmi in una maniera insopportabile. Ogni colpo di tosse un giudizio, ogni colpo di tosse una richiesta di aiuto. Come se potessi fare qualcosa, io, contro l’inevitabilità del dolore: l’ultima cosa onesta che ci rimane. Gli ultimi minuti passati insieme non ha nemmeno più tossito, si è solo esibita in un sibilo ultimo, lunghissimo e sempre più flebile. L’ho guardata morire soffocata senza chiamare nessuno perché volevo quel momento solo per me. Presto sarei scomparso, senza riemergere mai più. Senza immaginare di sognare una fine. La nonna è l’ultimo ricordo della caducità delle cose.
Quando il medico ci ha chiesto perché non l’avessimo chiamato, non ha risposto nessuno. Gli ho domandato se avremmo potuto evitarlo e lui ha fatto spallucce; nemmeno il coraggio di dire che non possiamo mai evitare un cazzo di niente.