Non sempre quello che scriviamo finisce sui muri. Ancora più raramente, nelle canzoni. Di recente, si è acceso un dibattito sul presunto plagio che il rapper Ghali avrebbe compiuto nei confronti del poeta di strada Dario Pruonto, in arte Caos. Al centro della controversia, c’è il verso “Se non lasciamo futuro saremo passati per niente”, che appare, leggermente modificato, in apertura del nuovo singolo di Ghali, Niente Panico, rilasciato da Warner Music a Ottobre 2024. Pruonto ha reso noto, attraverso un post sui suoi canali social, di essere l’autore originale della frase, utilizzata in varie sue opere pubbliche fin dal 2018, in città come Zurigo, Lecce, Mantova e Milano.

Secondo Pruonto, il verso nasce da un dialogo con un amico scomparso e rappresenta un’importante riflessione maturata nel tempo, legata a lotte e sacrifici personali, quando l’opera è nata, all’interno di una collaborazione con il comune e le Nazioni Unite, insieme a Save The Children.

Ghali, dal canto suo, ospite da Fabio Fazio alla trasmissione Che tempo che fa sul Nove, ha definito quello di Niente Panico come “un puzzle di ricordi” legato alla sua infanzia a Baggio, un quartiere della periferia milanese. Pruonto, anch’egli originario di un’altra periferia di Milano, San Donato, ha espresso il suo disappunto per il fatto che Ghali abbia utilizzato la frase senza chiedere alcun permesso o accredito, soprattutto considerando la forte valenza politica e sociale che la frase porta con sé.
Nel frattempo, un tam tam di commenti sui social ha riportato l’attenzione sul lavoro di Pruonto, cercando di instaurare un dialogo tra i due artisti. Il fatto ha generato un acceso dibattito online sulle tematiche legate al rispetto dell’arte e dell’ispirazione altrui.

I precedenti su casi del genere sono molti e variegati: Disoccupate le strade dai sogni, ad esempio, l’album di Claudio Lolli del 1977, prendeva spunto da un celebre slogan del movimento antagonista bolognese. O ancora, nella seconda metà degli anni ’80, la scrittrice cyberpunk Kathy Acker dava alle stampe il suo capolavoro L’impero dei non sensi, oggi tradotto da Nero. L’anno dopo i Mekons, band postpunk inglese, chiamavano nella stessa maniera una loro canzone. Ovviamente però nelle interviste dicevano a chi si erano ispirati, pur non citandola nei crediti delle liner notes del disco.
Per arrivare all’oggi, è già accaduto che un artista di Sanremo, Alfa, abbia inserito in un suo brano un verso di Alberto Dubito, rapper e poeta triestino scomparso nel 2012, senza citare la fonte.
Dove finisce la citazione e dove comincia l’appropriazione indebita? Come commentato da Francesco Terzago, poeta e autore, insieme a Pruonto, del libro Con le parole ovunque (Agenzia X, 2021), che ripercorre anni di studio sul fenomeno della poesia di strada, sarebbe opportuno “utilizzare la propria esposizione mediatica per illuminare il lavoro di tanti artisti che dedicano ogni giorno della loro vita ad affrontare con coerenza, espressiva e di proposito, lo spazio della creatività, facendone la loro professione.”
Del resto Ghali, durante la sua partecipazione al festival di Sanremo nel 2024, è stato al centro di una controversia per la sua richiesta di fermare il genocidio palestinese a Gaza, dunque non è estraneo a una comunicazione diretta e schietta, che tenga conto anche delle implicazioni politiche delle sue dichiarazioni. Naturalmente non c’è niente di male a ispirarsi per una propria canzone al lavoro di un altro artista: le parole, così come lo spazio urbano, sono di tutti. A patto però di dichiarare le proprie fonti e di rispettare il lavoro altrui.

Il rapper di origini tunisine, per ora, non ha commentato l’accaduto. Non si sa ancora se ci sarà una risoluzione pacifica alla diatriba tra i due artisti.
